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Il Palestinian Center for Human Rights documenta centinaia di casi di torture nelle prigioni israeliane

Il rapporto diffuso dal Palestinian Center for Human Rights (PCHR) sui maltrattamenti subiti dai civili a Gaza è scioccante. Si tratta di 129 pagine che parlano di arresti di massa e pressioni psicologiche, ma anche di percosse fisiche, mutilazioni e scariche elettriche inflitte alle persone detenute all’interno dei centri di detenzione israeliani, arrestate a partire dal 7 ottobre 2023 fino a oggi. In molti casi, le vittime hanno raccontato di essere state interrogate bendate, legate, costrette in posizioni dolorose e sottoposte a lunghi interrogatori con modalità che ricordano tecniche di tortura tristemente note nella storia delle dittature sudamericane. Particolarmente raccapriccianti sono le tecniche utilizzate dalle Forze di Difesa Israeliane, come lo "Shab". In questo caso, le persone vengono legate e appese per le braccia, restando sospese per ore, talvolta per giorni. Alcune testimonianze raccontano di essere state legate e appese a recinzioni, in alcuni casi anche di filo spinato, oppure a dei ganci simili a quelli impiegati nella macellazione degli animali. Una sofferenza atroce, che a volte ha portato a danni permanenti. Come se non bastasse, manca anche l’assistenza medica. Molti detenuti hanno riferito di aver chiesto cure a seguito di continui pestaggi, ma l’unica cosa che hanno ottenuto sono stati insulti da parte del personale sanitario. “Ho chiesto aiuto a un dottore - ha raccontato un palestinese di 43 anni - perché dopo essere stato pestato avevo dolori ovunque. Ma il medico mi ha detto: ‘Vai a farti curare da Sinwar’. L’unica ragione per cui sono stato portato in clinica sono state le mie urla per il dolore agli occhi causato dalle percosse continue. Ogni volta che menzionavo il dolore, mi picchiavano sempre di più”.  Un altro uomo di 57 anni ha raccontato di essere stato torturato continuamente durante gli interrogatori. “Durante l'interrogatorio sono stato preso a calci e picchiato con violenza, con una spranga di ferro e il calcio del fucile sulla testa, sui piedi, sulle mani e su tutto il corpo. I soldati mi hanno anche inserito le dita nelle orecchie. È estremamente doloroso. Mi hanno legato le mani dietro la schiena, le hanno sollevate e mi hanno preso a calci molto forte su entrambi i lati della vita, finché non ho più sentito il respiro”.
Purtroppo, tra le testimonianze raccolte, non mancano quelle che confermano anche gli abusi sessuali: casi di nudità forzata, palpeggiamenti, insulti sessuali e violazioni della sfera intima, spesso avvenuti davanti a più persone. Il messaggio implicito - secondo chi ha condotto l’indagine - è quello di una volontà deliberata di distruggere psicologicamente il detenuto, privandolo della propria dignità e umanità. A rendere ancora più grave e drammatico il quadro è il fatto che molti di questi prigionieri non sono mai stati formalmente accusati di nulla. Centinaia risultano ancora “scomparsi”, senza comunicazioni ufficiali né possibilità, per le famiglie, di sapere dove si trovino o se siano vivi. Gli avvocati che tentano di accedere ai luoghi di detenzione riferiscono continui ostacoli, intimidazioni e pressioni; due legali hanno addirittura rinunciato al loro incarico per timore di ritorsioni. Chi invece è riuscito a entrare nei centri di detenzione ha confermato che le condizioni sono disumane: celle sovraffollate, mancanza di igiene, cibo avariato e assenza di cure mediche. Secondo il giurista Triestino Mariniello, docente all’Università di Liverpool e rappresentante legale delle vittime presso la Corte Penale Internazionale (CPI), si tratta di un documento “devastante”, tanto per la portata delle accuse quanto per il valore probatorio che riveste nei procedimenti già in corso contro i leader israeliani. “In mezzo a bombardamenti, assedi e repressione – ha detto Mariniello – la società civile palestinese continua a documentare, denunciare e rivendicare giustizia. Crede ancora nella forza del diritto internazionale come strumento per fermare le atrocità”. Il PCHR ha trasmesso il rapporto alla Corte Penale Internazionale, allegando una lista di nomi di ufficiali e soldati ritenuti direttamente responsabili degli abusi. L’obiettivo è spingere la CPI ad ampliare le imputazioni già contenute nei mandati d’arresto emessi contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, includendo anche il crimine di genocidio. Nel frattempo, i raid israeliani continuano, così come continua ad aumentare il numero delle vittime: solo nelle ultime ore, secondo il ministero della Sanità di Gaza, sono morte almeno 70 persone, tra cui 22 minori. Il numero totale delle vittime palestinesi dal 7 ottobre ad oggi supera ormai le 52mila persone.  

Fonte: La Repubblica

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