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In un documento riservato, il presidente ha ordinato alle forze statunitensi di prepararsi per possibili scontri coordinati con Mosca, Pechino e Corea del Nord

Washington si prepara ai più cupi scenari di una guerra atomica globale. È quanto emerge dalla nuova strategia nucleare segreta approvata a marzo dal presidente Joe Biden. Il New York Times annuncia che la nuova dottrina, chiamata "Guida all'impiego nucleare”, cerca anche di preparare gli Stati Uniti a possibili sfide nucleari coordinate da parte di Cina, Russia e Corea del Nord.

Il presidente ha recentemente emesso una guida aggiornata sull'impiego delle armi atomiche per tenere conto di più avversari dotati (di questi ordigni, ndr) … E in particolare, la guida alle armi ha tenuto conto ‘dell'aumento significativo delle dimensioni e della diversità dell'arsenale nucleare cinese", ha dichiarato all'inizio del mese Vipin Narang, stratega nucleare del MIT che ha lavorato al Pentagono.

Richard N. Haass, ex alto funzionario del Dipartimento di Stato e del Consiglio di Sicurezza Nazionale per diversi presidenti repubblicani e presidente emerito del Council on Foreign Relations, alza il tiro e rompe il tabù sul possibile utilizzo di tali armi anche nel contesto dei conflitti in corso a "bassa intensità".

Abbiamo a che fare con una Russia radicalizzata; l'idea che le armi nucleari non vengano usate in un conflitto convenzionale non è più un'ipotesi sicura”, ha affermato Haass alla pubblicazione.  Il Presidente russo Vladimir Putin ha ripetutamente evocato l'uso di armi atomiche contro l'Ucraina, qualora fosse in pericolo l'integrità territoriale della Federazione russa.

A pesare ulteriormente sulla criticità della situazione, si aggiunge la denuncia dell'ultima ora da parte del leader del Cremlino sul fatto che le forze armate ucraine hanno tentato di colpire la centrale nucleare di Kursk.

"Il nemico ha cercato di colpire una centrale nucleare oggi di notte", ha detto il presidente, specificando che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica è già stata informata dell'accaduto e ha promesso di inviare i suoi rappresentanti per valutare la situazione, ha aggiunto il capo dello Stato.

Il secondo grande cambiamento deriva dalle ambizioni nucleari della Cina. L'espansione nucleare del Paese sta procedendo a un ritmo ancora più veloce di quanto previsto dai funzionari dell'intelligence americana due anni fa, sulla spinta della determinazione del Presidente Xi Jinping a eliminare la strategia decennale di mantenere un “deterrente minimo”.

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Secondo le stime del Pentagono secondo cui la forza nucleare di Pechino si espanderebbe a 1.000 unità entro il 2030 e a 1.500 entro il 2035, più o meno il numero di unità che Stati Uniti e Russia schierano attualmente. In realtà, secondo i funzionari statunitensi, la Cina sembra in anticipo rispetto a questo programma e ha iniziato a caricare i missili nucleari in nuovi campi silos, individuati dai satelliti commerciali tre anni fa.

"Non vedevamo le armi nucleari svolgere un ruolo così importante nelle relazioni internazionali dai tempi della Guerra Fredda", afferma Wilfred Wang, direttore del programma sulle armi di distruzione di massa dello Stockholm Peace Research Institute (SIPRI).

Pechino ha subito reagito mostrandosi molto allarmato dalle informazioni sul piano approvato da Biden. Il portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning ha definito gli Stati Uniti "il più grande creatore mondiale di rischi nucleari strategici", in quanto promotori del tema della “minaccia cinese”, come pretesto per sottrarsi ai propri obblighi di disarmo.

Non era un mistero che il “dragone” sarebbe divenuto un problema di primaria importanza per gli interessi egemonici dell’impero americano, già in tempi ancora più remoti. Nel documento del PNAC (Project for the New American Century), pubblicato nel 1997 e che vide tra i fondatori, l'élite neocon tra cui figuravano personaggi come Dick Cheney e Donald Rumsfeld, si era delineato uno scenario in cui, nel 2017, la Cina sarebbe divenuta “la principale minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America”.

Pechino sta superando gli Stati Uniti e l'Occidente nella competizione globale per le tecnologie emergenti. Secondo un recente studio dell’Australian Strategic Policy Institute, il Paese ha già un vantaggio significativo in 37 delle 44 tecnologie critiche esaminate, tra cui difesa, spazio, robotica, energia, biotecnologie e tecnologia quantistica. Negli ultimi cinque anni, Pechino ha prodotto il 48,49% dei brevetti di ricerca ad alto impatto sui motori aeronautici avanzati e ha fatto progressi in campi come la biologia sintetica, il 5G e le batterie elettriche.

Già nel 2011 aveva superato per la prima volta Washington per quanto riguarda i depositi annuali di brevetti. Dieci anni più tardi, nel 2021, il numero era ben più del doppio di quello degli Stati Uniti: 1,58 milioni, secondo l'Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale, agenzia delle Nazioni Unite.

Il dragone sta anche intensificando gli investimenti, come dimostra il recente impegno di 1,9 miliardi di dollari nel principale produttore di chip cinese, Yangtze Memory Technologies, per ridurre la dipendenza dalle tecnologie straniere e contrastare le restrizioni imposte da Washington.

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