L'inchiesta sui legami dell’ex presidente con i boss italo-americani legati a Lucky Luciano e gli affari del tycoon e di Trump sr nel gioco d’azzardo
Mancano poche ore alla conclusione della campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti, con l'Election Day previsto per domani, martedì 5 novembre. I due principali candidati in corsa per la Casa Bianca sono Donald Trump, per il Partito Repubblicano, e Kamala Harris, per il Partito Democratico. Nel frattempo, la trasmissione Report, andata in onda ieri su Rai 3, ha approfondito alcuni aspetti della vita del tycoon americano, partendo dalle vicende di suo padre, Frederick Christ Trump, noto anche come Fred, e dei presunti legami con Cosa nostra statunitense. L’inchiesta di Report ha evidenziato come l’impero immobiliare dei Trump possa essere stato costruito anche grazie a rapporti con figure di spicco della criminalità organizzata newyorkese, una possibilità che sia Trump padre che figlio hanno sempre negato. Eppure, la domanda resta: a chi deve le sue fortune l’ex presidente degli Stati Uniti?
La mafia di New York e il boss Tony Salerno
“La relazione con la mafia italiana a New York iniziò con suo padre - ha spiegato il giornalista investigativo David Cay Johnston -. Dopo la guerra, Fred Trump ottenne enormi prestiti governativi per costruire complessi residenziali nei quartieri periferici di New York. In quel periodo - ha proseguito - aveva urgente bisogno dell’aiuto della mafia, poiché l’industria delle costruzioni a New York era, e in parte è ancora, sotto il controllo delle organizzazioni criminali”. Fu così che Trump senior si alleò con membri delle più potenti famiglie mafiose della città: la famiglia Genovese e quella dei Gambino, attraverso Willy Tomasello, il quale avrebbe garantito la realizzazione dei progetti di Trump senior senza intoppi, anche con i sindacati, che in quegli anni erano sotto il controllo mafioso. “In cambio - ha sottolineato Johnston - Trump senior pagava la mafia”.
Invece, per quanto riguarda Trump junior, a fare da ponte con la mafia sarebbe stato il suo avvocato, Roy Cohn, legale di fiducia di uno dei più temibili boss di New York, Anthony Salerno, della famiglia Genovese. A conferma dei rapporti tra il tycoon e la mafia, giungono anche le parole di un altro avvocato, Murray Richman, che per decenni ha difeso molte delle famiglie mafiose di New York. “Trump era solito andarlo a trovare”, racconta l’avvocato Richman, riferendosi agli incontri con Tony Salerno. Una conoscenza resa possibile proprio dall’avvocato Cohn, che al tempo era anche legale di Donald Trump: “È stato lui a metterli in contatto”, racconta Richman con sorriso sornione.
Dal canto suo, l'ex presidente degli Stati Uniti ha sempre negato ogni legame con il boss della famiglia Genovese, arrivando a dichiararlo anche sotto giuramento. Tuttavia, l'avvocato Richman non concorda completamente con questa versione e spiega i motivi: “Per costruire a New York, dovevi necessariamente avere qualche connessione. Trump - ha precisato - si incontrava e faceva affari con Salerno”. Affari - racconta Report - che ruoterebbero attorno alla compravendita del cemento, utilizzato da Trump per costruire la celebre “Trump Tower”, l'iconico grattacielo eretto nel 1979 al numero 721 della Fifth Avenue a New York. Con i suoi 200 metri di altezza, e con un ingresso caratterizzato da cascate, marmi pregiati e piante lussuose, l'edificio ospita uffici, negozi di alta gamma e appartamenti residenziali. Per costruirlo, Trump acquistò tutto il cemento necessario dalla S&A Concrete Co., una joint venture tra due aziende di calcestruzzo, la S&A Concrete e la Transit-Mix Concrete Corp, entrambe sotto il controllo delle famiglie mafiose Genovese e Gambino.
