L’ultima foto lo vedeva immortalato con alle spalle la motovedetta della guardia costiera libica regalata dal governo Meloni
E’ stato ucciso in Libia il comandante dell'Accademia navale libica, Abdul Rahman Milad (in foto) soprannominato "Al-Bidja" e conosciuto per essere il numero uno di una delle più violente reti di traffico di esseri umani. Al Bidja è stato assassinato da uomini armati che hanno crivellato di colpi la sua auto appena fuori dell'istituto a Janzour, nella parte occidentale di Tripoli. La notizia è stata diffusa su X dalla testata Libya Observer.
Una delle ultime foto di Bidja lo vedevano immortalato con la divisa della Marina davanti alla Motovedetta 662 donata dal governo Meloni alla guardia costiera libica nel giugno 2023. Una concessione che scatenò non poche polemiche.
Bidja e suo cugino Osama al-Khuni, direttore del centro di detenzione ufficiale di Zawiyah e coinvolto nella gestione di altri campi di prigionia per migranti, sono al centro di un'inchiesta per traffico internazionale di esseri umani, torture e altri crimini. L'indagine, condotta dalla procura di Agrigento, secondo un'inchiesta del quotidiano Avvenire, ha raccolto centinaia di testimonianze e riscontri che conducono direttamente ai due esponenti del clan al-Nasr, la milizia che attraverso la famiglia Kachlaf controlla oltre al traffico di persone anche lo smercio illegale di armi e droga. Nel corso delle indagini sono stati appurati legami tra Bija e tre torturatori arrestati in Sicilia e condannati a 20 anni di carcere ciascuno con rito abbreviato. Tra le decine di deposizioni raccolte dalla polizia di Agrigento, una risale proprio al 2019. Gli agenti a Lampedusa avevano interrogato separatamente alcuni migranti transitati da Zawiyah, sulla costa nel tratto fra Tripoli e il confine tunisino, e salvati nel luglio 2019 dalla barca a vela "Alex", della piattaforma italiana "Mediterranea".
Tutti i superstiti riferivano un dettaglio: a decidere chi imbarcare sui gommoni era "un uomo libico al quale mancavano due falangi della mano destra". Secondo un altro migrante l'uomo era soprannominato "Bengi", e "si occupava di trasferire i migranti sulla spiaggia; era lui, che alla fine, decideva chi doveva imbarcarsi; egli era uno violento ed era armato; tutti avevamo timore di lui". Su Bija e al-Khuni pendono gli alert dell'Interpol e le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Come poi ha verificato il "Panel of experts" delle Nazioni Unite, nonostante Bija e compagni già dal 2018 siano stati inseriti nell'elenco delle sanzioni da Onu, Unione Europea, Usa e Regno Unito, e su di loro sia sempre attivo una nota di allerta dell'Interpol, hanno ulteriormente ampliato la rete includendo entità armate che operano nelle aree di Warshafanah, Sabratah e Zuwarah. Il clan si è inserito nel contesto istituzionale, tanto che "la rete allargata di Zawiyah comprende ora elementi della 55 Brigata, il comando dell'Apparato di sostegno alla stabilita' a Zawiyah, in particolare le sue unita' marittime, e singoli membri della Guardia costiera libica. Una filiera, scrive Avvenire, in costante espansione allo scopo di "ottenere ingenti risorse finanziarie e di altro tipo - si legge ancora nel fascicolo Onu - dal traffico di esseri umani e dalle attività di contrabbando". Il perno del sistema d'affari sono le prigioni per i profughi: "La rete di Zawiyah continua a essere centralizzata nella struttura di detenzione per migranti di Al-Nasr a Zawiyah, gestita da Osama Al-Kuni Ibrahim".