Condanna ratificata dalla SCJ.: 25 anni di carcere a due militari uruguaiani per il delitto della sparizione forzata di Oscar Tassino
Mezzo secolo di attesa per la ratifica della condanna penale di due militari uruguaiani per una delle tante sparizioni forzate di detenuti, commesse durante la repressione della dittatura in Uruguay. Una vergogna che dovrebbero assumere tutti i membri del sistema politico servili e funzionali alla casta militare. In questi giorni i media - in un Uruguay ancora immerso nei dibattiti sui diritti umani - riportano la notizia che i tribunali hanno finalmente condannato due ufficiali militari per la sparizione forzata di Óscar Tassino, e questo ci conforta un po' ma allo stesso tempo ci suscita ribellione. Ci mette di fronte all'opprimente naturalizzazione delle condanne tardive. Come un premio di consolazione.
Un premio di consolazione per persone morte sotto tortura, i cui corpi sono stati sepolti in modo che così rientrino nell’elenco dei detenuti desaparecidos, come se si trattasse di una mera conseguenza amministrativa da parte della casta militare? Come se niente fosse? Dovremmo vergognarci tutti noi uruguaiani che oggi viviamo godendo di questa democrazia, frutto della lotta di quelle persone che resistettero alla dittatura e riuscirono a sopravvivere, mentre altri invece trovarono la morte durante quella resistenza. Adesso, mezzo secolo dopo, due militari - che hanno già alle spalle altri processi per violazioni dei diritti umani - Jorge Pajarito Silveira ed Ernesto Rama, sono stati finalmente condannati a 25 anni di carcere per il reato di sparizione forzata, reato riconosciuto per la prima volta dalla Corte Suprema di Giustizia. Un risultato che non possiamo ignorare, tanto meno trascurare o minimizzare.
Entrambi, già da qualche tempo, sono figure della casta militare che si sono guadagnati una tristissima fama di repressori. Ed ora che la sparizione forzata di Óscar Tassino li coinvolge direttamente, la sentenza penale si aggiunge al loro già tenebroso curriculum. Un’ulteriore macchia. Una macchia che ha significato dolore e morte per Tassino e sofferenza indescrivibile per la sua famiglia, in quei giorni e ancora oggi.
Entrambi i militari, ovviamente in pensione e in prigione, sono stati ritenuti colpevoli di “sei reati di privazione della libertà, quattro di abuso di autorità contro detenuti, quattro per lesioni gravi ed un reato di sparizione forzata in qualità di coautori”.
A tempo debito, la difesa di entrambi i militari ha presentato un ricorso a loro favore che è stato respinto. La difesa pretendeva la revoca della condanna di secondo grado.
I media sono riusciti a diffondere alcuni passaggi della sentenza ed in uno di questi, ad esempio, si legge chiaramente: “La sparizione forzata si è delineata, anche se non si trovano i resti di Tassino, ed inoltre la permanenza del reato è indiscutibile, proprio perché non ritrovando i resti, il delitto si perpetua fino al presente”.
Da segnalare che per la prima volta la Corte Suprema di Giustizia ammette il reato di sparizione forzata. Questo reato è stato inserito nell’ordinamento giuridico nazionale nel 2006, con l’articolo 21 della Legge 18.026. In altre occasioni era stato respinto da diversi tribunali che ritenevano opportuno criminalizzare il reato di omicidio, in virtù del principio di irretroattività.
La sentenza della SCJ sul caso Tassino, citando il ministro Beatriz Larrieu, afferma inoltre: “Nella misura in cui si tratta di un crimine permanente, mantenuto fino ad oggi, non è possibile invocare che non sia stato classificato come crimine al momento della sua commissione. Il crimine continua a essere commesso fino a quando i resti non vengono recuperati o non se ne conosce la sorte”.