Infatti, “uno dei proprietari era proprio Salerno”, sottolinea il giornalista Cay Johnston ribadendo che Trump, per costruire il grattacielo che lo ha reso celebre negli anni ’80, si rivolse alla mafia per ottenere il cemento e altri tipi di favori, anche di natura sindacale. “Le carte giudiziarie - spiega Cay Johnston - hanno dimostrato che Trump ha pagato il cemento a un prezzo maggiorato.” - prosegue - “così, quando a New York c’erano scioperi nel settore del cemento, tutti i progetti si fermavano, tranne uno: quello della ‘Trump Tower’”.
Trump e gli affari d’oro nel mondo del gioco d’azzardo
Grazie ai suoi contatti, Trump decise a un certo punto di ampliare i propri affari, aggiungendo al settore delle costruzioni quello dei casinò, con un primo grande investimento ad Atlantic City, nel New Jersey. Anche il mondo del gioco d'azzardo era sotto il controllo della mafia. Ben presto, questo nuovo investimento si rivelò per il tycoon una vera gallina dalle uova d'oro, e ancora una volta, in parte grazie all'influenza della mafia italoamericana, in particolare grazie a Bob LiButti, noto scommettitore di alto livello negli Stati Uniti, famoso per i volumi esorbitanti di vincite e perdite. LiButti era anche conosciuto per i suoi legami con la criminalità organizzata, in particolare con la famiglia Gambino. “Sono venuto a conoscenza che LiButti giocava per conto di John Gotti - ha spiegato Jack O’Donnell, ex presidente del Trump Plaza Casino -. Gotti era bandito dai casinò e quindi aveva bisogno di un prestanome; questo era LiButti”. Gotti, uno dei boss più noti e capo della famiglia Gambino, secondo un pentito di mafia, utilizzava LiButti come tramite per i rapporti con Trump. Tuttavia, l'ex presidente degli Stati Uniti ha sempre negato di conoscere LiButti, nonostante le cifre esorbitanti che questi giocava nei suoi casinò e i diversi incontri tra i due, confermati anche da O’Donnell e dal legale di LiButti, l’avvocato David Fassett, che ai microfoni di Report ha dichiarato: “Erano buoni amici, e spesso Trump lo riempiva di regali, soldi, limousine, elicotteri e altri mezzi simili”. Peccato che l'FBI non abbia mai indagato sui rapporti tra Trump e la mafia, nonostante lo stesso Trump avesse avvisato l’agenzia della sua intenzione di investire ad Atlantic City, ricevendo come risposta il consiglio di non proseguire nell’investimento a causa dell’elevato rischio criminale.
La vicenda Epstein
A pesare sulla reputazione dell'ex presidente Donald Trump c'è anche il caso Jeffrey Epstein, il finanziere statunitense condannato per reati sessuali e noto per le sue relazioni con molte figure influenti, tra cui l'ex presidente Bill Clinton e lo stesso Trump. Negli anni '80 e '90, Trump ed Epstein frequentavano gli stessi ambienti a New York e Palm Beach, partecipando a eventi e feste esclusive. In un'intervista del 2002 al “New York Magazine” - riportata dalla rivista “Vox” - Trump descrisse Epstein come un “tipo fantastico” e aggiunse: “Si dice che gli piacciano le belle donne quanto a me, e molte di loro sono piuttosto giovani”.
Nonostante Trump abbia successivamente preso le distanze da Epstein, dichiarando nel 2019 di non avere buoni rapporti con lui da circa 15 anni e di non esserne un fan, continuano a emergere dettagli sulle loro interazioni passate. Recentemente, l'ex modella Stacey Williams ha dichiarato che nel ‘93 Trump l'avrebbe palpeggiata durante un incontro organizzato proprio da Epstein. Dunque, a pesare sulla reputazione dell'ex presidente, oltre ai legami con la mafia, ci sono anche quelli con personaggi come Epstein, che alimentano accuse e sospetti che potrebbero influenzare in maniera significativa l'opinione pubblica e incidere sull'esito delle votazioni di domani negli Stati Uniti.
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