Il procuratore di Macerata, Fabrizio Narbone: “Abbiamo riaperto il fascicolo, riteniamo si possa arrivare alla verità”
Conosciuto anche come il “giallo dei Monti Sibillini”, il caso della morte di Jeannette Bishop, baronessa Rothschild, e della sua segretaria friulana, Gabriella Guerin, è uno dei cold case più intriganti e misteriosi d'Italia, che continua a sollevare interrogativi rimasti senza risposta. Era il 29 novembre 1980 quando delle due donne si persero le tracce. La baronessa Rothschild e la sua segretaria si trovavano a Sarnano, un piccolo comune sui Monti Sibillini, per supervisionare la ristrutturazione di un casale appena acquistato. Furono viste per l'ultima volta intorno alle 17, nei pressi della piazza del paese. Poco più di un anno dopo, vennero ritrovati gli scheletri di entrambe. A distanza di quarantaquattro anni, il caso resta irrisolto. Tuttavia, la Procura di Macerata ha recentemente convocato alcuni testimoni, che all'epoca dei fatti potrebbero aver visto o sentito qualcosa di rilevante. L’obiettivo è colmare lacune investigative e fare luce su elementi ancora sospesi. Jeannette Bishop nasce a Minster, in Inghilterra, e si trasferisce giovanissima a Londra, dove inizia la carriera come ballerina e, successivamente, come conduttrice di un programma per la BBC. Nel 1966 sposa il barone Evelyn de Rothschild, da cui divorzia cinque anni dopo. Appassionata di arredamento e antiquariato, avvia uno studio di design a Londra e, nel 1977, sposa il suo secondo marito, l’avvocato Stephen May. Durante un viaggio in Italia, la coppia decide di acquistare un casale nelle Marche, a Sarnano, nella frazione di Schito: il luogo dove tutto ha inizio.
La scomparsa e il ritrovamento
Il 29 novembre 1980, la baronessa e la sua segretaria, ospiti presso l'hotel “Ai pini” durante i lavori di ristrutturazione del casolare, decidono di dirigersi verso la montagna, nonostante l’approssimarsi di una forte nevicata. Intorno alle 17 vengono viste per l’ultima volta nella piazza del paese, dopodiché di loro e della loro auto, una Peugeot 104, si perdono completamente le tracce. Dopo settimane di ricerche, il 18 dicembre, l’auto viene ritrovata sepolta dalla neve nei pressi del rifugio “Baita Galloppa”, non lontano dal paese. Della baronessa Rothschild e della sua segretaria Guerin, però, non vi è ancora nessuna traccia. Tredici mesi dopo, il 27 gennaio 1982, due cacciatori scoprono i resti delle due donne in un bosco, a circa trenta chilometri dalla baita. Accanto ai corpi si trova un orologio da polso Omega, fermo al 12 dicembre 1980. I resti, in parte danneggiati dalle condizioni climatiche e dal tempo, presentano un pessimo stato di conservazione anche per i segni dovuti al passaggio dei cinghiali nella zona.
Le ipotesi investigatice
A guidare le indagini è il giovane giudice Alessandro Iacoboni. Inizialmente si ipotizza un incidente, ma elementi successivi, come l’orologio fermo al 12 dicembre e la distanza tra il ritrovamento dei resti e l’auto, fanno pensare a un duplice omicidio. Diverse teorie emergono, collegando il caso a noti eventi criminali di alto profilo. Una delle prime piste investigative riguarda il furto avvenuto il giorno prima della scomparsa della baronessa presso la casa d’aste Christie’s a Roma, un colpo da cinque miliardi di lire. Si ipotizza che la baronessa Rothschild possa aver scoperto dettagli compromettenti sul furto o sui suoi organizzatori. Durante le indagini vengono rinvenuti telegrammi appartenenti alla baronessa che conducono a un appartamento che si trova a Roma. Un altro telegramma, ritrovato proprio nella sede di Christie’s, indica la possibilità di recuperare la refurtiva presso lo stesso indirizzo dove ha risieduto anche Pippo Calò, noto boss della mafia siciliana. Altre coincidenze portano a nuove piste investigative, tra cui i legami con la morte di Roberto Calvi, il banchiere trovato morto a Londra nel 1982, e l’omicidio di Sergio Vaccari, ucciso a Londra nello stesso periodo, nella cui abitazione viene ritrovata una foto di un orologio rubato alla Christie’s. Altre ipotesi includono collegamenti con la Banda della Magliana e possibili legami con il caso di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana di 15 anni rapita a Roma nel 1983. A distanza di molti anni, il “giallo dei Monti Sibillini” continua a far parlare di sé. Questa volta, le nuove indagini potrebbero finalmente portare alla verità, o almeno così si spera. Le moderne tecnologie forensi e i nuovi strumenti investigativi potrebbero infatti rivelare elementi capaci di fare luce su un caso rimasto ancora irrisolto nonostante siano trascorsi 44 anni. Il procuratore di Macerata, Fabrizio Narbone, non svela dettagli né elementi che possano indicare la direzione delle indagini, ma - ha reso noto l’Ansa - conferma che il fascicolo sulla morte delle due donne è stato riaperto, così come anticipato dalla trasmissione televisiva “Quarto Grado”.