L’analisi: dall'eredità paranoica di Hofstadter alla denuncia del senatore Tydings sulle leggi permissive riguardo alle armi
“La seconda amministrazione del presidente repubblicano Donald Trump e del suo vice J.D. Vance rompe i precedenti storici, portando a Washington giornalisti, militari, ospiti di talk show, miliardari alla Elon Musk, privi dei consueti background istituzionali o di governo”. Inizia così l’analisi, articolata ma non per questo poco chiara, che il giornalista Gianni Riotta offre ai lettori di Repubblica. Il punto di partenza è l’eredità lasciata dallo storico della Columbia University Richard Hofstadter (1916-1970), il cui lavoro ha contribuito a delineare i fenomeni alla base della rabbia sociale, del populismo e dell’eversione in America. Tra le sue opere più celebri spicca infatti Lo stile paranoide nella politica americana, un saggio del 1964 che, con impressionante lungimiranza, ha individuato un filo conduttore nella politica americana: il ricorso alla paranoia e alla percezione di minacce complottistiche. Oggi, invece, l’attenzione si concentra su una raccolta di saggi di Hofstadter recentemente pubblicata in Italia, La repubblica dei fucili, che analizza - come ha spiegato Riotta - la cosiddetta “cultura delle armi” che, già nel 1968, veniva criticata dal senatore Joseph Tydings, il quale denunciava come gli Stati Uniti fossero l’unico paese occidentale con leggi così permissive in materia di armi da fuoco. Questa permissività, secondo Hofstadter, sarebbe il risultato di un’interpretazione distorta del Secondo Emendamento della Costituzione americana, che garantirebbe il diritto al possesso di armi solo alle milizie organizzate, come la Guardia Nazionale, e non ai singoli cittadini.
Tornando ai giorni nostri, l’amministrazione Trump-Vance sembra incarnare alla perfezione questi paradigmi sociali. Infatti, l’attuale contesto politico statunitense, con la sua natura rivoluzionaria, ha rotto gli schemi tradizionali portando all’interno delle istituzioni figure provenienti dal mondo dello spettacolo e miliardari di varia estrazione affaristica. Questo ha finito per rafforzare ulteriormente il legame tra il movimento trumpiano e la National Rifle Association: un’organizzazione che promuove la difesa del Secondo Emendamento, sostenendo il diritto dei cittadini alla difesa personale tramite il possesso delle armi. Una circostanza che, secondo Riotta, sembra aver reso impossibile qualsiasi tentativo di riforma delle leggi sulle armi. Del resto, persino esponenti democratici come Kamala Harris non esitano a sottolineare pubblicamente il proprio possesso di armi, un segnale di come questo tipo di cultura permei in maniera significativa la società americana, riuscendo ad andare oltre le solite divisioni politiche. Ripensando alla narrativa storica, non mancano episodi emblematici che hanno contribuito a definire questa cultura. L’omicidio di John F. Kennedy, ad esempio, fu reso possibile dall’acquisto semplice e diretto di un fucile Carcano 91/38, ordinato per corrispondenza e, incredibilmente, ancora oggi acquistabile online senza particolari difficoltà. Gli esempi, tuttavia, sono molteplici e più attuali che mai. Sembra quindi che il potere simbolico del possesso di armi da fuoco negli Stati Uniti non sia mai tramontato, anche grazie all’azione di leader politici e mediatici che sfruttano paura e risentimento per consolidare il consenso. Questo accade nonostante episodi critici come l'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 e l'assenza di una legislazione adeguata, in grado di evitare che fatti simili possano ripetersi in futuro.
Foto © Imagoeconomica
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