La manifestazione è stata convocata dalla coordinatrice “27 Giugno” per ricordare la resistenza contro il colpo di Stato
“Dagli stivali ai voti”; con questo slogan, diversi collettivi che si battono per i diritti umani, si sono dati appuntamento nell’Avenida Libertador y de la Paz, nel pomeriggio del 27 giugno. La manifestazione, organizzata dalla coordinatrice “27 Giugno”, ha percorso diverse strade di Montevideo rinnovando il ricordo della resistenza contro il colpo di stato civico-militare del 1973, nel contesto dello sciopero generale dei lavoratori.
Il percorso prevedeva delle soste di fronte ai luoghi simbolo del potere dell’epoca che furono parte attiva del colpo. La prima tappa è stata la Camera dell'Industria che, come organo istituzionale, decise di sostenere l'attacco alla democrazia; a seguire la manifestazione è arrivata al Centro Militare. Entrambi i luoghi si trovano nell’Avda. Libertador, a pochi metri di distanza tra loro. Quest'anno si è deciso di soffermarsi anche davanti all'ambasciata francese, in Avda. Uruguay, per denunciare la complicità del governo di Emmanuel Macrón nel genocidio palestinese.
Seguendo questa linea di protesta Davide Bonfigli, membro di Our Voice, ha speso alcune parole accanto ad una bandiera palestinese con il supporto di immagini di alcune delle vittime del massacro:
“La Convenzione per la Prevenzione e la Condanna del Delitto di Genocidio” obbliga tutti gli Stati firmatari a prendere misure atte a prevenire ed evitare un genocidio in corso, anche quando questo non avviene nel proprio territorio e lo stato francese non lo sta facendo. Anzi, ci sono stati divieti ed atti di repressione nei confronti delle manifestazioni a favore del popolo palestinese”, ha detto il portavoce del movimento.
Nel suo discorso Bonfigli ha anche fatto riferimento alla complicità della Francia nell'emissione del mandato di cattura nei confronti del primo ministro Israeliano: “e come se non bastasse, fino ad oggi, la Francia non ritiene necessario il mandato di cattura disposto dalla corte internazionale di giustizia contro il genocida Benjamín Netanyahu”.
Dopo l'ambasciata, i collettivi si sono diretti verso l'Avda. 18 de Julio, in Piazza di Entrevero. In questo luogo, il 9 Luglio del 1973, ebbe inizio, e si prolungò per due settimane, una grandissima manifestazione contro il colpo di Stato.
Ad ogni fermata i manifestanti hanno espresso la loro opinione contro i protagonisti di quel colpo di stato, ricordando anche la grande partecipazione popolare alla storica resistenza, tracciando un parallelismo tra passato e presente:
“Il tempo passa e passano anche le lotte, lasciando impronte indelebili. Quello che non passa è la miseria, la fame, i genocidi, le guerre provocate dal capitalismo. Questo non passa. Le torture, le sparizioni, le bugie, la criminalizzazione, i processi, la stigmatizzazione. Queste non passano. Le carceri non passano... Il controllo ed il disciplinamento non passano. Oggi urliamo ‘dagli stivali ai voti’. E siamo convinti di questo, ma sappiamo anche che si è passato dai voti agli stivali. Decenni e decenni di urne e ancora urne, sostenendo sempre l'oppressione. Secoli di democrazie tutelate da apparati repressivi e da Stati”.
Un altro passaggio del discorso ha riguardato la storia uruguaiana:
“Quel gelido mercoledì iniziò lo sciopero generale contro la dissoluzione dei pochi baluardi di democrazia ancora rimasti. La protesta aveva come obiettivo la denuncia delle torture operate nelle caserme e nei commissariati dove si trovavano oltre 3000 detenuti, uomini e donne; e dei licenziamenti, delle persecuzioni, e delle sparizioni. Per tutto questo non possiamo voltarci dall’altra parte quando ancora oggi viviamo un'epoca in cui risuona ancora il suono degli stivali e tutto quello che hanno lasciato. Le stesse catene, le stesse miserie, gli stessi farsanti, le stesse camere come quella dell’industria, del commercio, banche, associazioni rurali, federazioni rurali. Qui ci ritroviamo persino gli stessi nomi: i Manini, gli Heber, i lacchè di sempre alleati alle multinazionali”.
Non è mancato anche il riferimento ai colpevoli di tutta la debacle, personaggi che ancora partecipano al destino dello stato: “Ovvero gli autori del colpo di stato, insieme alle caste militari locali e mondiali. Quelli che perpetrarono e appoggiarono il terrorismo di Stato e che oggi sostengono l'impunità, l'omertà e l'immunità. Tutte queste cose sono impresse nella memoria e condannate da tutti gli oppressi. Per tutto questo non possiamo guardare dall’altra parte. Dopo oltre mezzo secolo dal terrorismo di Stato rimangono ancora i suoi decreti e le sue leggi”. Rimane quell'inferno di droghe e pallottole, di bambine e giovani che spariscono o muoiono sotto il fuoco incrociato di militari, narcos sbirri o meno. Se ci vogliono indottrinare e guidare verso pseudo vie di uscita possiamo solo dire no e organizzarci, scendere in strada. Credere di nuovo nelle nostre forze”.
Il discorso si chiude con un deciso ed inequivocabile messaggio: “Abbiamo sogni solidali, comuni e vivi. E quindi gridiamo ancora: 'Sciopero compagne! Sciopero compagni!'''.
Foto © Antimafia Dos Mil