L’ex procuratore dell’Aja: “Il ruolo di Nordio era di passacarte. Non c’era motivo secondo lo Statuto di Roma per rifiutare la consegna”
“Mi pare incredibile che un magistrato si sia comportato così. Nordio evidentemente non ha letto neppure gli articoli dello Statuto di Roma. In particolare quello che regola la consegna di un criminale ricercato con un mandato d’arresto internazionale della Corte, che viene richiesto dal procuratore ed è deciso dai tre giudici che fanno parte della Camera della Cpi a cui è stato assegnato il caso”. A dirlo è l’ex procuratore dell’Aja Carla Del Ponte. L’ex magistrato ha commentato a Il Fatto Quotidiano lo scandalo del rilascio del torturatore libico Osama Almasri e l’atteggiamento del governo nella vicenda.
“Da ex procuratore mi dispiace immensamente che l’Italia abbia commesso un simile errore”. E sulle giustificazioni sollevate dal ministro della Giustizia nell’informativa alle Camere Del Ponte ha affermato che il Guardasigilli che “tutti i vizi di forma che lui evoca non erano di sua competenza, bensì dei difensori dell’accusato una volta consegnato all’Aja. Quella di Almasri non era una procedura di estradizione, bensì una semplice consegna immediata che l’Italia avrebbe dovuto eseguire dopo aver ricevuto la notifica del mandato. Non avrebbe dovuto fare proprio niente. Il suo ruolo - ha spiegato - era solo quello di un passacarte, doveva far eseguire immediatamente il mandato di arresto internazionale. Non c’era motivo secondo lo Statuto di Roma per rifiutare la consegna”.
Sul fatto che Nordio avesse evidenziato “errori” dalle carte della CPI al punto da chiederne conto alla stessa corte, l’ex procuratore Del Ponte ha dichiarato che “la Corte non potrà dare alcun seguito alle sue richieste a meno che il ministro non decida di assumere il mandato di difensore di fiducia dell’accusato”. “Sono davvero esterrefatta - ha aggiunto - Non riesco neppure a concepire quale possa essere l’eventuale reato commesso dalla Cpi per cui, secondo il diritto italiano, si potrebbe aprire un’inchiesta. Sono solo slogan che non hanno alcun fondamento nel diritto”. Per quanto concerne, invece, l’informativa del ministro Matteo Piantedosi secondo la quale Almasri è stato rimandato in Libia in quanto soggetto “pericoloso” per l’Italia, secondo la Del Ponte questo rappresenta una ragione in più al fatto che “all’arresto doveva seguire la sua immediata consegna all’Aja”. “Perché non è andata così? Non voglio neanche saperlo. Ma qualsiasi scopo recondito non ha nulla a che vedere con il diritto internazionale e i relativi obblighi dell’Italia”.
Del Ponte dissente anche dalla possibile soluzione del segreto di Stato alla quale il governo avrebbe potuto rifarsi per smarcarsi dallo scandalo. “Ma stiamo scherzando? Quale segreto di Stato? Su cosa? Su un criminale ricercato per orrendi crimini? Purtroppo, e mi dispiace molto dirlo, l’Italia ha perso un occasione d’oro per dimostrare concretamente cosa significhi il rispetto dei diritti umani”.
Infine l’ex procuratore dell’Aja ha commentato il rifiuto dell’Italia a sottoscrivere la lettera di solidarietà alla CPI redatta da 79 paesi dopo l’emendamento di sanzioni disposto da Donald Trump.
“È un messaggio bruttissimo, per giunta proprio dall’Italia che è stata uno dei Paesi fondatori della Corte, tant’è che lo Statuto si chiama Statuto di Roma”. Il rifiuto di sottoscrivere la posizione europea sulle sanzioni di Trump contro la Corte penale internazionale è un incomprensibile vassallaggio.
Alla domanda se con il clima di ostilità di oggi sarebbe in difficoltà nell’ipotesi in cui fosse ancora procuratore all’Aja, Del Ponte ha risposto: “Assolutamente no”. “Devo ricordarle che noi siamo riusciti a ottenere l’arresto da uno Stato che non aveva sottoscritto lo Statuto di Roma. Oggi andrei avanti spedita senza farmi condizionare da posizioni politiche che non hanno nulla a che vedere con il diritto internazionale”.
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