di Giulietto Chiesa
Si chiama Tribunale Penale Internazionale (TPI), ovvero in inglese ICC. E, chi legge distrattamente potrebbe essere indotto a pensare che si tratti di un tribunale vero, cioè uno di quei tribunali dove “la legge è uguale per tutti”. Invece si tratta di un Tribunale dove la legge, per definizione, è disuguale. Per intenderci: questo tribunale è quello che ha fatto morire Slobodan Milosevic in carcere. Facciamo un esempio. Questo tribunale sta cercando in questi mesi di mettere sotto accusa il governo della Siria, per “crimini di guerra”. Chi dovrebbe decidere se avviare la pratica del genere? Un Procuratore generale, possibilmente investito di queste funzioni. Il problema è che esiste un Procuratore generale, ma non è affatto chiaro chi lo nomina. Forse un qualche “governo mondiale”? Niente affatto. Esistono invece dei finanziatori che pagano l’orchestra e, quindi, decidono loro quale musica dobbiamo ascoltare. Chi sono questi finanziatori? Sono l’Unione Europea, la NATO e gli Stati Uniti. E qui siamo di fronte a un paradosso davvero curioso. Gli Stati Uniti non sono tra i firmatari dell’Atto di Roma, istitutivo dell’ICC. Per meglio dire, all’inizio lo erano, poi, sotto George Bush Jr., ritirarono la loro firma. Come mai è presto detto: gli Stati Uniti si considerano un popolo e un paese del tutto eccezionale, che può dunque essere soggetto solo ed esclusivamente a leggi proprie. Dunque è difficile immaginare che un presidente degli Stati Uniti, oppure un generale americano, o chiunque altro pezzo grosso americano (o inglese, o amico loro), possa essere oggetto di incriminazione da parte di un qualsiasi tribunale non strettamente americano.
Dunque, per evitare situazioni imbarazzanti, Washington ha cancellato l’adesione all’ICC. Ma questo non significa che gli USA abbiano rinunciato a usarlo. In effetti è molto comodo ai presidenti americani avere un tribunale per giudicare “gli altri”. Com’è noto, infatti, è in corso ormai da parecchi anni l’idea che la legislazione americana debba essere considerata legislazione “mondiale”. Solo che non tutti i paesi del mondo sono dello stesso paese. Per esempio non lo sono la Cina, la Russia, l’Iran. E anche molti altri, per esempio il Venezuela. Che, ovviamente, non hanno la minima intenzione di sottostare a queste angherie.
Comunque l’ICC è in funzione, con 123 paesi firmatari, istituito con lo Statuto di Roma nel 2002. E l’Occidente, con i suoi potenti mezzi, si esercita da allora per farlo funzionare nel proprio interesse. Basti ricordare il caso dell’Afghanistan, dove decine di organizzazioni internazionali hanno chiesto l’avvio di una inchiesta sui crimini americani nei 18 anni (fino ad ora) di guerra, ma nulla è stato fatto. Il governo afghano, nella sua posizione di paese occupato, ha opposto “liberamente” il suo diniego. Un ulteriore tentativo è stato bloccato - dopo l’opposizione del governo americano - da una risoluzione unanime della camera giudicante, che ha negato la prosecuzione delle indagini con l’argomentazione che “le prospettive di successo sarebbero assai limitate”. Meglio dedicarsi ad attività con superiori possibilità di successo. Del resto uno stato “non parte” (che cioè non ha ratificato l’adesione all’ICC) non è tenuto a estradare un proprio cittadino che abbia commesso crimini in un “paese parte”, e non ci sono mezzi di coercizione internazionale che possano costringere un paese “non parte” a cedere alle richieste della Corte Internazionale. Così si spiega bene perché i due unici processi celebrati sono stati dedicati all’ex Jugoslavia e allo Zambia. Uno a punire i crimini di un paese che non esiste più, perché è stato distrutto dalla Nato, e quelli di un altro paese che non è in condizioni di difendersi da imposizioni e ricatti che provengono dall’Occidente. E, basta guardare l’elenco degl’imputati del Tribunale ad hoc della ex Jugoslavia per constatare una spropositata e ostile attenzione, che molti osservatori hanno definito “unilaterale e vendicativa”, agli imputati di etnia serba.
Insomma l’ICC se la prende con i poveri e gli sconfitti e, in base al suo stesso ordinamento, si guarda bene dal toccare i padroni del mondo e i loro sicari. Anche nel caso Iraq versus Regno Unito è stato bloccato dal Procuratore generale con l’argomentazione che l’Iraq non è “stato parte” e che non c’erano segnalazioni di “stati parte” che giustificassero l’azione investigativa. L’indagine non iniziò neppure. Così Tony Blair se ne sta tranquillo nella sua villa isolana e, anzi, gira per il mondo continuando a svolgere incarichi internazionali assai bene retribuiti.
Forse sarebbe il caso di studiare le carriere dei 16 giudici permanenti e del 12 giudici ad litem che sono in forza al Tribunale Penale internazionale. E anche l’ammontare dei loro conti in banca.
Tratto da: it.sputniknews.com
Foto © AFP 2019 / Martijn Beekman