Il presidente si dissocia: “Non è nell’agenda del governo”. A denunciare il progetto di legge è la deputata Lourdes Arrieta che è poi stata minacciata di morte
Membri del partito del presidente argentino Javier Milei, La Libertà Avanza (Lla), starebbero pensando di realizzare una legge per scarcerare i militari della dittatura di Videla. Il tema sta scatenando grossissime polemiche in Argentina. Tutto è iniziato l’11 luglio quando sei deputati di La Libertad Avanza si sono recati in visita ufficiale al carcere di Ezeiza per incontrare soldati e repressori condannati per crimini contro l'umanità commessi durante l'ultima dittatura militare, tra cui Alfredo Astiz; membro della task force dell’ESMA (il più famoso centro di tortura e detenzione argentino) condannato per il sequestro e omicidio di tre madri della Plaza de Mayo e due suore francesi. Una visita che sarebbe rientrata, appunto, nel piano su cui sarebbero al lavoro alcuni deputati di Lla per rimettere in libertà i vecchi militari della dittatura. Il caso è esploso grazie alle dichiarazioni di Lourdes Arrieta, una dei sei deputati del gruppo andato a visitare i detenuti. La parlamentare, dopo l’incontro e dopo aver appreso le reali intenzioni degli altri colleghi di partito, ha diffuso i contenuti di alcune chat e documenti del loro gruppo WhatsApp che dimostrerebbero l'esistenza di un piano per liberare i condannati per delitti di lesa umanità. Arrieta ha messo a disposizione anche i progetti di legge e il decreto che hanno inviato nella chat per obbligare i giudici a far aprire le porte del carcere. Uno di questi documenti è un progetto di decreto che stabilisce in 25 anni il periodo massimo di durata di un processo penale aprendo le porte alla scarcerazione di detenuti per delitti commessi oltre tale periodo di tempo. Un secondo progetto di legge che circolava nel gruppo di deputati del partito di Milei e pubblicato da Arrieta fissa invece a 20 anni il limite di durata dei processi penali. La vicenda sta ancora facendo discutere in Argentina e Milei si è limitato a commentare che non è nell’agenda di governo un indulto per i repressori. Intanto, però, diversi blocchi della Camera dei Deputati hanno presentato espressioni di ripudio contro questa iniziativa e il 21 agosto è stata formata una Commissione speciale per indagare sugli eventi.
Nel frattempo, nei giorni scorsi, sono emersi nuovi aspetti sullo scandalo. Lourdes Arrieta, intervistata in diretta a “Duro De Domar” su C5N, ha detto di non aver dato troppa attenzione ai contenuti della chat, né di aver saputo che la visita in carcere fosse ad ex gerarchi del regime (“nella chat si parlava solo di prigionieri politici e veterani di guerra, non si è parlato di militari della giunta”, afferma). Una versione apparentemente poco verosimile quella della deputata, figlia di un militare a sua volta denunciato per torture a soldati nelle Malvine, che stride e soffia ulteriormente sulla polemica in corso nel Paese. Ad ogni modo Lourdes Arrieta ha riferito che uno dei detenuti avrebbe avanzato proposte ai parlamentari di La Libertad Avanza, entrati, tra l’altro, senza essere perquisiti e in possesso dei loro cellulari (“siamo entrati con certi privilegi”, ha detto Arrieta in tv). Si tratta di Raúl Antonio Guglielminetti, ex membro della “Triple A” (Alleanza Anticomunista Argentina) e repressore del Centro Clandestino “Automotores Orletti”, il quale avrebbe consegnato a un deputato carte con un progetto di legge. Quando la giovane ha deciso di raccontare tutto è stata minacciata di morte. “Sono stata minacciata da Beltrán Benedit (uno del gruppo che ha visitato il carcere, ndr) e da un altro deputato”. “Mi hanno detto che devo stare in silenzio e che se avessi parlato sarei stata uccisa”. Durante l’intervista, Arrieti ha aggiunto che anche Martín Menem, presidente della Camera ed esponente di La Liberdad Avanza, era al corrente del progetto politico di scarcerazione dei repressori. Anche lui sarebbe stato nel gruppo Whatsapp e la deputata ha raccontato di essere stata minacciata da Benedit su richiesta di Menem. Intanto Lourdes Arrieta ha lasciato il partito di Milei e ha presentato denuncia in procura per le minacce ricevute. Per commentare lo scandalo abbiamo raggiunto al telefono José Luis Ledesma fotoreporter argentino che ha documentato i crimini della dittatura di Videla. Secondo Ledesma il piano di scarcerazione pensato da alcuni membri del Lla prende le orme dall’amnistia disposta dal presidente Carlos Menem nel 1990 (poi revocata dal governo Kirchner nei primi anni 2000). In quell’occasione Menem liberò molti dei responsabili del genocidio che aveva devastato l’Argentina tra il 1976 e il 1983. “Sono tutti fuori di testa”, ha esordito Ledesma. “Queste persone devono finire i loro anni in galera perché non c’è perdono per quello che hanno fatto. Hanno calpestato i diritti umani. La dittatura di Videla ha fatto massacri che non ha uguali nel mondo, i suoi uomini hanno ucciso uomini e donne, hanno rubato bambini e li hanno dati in adozione ai militari che non potevano averli”. Ledesma ritiene che dietro il piano di liberazione dei repressori ci sia Victoria Villarruel, vice presidente della Repubblica Argentina. “Villarruel è a destra dell’estrema destra, è appoggiata dai familiari dei militari della giunta”. La stessa Villarruel è protagonista da anni, al fianco di Milei, di una battaglia revisionista sui crimini compiuti dai militari argentini. Tuttavia, secondo Ledesma, i repressori non verranno comunque scarcerati perché “per fortuna l’opposizione in Argentina è forte, anche se purtroppo non è stato trovato leader valido che possa fronteggiare MIlei”.
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