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Il governo di Luiz Inacio Lula da Silva ha vietato lo sfruttamento del legname nelle riserve indigene brasiliane revocando un provvedimento firmato dall'ex presidente della Repubblica, Jair Bolsonaro, poco prima della fine del suo mandato. 
In particolare il decreto che ha annullato la precedente normativa è stato emanato dalla Fondazione nazionale dell'indio (Funai) e dall'Istituto brasiliano per l'ambiente e le risorse naturali (Ibama), quest'ultimo legato al ministero dell'Ambiente, ha sottolineato la notte scorsa il Jornal Nacional di Rede Globo. 
La conferma è giunta anche dalla ministra dei Popoli originari, Sonia Guajajara, in un messaggio su Twitter. "Revocata la disposizione di Funai e Ibama, che facilitava lo sfruttamento dell'estrazione di legname nelle terre indigene. E' stato uno degli ultimi atti firmati durante l'amministrazione Bolsonaro. Il nostro impegno è per la protezione delle terre indigene. Non permetteremo ulteriori battute d'arresto", ha scritto. Secondo l'articolo 231 della Costituzione brasiliana, le risorse naturali nelle terre possono essere utilizzate solo dalle popolazioni indigene, per fini non commerciali di speculazione. La norma autorizzava la cosiddetta gestione forestale sostenibile nei territori indigeni. In pratica, il provvedimento ha consentito lo sfruttamento del legname anche da parte di organizzazioni di composizione mista, cioé non composte da soli indigeni. Quando è stata pubblicata la norma, l'Articolazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib) aveva rilasciato una nota tecnica in cui si affermava che il provvedimento dava "via libera agli invasori per avanzare all'interno dei territori per portare avanti azioni speculative".

Foto © Imagoeconomica

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