Il mondo dorme mentre Gaza scompare.
Lo sterminio avanza senza sosta. La Palestina viene cancellata dalle mappe – metodicamente, chirurgicamente – sotto gli occhi di un mondo parallizzato, complice o distratto. E mentre tutto questo accade, l’élite “culturale” si veste a festa.
Che tipo di umanità applaude a se stessa mentre si perpetra un genocidio?
Questo non è spettacolo, è decadenza. Non è arte, è anestesia di massa. Non è neutralità, è resa morale.
Per quasi un secolo, il progetto sionista ha avuto un solo obiettivo: cancellare la Palestina, cancellare i palestinesi. E oggi lo sta facendo alla luce del sole, sotto l’alibi ipocrita della “sicurezza”. Non è una guerra. È una pulizia etnica televisiva. È un atto di cancellazione sistematica, di colonizzazione totale, di nichilismo politico. Gaza non è assediata: è sterminata. Ogni bomba è un messaggio: “Non siete destinati a vivere”.
Ma la cosa più oscena non è solo il crimine, è il silenzio e l'apatia, è la “normalità”. È il simulacro di civiltà che si ostina a continuare a funzionare mentre la barbarie trabocca. Dove sono gli influencer, coloro che pretendono di difendere i diritti, la giustizia, l'umanità? Il loro silenzio non è neutrale, è COMPLICITÀ.
Se non usi la tua voce, il tuo corpo, la tua strada, la tua rabbia, la tua tenerezza, allora hai già scelto da che parte stare. E non è quella della vita.
Oggi stiamo vivendo il crollo definitivo dell’ordine internazionale: la Convenzione di Ginevra, di Norimberga, l’ONU, tutto ridotto a carta straccia. Siamo tornati alla legge del più forte, alla logica imperiale della conquista, all'etica del boia. E molti applaudono.
L'orrore a cui assistiamo oggi non è una deviazione della politica israeliana: è il suo culmine brutale, premeditato e sistematico. Il piano è sempre stato lì, inscritto in ogni insediamento, in ogni bomba, in ogni negazione del diritto di esistere. Non si tratta di difesa, ma di ingegneria demografica e di conquista del territorio.
La Nakba del 1948 non fu solo una grande tragedia storica. È stata una strategia di pulizia etnica meticolosamente progettata. L'espulsione di massa dei palestinesi, la distruzione dei villaggi, la riscrittura delle mappe: non fu caos, fu coreografia coloniale.
Oggi Gaza e la Cisgiordania sono diventate laboratori per il culto della crudeltà e della morte. Lì si sperimenta l'efficacia del genocidio, della fame come arma, del terrore come strumento di controllo. Il progetto di rendere inabitabile la Palestina viene attuato in tempo reale.
Gaza non è solo sotto assedio: viene sterminata. In Cisgiordania, gli insediamenti creano metastasi come un cancro coloniale che divora la terra palestinese. Coloni armati, sostenuti dall'esercito israeliano, compiono crimini sotto il silenzio complice della comunità internazionale e di coloro che non offrono altro che condanne ipocrite.
Il messaggio è chiaro: “Andate via se potete... o morite se insistete a restare”.
Non si è mai trattato di Hamas. Non si è mai trattato di ostaggi. Tanto meno della sicurezza degli ebrei.
Israele non sgancia bombe da 900 chili su edifici residenziali per eliminare i “terroristi”. Lo fa per spezzare la volontà di resistere, per terrorizzare la popolazione civile e costringerla a fuggire, per cancellare anche la memoria di coloro che un tempo vivevano lì. Lo fa per cancellare la presenza palestinese fino a quando non rimarrà altro che silenzio e macerie.
Questa non è una politica di sicurezza. È una dottrina di annientamento.
La storia non avrà pietà di loro. Verrà il giorno in cui sarà chiesto: Dove eravate quando la Palestina sanguinava? Chi ha parlato? Chi ha taciuto? Chi ha giustificato, con viltà, complicità o indifferenza e con gli ipocriti doppi standard della diplomazia, questa carneficina?
Questo non è un conflitto. Non è una guerra. Non è difesa. È sterminio.
E se il mondo non agisce - con onestà, coraggio e pressione implacabile -, l'ultimo capitolo della storia palestinese non sarà scritto con l'inchiostro. Sarà scritto col sangue.
Ma se c'è ancora dignità, se c'è ancora amore, se c'è ancora un briciolo di umanità, la risposta non può essere far finta di niente. Non c'è futuro possibile senza resistenza.
Non basta sentire. Dobbiamo disobbedire. Dobbiamo far crollare la normalità. Dobbiamo mettere i nostri corpi e le nostre parole dove la storia trema.
Perché quello che sta accadendo a Gaza non è solo un crimine contro un popolo. È uno specchio brutale: ci mostra ciò che siamo, ciò che permettiamo, ciò che abbiamo smesso di essere.
Il mondo non ha bisogno di altri fronzoli. Ha bisogno di coscienza. Ha bisogno di INSURREZIONE.

Gaza: l'estinzione vista dalla poltrona
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- Claudio Rojas