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Alcuni di loro hanno dichiarato al Ros di temere per la propria incolumità. La procura di Roma chiede di poter acquisire i verbali delle indagini preliminari

“I testimoni chiave del processo Regeni non sono in condizioni di venire in Italia”. A dichiararlo sono i giudici della Corte di assise di Roma. Il motivo di questo impedimento deriva dai pericoli per la loro incolumità una volta di ritorno nel loro paese. “Al ritorno in Egitto potrebbe essere messa a rischio la loro sicurezza”, chiarisce la corte nel processo che vede imputati in contumacia i 4 agenti dei servizi segreti egiziani accusati a vario titolo, di aver sequestrato, torturato e ucciso il giovane ricercatore friulano Giulio Regeni nel febbraio 2016. La corte, stando alle risultanze di pm e carabinieri ritengono, pertanto, l’Egitto paese non sicuro, a differenza di quanto sostiene il governo Meloni. 
Com’è noto, il processo è partito nonostante la mancata collaborazione del Cairo soltanto grazie all’intervento della Corte costituzionale che ha consentito l’avvio nonostante la mancanza delle notifiche degli atti agli imputati. Ora però c’è un nuovo ostacolo, le audizioni dei testimoni egiziani. I racconti chiave sono arrivati da almeno cinque di loro, le cui identità sono segrete proprio per una ragione di sicurezza, alcuni dei quali vivono ancora in Egitto.





Anche in questo caso - pur dichiarandosi un paese amico - il governo di Al Sisi non ha voluto collaborare alla ricerca della verità lasciando, in fase di indagine, le rogatorie lettere morte, negando gli indirizzi e la notifica delle convocazioni per il processo. In due sono però stati comunque raggiunti dai carabinieri. Hanno però spiegato che non sarebbero potuti venire in Italia perché, al loro rientro in Egitto, avrebbero rischiato di essere arrestati come accaduto ad altri attivisti. Per questo motivo la Procura ha chiesto al tribunale di poter acquisire i verbali di questi testimoni rilasciati nel corso delle indagini preliminari. È possibile che il tribunale decida già nella prossima udienza: si tratta di uno snodo cruciale, potrebbe cadere un pezzo importante dell’accusa. Alessandra Ballerini, avvocata dei Regeni ha detto nel corso del festival Conversazioni sul futuro che “non può definirsi sicuro un Paese dove secondo quanto sostiene lo stesso nostro ministero degli Esteri è praticata la tortura in maniera sistematica”. “Dove esiste - ha aggiunto - la pena di morte e dove i principi dell’equo processo sono costantemente calpestati”. 

Foto © Imagoeconomica

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