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Le tensioni internazionali mettono il governo alla prova, con la premier italiana in ottimi rapporti con Benjamin Netanyahu

Giorgia Meloni deve decidere se lasciare i soldati italiani in Libano o riportarli a casa. Dalla documentazione emersa finora, la situazione sembra essere questa. Guido Crosetto, consapevole che i soldati italiani potrebbero essere uccisi, vorrebbe riportarli a casa, ma dichiara il contrario nell’attesa che giunga il momento propizio per prendere la decisione”. Questo è quanto ha scritto il sociologo Alessandro Orsini sul Fatto Quotidiano, analizzando la delicata questione su cui il governo Meloni è chiamato a prendere una decisione. Si tratta di decisioni che devono necessariamente tenere in considerazione alcuni elementi di grande importanza, come la possibilità - che si spera non si concretizzi mai - che i soldati italiani perdano la vita in Libano, con conseguenze gravissime per il governo. D’altra parte, un deterioramento dei rapporti con Israele rappresenterebbe un problema significativo per la premier Meloni, che - come ha precisato Orsini - ha buone relazioni con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Una rottura con Israele avrebbe ripercussioni anche sulle relazioni con gli Stati Uniti, dato il forte legame tra i due paesi, mettendo a rischio la credibilità del governo “sovranista” di Meloni. Inoltre, “l’uccisione dei soldati italiani metterebbe in dubbio, agli occhi dei suoi stessi elettori, la capacità di Meloni di gestire con abilità le crisi internazionali per difendere gli interessi nazionali dell’Italia”. Oltre alla perdita di fiducia da parte dell’elettorato, potrebbero scatenarsi proteste e scontri nelle piazze italiane, un fattore complicato dall’approccio discutibile del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, noto per il suo atteggiamento autoritario nella gestione delle manifestazioni studentesche. “La storia degli scontri di piazza dimostra che le guerre hanno un grande potenziale di mobilitazione. La combinazione di un ministro dell’Interno autoritario e una piazza in fibrillazione è una miscela esplosiva - ha spiegato Orsini - soprattutto con uno sterminio in pieno svolgimento: un’esperienza con cui i giovani italiani si confrontano per la prima volta dopo la fine della Seconda guerra mondiale”. E aggiunge: “Meloni è un’alleata strettissima di Netanyahu, a cui concede il proprio appoggio tutte le volte che assume decisioni formali su Gaza all’Onu, Strasburgo e Palazzo Chigi. Meloni non ha mai condannato il bombardamento di Netanyahu a Gaza. Si è limitata a criticare, tenuemente, il numero eccessivo di vittime civili, che è cosa assai diversa da una condanna. Non ha mai espresso solidarietà al popolo palestinese. L’affermazione più ardita di Meloni, pronunciata davanti a 41.000 morti palestinesi, è stata: ‘Netanyahu non deve cadere nella trappola di Hamas’. È un consiglio, mica una condanna - ha sottolineato -. Il governo Meloni è il terzo esportatore di armi verso Israele. È possibile che l’ordine pubblico rimanga sotto controllo”. Intanto, continuano ad aumentare i fallimenti: UNIFIL in Libano, la NATO in Ucraina, e la missione italiana nel Mar Rosso, dove gli Houthi continuano a sparare. “Si tratta di capire - conclude Orsini - per quanto tempo Meloni riuscirà a tenere tutti questi fallimenti lontani dall’Italia”.

Foto © Imagoeconomica

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