Non potrebbe essere più chiaro o incisivo di così. E diciamo di più, perché la sentenza di primo grado ad esempio, affidata al giudice penale del 27° Turno, Dr.ss. Sol Bellomo – nel settembre 2022 - affermava: “I fatti indagati non sono tipicamente inquadrabili nella fattispecie criminale dell'omicidio, perché la singolarità di tale imputazione non considera la molteplicità degli interessi giuridici lesi che non si limitano alla privazione della libertà del detenuto ed alla sua esecuzione clandestina, ma violano i diritti dei parenti delle vittime, la convivenza civile nella società, la sicurezza giuridica e le basi essenziali dello Stato di diritto”.
Allo stesso modo, ad esempio, la condanna del militare Eduardo Ferro: la giudice Silvia Urioste lo ha condannato a 21 anni di carcere per il “reato di sparizione forzata”.
Non bisogna dimenticare che ci fu una prima volta in cui la criminalizzazione della sparizione forzata è stata presente. Fu in occasione dell’annuncio della prevista condanna per sparizione forzata nel caso del militare dittatore Gregorio Álvarez, a dicembre del 2007, processato dal giudice Luis Charles, su richiesta del pm Martha Guianze, come “coautore di reiterati delitti di sparizione forzata”. Ma due anni dopo, nell’ottobre 2009, la sentenza fu revocata per l'applicazione retroattiva della legge.
Dal 19 Luglio 1977 ad oggi, non si sa nulla sui resti di Óscar Tassino. Quel giorno fu fermato da militari al comando del Capitano Eduardo Ferro, insieme a militari condannati, Jorge “Pajarito” Silveira, ed Ernesto Ramas.
Testimoni del momento del sequestro hanno dichiarato che questi tre militari, in borghese, irruppero nella casa di Ana María Regnier e Hermes Luis Fulle, in via Máximo Tajes dove era in corso una riunione di militanti del Partito Comunista dell'Uruguay. È lì che furono fermati Óscar Tassino e Martín Casco e portati nel centro di detenzione di La Tablada.
Numerose testimonianze hanno dichiarato alla Giustizia di avere visto i due detenuti torturati e morti per le conseguenze. Tassino e Casco figurano nell’elenco dei detenuti desaparecidos e, secondo la relazione della Commissione per la Pace, i loro resti sarebbero sepolti nel Battaglione 14, mentre un altro rapporto delle Forze armate indica che i resti sono stati sepolti nel Battaglione 13.
Non si tratta di una notizia qualsiasi. Si tratta di una realtà giuridica alla quale dobbiamo cominciare ad abituarci a patto che, con vento in poppa, si continui a condannare militari. Una realtà giuridica che sarà tardiva. Ma tardiva, chiariamo, non per decisione della casta militare repressiva, ma per il supporto criminale che l'apparato politico ha sempre fornito ai repressori, apparato fiancheggiatore, artefice, promotore e sostenitore della cultura dell'impunità.
A tutte e ciascuna delle vittime morte sotto tortura e sepolti nei campi di proprietà delle Forze armate, dobbiamo le nostre scuse per il ritardo della giustizia. All'ultimo uruguaiano i cui resti sono stati trovati nel Battaglione 14 di Toledo, e che deve ancora essere identificato, chiediamo scusa perché il ritardo nel ritrovarlo ci dimostra che non abbiamo avuto abbastanza forza e tenacia per recuperarlo molto prima. Ci dimostra che la democrazia è stata debole, perché i politici ed i governanti di tutti i periodi sono stati di fatto deboli, essendosi fatti condizionare dalla meschinità della casta militare, insediata nelle istituzioni parlamentari e governative.
Chiediamo scusa a Óscar Tassino, anche se oggi è ormai nota la notizia di chi fu a prelevarlo dalla sua casa per poi torturarlo ed ucciderlo, ed infine seppellirlo in una proprietà militare. Su di loro una condanna a 25 anni di carcere.
Ci scusiamo allo stesso modo anche con i famigliari, perché sanno molto più del lettore cosa significa nell'anima cercare una persona cara, vittima di una sparizione forzata.
Fonte: antimafiadosmil.com
Foto di copertina: Facebook