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Rapito, torturato e ucciso. Il racconto straziante della madre: “Il corpo di mio figlio come quello di un martire”

Il 25 gennaio 2016, Giulio Regeni, un giovane ricercatore friulano, inviò il suo ultimo messaggio dal Cairo, città scelta per approfondire i suoi studi sull'economia e il mondo arabo. Pochi giorni dopo, il 3 febbraio, il suo corpo venne ritrovato lungo l'autostrada tra Il Cairo e Alessandria, segnato da torture brutali. Fu l’inizio di una vicenda drammatica che scosse l’Italia e molti altri Paesi, trascinando la famiglia Regeni in un incubo e in una lunga battaglia per ottenere giustizia e verità sulle circostanze della sua morte. Oggi sono trascorsi nove anni dalla sua scomparsa, ma il ricordo del giovane ricercatore è vivo più che mai, soprattutto a Fiumicello, il suo paese natale in provincia di Udine. Ogni anno, qui, la comunità si riunisce per commemorarlo, trasformando dolore e angoscia in una richiesta collettiva e incessante di verità. Questa sera, infatti, a Piazzale dei Tigli, verrà osservato un minuto di silenzio alle 19:41, esattamente l'orario in cui Regeni contattò la sua famiglia per l’ultima volta. La cerimonia - ha reso noto l’Ansa - sarà accompagnata da eventi simbolici come il flash mob “Onda gialla: energia in movimento” e una camminata dei diritti lungo le vie del paese. La serata proseguirà con un programma dedicato a parole, immagini e musica per ricordare Giulio Regeni. Anche Paola Deffendi, madre del giovane ricercatore, divenuta negli anni un simbolo di resilienza e determinazione, continua a condividere il programma delle commemorazioni sui principali social media, mantenendo viva l’attenzione pubblica su questa drammatica vicenda. Di recente, ha testimoniato nel processo in corso a Roma, in cui sono imputati quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio del giovane friulano. In aula, ha rievocato il dolore straziante provato nel riconoscere il corpo di suo figlio. Una testimonianza straziante: “Quando ho dovuto riconoscere il corpo di Giulio, ho potuto vedere solo il suo viso. E aggiunge: “Ho visto la brutalità, la bestialità, sul corpo di nostro figlio. Era coperto da un telo - ha continuato - e chiesi di poter vedere almeno i piedi, ma una suora mi disse: ‘Suo figlio è un martire’. Lì capii che era stato torturato”. Il percorso di Regeni verso l’Egitto è stato segnato da una grande passione per la storia e per il mondo arabo. “Fin da bambino - ha ricordato sua madre - era appassionato di storia. Il mondo arabo lo ha conosciuto quando, con tutta la famiglia, siamo andati a Istanbul. Frequentava la seconda media e già allora dimostrava grande interesse per quella cultura”. 

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