I giudici hanno deciso di procedere, rifiutando le istanze presentate da 12 ministri del governo per rinviare il processo

Per la prima volta nella storia di Israele, un premier in carica si è trovato a dover rispondere in tribunale a gravi accuse di corruzione, frode e abuso di fiducia. Nella giornata di martedì scorso, Benjamin Netanyahu si è seduto al banco degli imputati per rispondere, appunto, alle accuse che gli sono state rivolte. Si tratta dell’inizio di una vera e propria maratona giudiziaria, che si terrà all’interno del tribunale distrettuale di Tel Aviv per almeno tre giorni a settimana nelle prossime due settimane. Una vicenda senza precedenti, aggravata anche dal contesto di profonda crisi politica e militare in cui si inserisce. Infatti, nonostante i legali di Netanyahu avessero cercato di ottenere ulteriori rinvii, aggiuntivi a quelli già concessi a causa delle crisi in Siria e a Gaza, i giudici hanno comunque deciso di procedere, rifiutando le istanze presentate persino da 12 ministri del governo. All’interno dell’aula, Netanyahu è stato accolto da una nutrita delegazione di sostenitori, tra cui ministri, politici e il figlio più giovane, Avner. Vestito con un completo blu e una spilla raffigurante gli ostaggi ancora prigionieri a Gaza, Netanyahu ha assunto una postura difensiva ma risoluta. Parlando per cinque ore consecutive, ha cercato di ridimensionare le accuse e ha respinto ogni addebito di corruzione, dipingendosi come un servitore dello Stato completamente dedito al suo lavoro. “Ora è la politica che conta, non la copertura mediatica positiva”, ha ribadito Netanyahu respingendo lo scambio di favori per cui è accusato. “Se ogni tanto fumo un sigaro, non ho tempo di finirlo. E per quanto riguarda lo champagne, non sopporto quella roba”, ha proseguito ironizzando sul capo d'imputazione secondo cui avrebbe ricevuto sigari e champagne dal magnate di Hollywood Arnon Milchan e dal miliardario James Packer. Uno dei casi più pesanti a suo carico riguarda un presunto scambio di favori con il magnate dei media Shaul Elovitch, proprietario del sito di informazione Walla News e della compagnia di telecomunicazioni Bezeq. Secondo l’accusa, Netanyahu avrebbe firmato provvedimenti favorevoli alle aziende di Elovitch in cambio di una copertura mediatica positiva. Netanyahu ha negato con forza queste accuse, sottolineando che il sito Walla era in realtà critico nei suoi confronti, tanto da guadagnarsi il soprannome sarcastico di “Walla Akbar”. Infine, Netanyahu ha approfittato del processo per difendere l’immagine della moglie Sara, spesso coinvolta indirettamente nelle vicende politiche e giudiziarie del marito. Secondo alcune voci che circolano nei salotti di Tel Aviv, la moglie sarebbe in possesso di un documento segreto che potrebbe mettere nei guai Netanyahu nel caso in cui la tradisse. Sulla vicenda, Netanyahu ha precisato: “Lei non interferisce nella politica né nei colloqui”. Nessuna parola, invece, sulle trattative in corso per liberare gli ostaggi. I Paesi mediatori, così come funzionari israeliani di alto livello, danno le trattative a un buon punto, tanto da indicare una data per il rilascio: tra un mese (prima dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, insomma).
 
Fonte: ANSA

Foto © Imagoeconomica

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