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Von der Leyen usa l’articolo 122 del TFUE per il riarmo. De Sena, esperto di diritto internazionale: “Non è legittimo”

Finanziare il riarmo a ogni costo. Sembra essere questo l'obiettivo principale della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che, subito dopo la decisione degli Stati Uniti di sospendere gli aiuti militari all'Ucraina, ha dichiarato: “L'Europa è pronta ad aumentare massicciamente la sua spesa per la difesa”. Così è stato. La presidente von der Leyen, oltre a voler dirottare fondi destinati a istruzione e sanità verso la difesa, ha deciso anche di aggirare le leggi pur di finanziare il riarmo europeo, e senza nemmeno passare per il voto del Parlamento europeo. Per farlo, si è appellata a una norma del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), l’articolo 122. Una modalità, quella adottata dalla presidente della Commissione europea, che, secondo alcuni esperti, sarebbe giuridicamente scorretta. Tra questi, Pasquale De Sena, professore di Diritto internazionale all’Università di Palermo ed ex presidente della Società italiana di Diritto internazionale e dell’Unione europea, il quale - come riporta “Il Fatto Quotidiano” - ha spiegato: “Non ci sono i presupposti per richiamarsi all’articolo 122. Essenzialmente, serve a evitare il fastidio del dibattito”.


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Pasquale De Sena
 

L’articolo 122

Per giustificare il cosiddetto “ReArm Europe”, von der Leyen ha sostenuto che la scelta di appellarsi all’articolo 122 sarebbe motivata dal fatto che tale norma consentirebbe di adottare misure straordinarie. Peccato che abbia tralasciato di dire che tra queste non rientra certamente la minaccia di un eventuale attacco dell’esercito russo in Europa. L’articolo 122 del TFUE consente infatti di adottare misure straordinarie solo in caso di emergenze economiche o di gravi difficoltà per uno Stato membro. Il “trucchetto” di von der Leyen appare ancora più evidente alla luce delle parole del professor De Sena, che ha precisato come l’articolo in questione non si applichi alla difesa e, soprattutto, non vi sia alcuna minaccia imminente per l’intera Unione Europea tale da giustificare un intervento come questo. L’articolo citato dalla presidente della Commissione europea è suddiviso in due commi. Il primo riguarda misure economiche in situazioni di crisi, come il caso del price cap sul gas dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il secondo comma, invece, prevede aiuti finanziari a uno Stato membro in difficoltà a causa di calamità naturali o circostanze eccezionali fuori dal suo controllo. In questo caso, “il Consiglio, su proposta della Commissione - ha spiegato De Sena -, può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione allo Stato membro interessato”. In entrambi i casi, non si fa riferimento né alla guerra né a un ipotetico attacco russo al cuore dell’Europa che, di questo passo, rischia di diventare sempre più concreto. Ad ogni modo, il professore di Diritto internazionale ha chiarito che, per il momento, non esistono evidenze di un pericolo generalizzato per tutta l’UE. Se mai, i Paesi baltici e dell’Est Europa potrebbero essere considerati tra quelli più esposti alla minaccia russa, ma non certo l’intero continente.


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La tattica di von der Leyen per evitare contestazioni

Dopo le critiche sollevate in seguito alla proposta di aumentare la spesa militare della NATO oltre il 3% del PIL dei Paesi membri e alla totale assenza in Europa di politiche di pace, mentre i media ricevono - stranamente - finanziamenti europei poco trasparenti, Ursula von der Leyen, invece di sottoporre il progetto a un dibattito parlamentare, ha preferito procedere con l’attuazione di “ReArm Europe” senza passare dallo scrutinio pubblico. Insomma, dopo le polemiche già sorte, la soluzione migliore sembra essere quella di agire in silenzio, lontano dagli occhi dell’opinione pubblica. All’interno di questo scenario, il Parlamento europeo - che già di per sé ha un potere limitato rispetto alla Commissione e al Consiglio dell’Unione - viene completamente esautorato. Eppure, le reazioni politiche, soprattutto quelle italiane, continuano a essere tiepide: solo il Partito Democratico ha espresso qualche perplessità, mentre il Movimento 5 Stelle ha parlato apertamente di un abuso di potere da parte della Commissione, arrivando persino a chiedere una mozione di sfiducia.


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Il ritorno di Prodi

Sempre per restare in Italia, anche Romano Prodi è sceso in campo per difendere il “piano Ursula”. L’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea, noto per il suo acume nel valutare situazioni e prospettive future, recentemente ha dichiarato che il progetto di riarmo del Vecchio Continente è indispensabile. L’uomo dell’euro come strumento per “lavorare meno e guadagnare di più”, ospite del programma Che Tempo Che Fa, ha affermato infatti che il “ReArm Europe” è “un primo passo necessario”. E così, dopo quella sull’euro, ne lancia un’altra: “Se si fa l'esercito europeo, siamo talmente più forti e avanti della Russia che certamente si ferma”. Ultime parole famose? Possiamo stare tranquilli? Chissà. Resta il fatto che dopo quest'ennesima uscita, probabilmente non occorre nemmeno farsi troppe domande. Sappiamo già come andrà a finire.

Foto © Imagoeconomica

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