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Non basterà il Mose a salvare Venezia dal continuo aumento del livello del mare. Ad affermarlo è stato lo studio coordinato da ricercatori dell’Università del Salento, dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Università Ca’ Foscari Venezia.
La ricerca, condotta da decine di scienziati, prevede che gli allagamenti, già frequenti e altamente dannosi, continueranno ad aumentare, ponendo in una situazione di grave pericolo i cittadini, oltre che l’ecosistema.
Che il livello medio del mare globale fosse in aumento lo aveva già riportato il rapporto pubblicato dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (IPCC). Secondo le ricerche dei 234 scienziati provenienti da 66 diversi paesi, tra il 1901 e il 2018 il livello delle acque sarebbe aumentato di 0,20 m, più velocemente che in ogni secolo precedente degli ultimi 3000 anni.
Ora, la nuova analisi scientifica sul rischio di acqua alta a Venezia, ha confermato i timori generati dai rilevamenti dell’IPCC. Le località costiere, come il capoluogo veneto Patrimonio Mondiale Unesco, saranno, infatti, le prime vittime dell’innalzamento dei mari.
Lo scenario più realistico preannuncia un innalzamento del livello del mare fra i 17 cm e i 120 cm entro la fine del secolo. Più improbabile, ma comunque plausibile, è il raggiungimento di 180 cm. Questi valori sarebbero, secondo gli scienziati stessi, difficilmente gestibili persino dal sistema di dighe mobili MOSE in perenne funzionamento.
Lo studio si è basato sull’analisi di dati storici e contemporanei per cercare di comprendere il fenomeno del recente aumento del rischio di allagamenti. Formulare un prospetto preciso è risultato, però, complesso a causa delle numerose variabili, la cui influenza su Venezia non è prevedibile con certezza.
Davide Zanchettin, professore all’Università Ca’ Foscari Venezia, ha individuato “importanti feedback nel sistema climatico, per esempio relativi alle dinamiche delle calotte di ghiaccio polare, che sono ad oggi fonte di grande incertezza nelle proiezioni climatiche”.
Come ha confermato il rapporto dell’IPCC non si può più negare che certi gravi cambiamenti siano l’inevitabile conseguenza delle scellerate attività umane.
 “Anche se fermassimo completamente il riscaldamento globale smettendo di utilizzare i combustibili fossili, il livello del mare continuerebbe a innalzarsi, seppur ad una velocità molto ridotta”, ha affermato Piero Lionello, professore all’Università del Salento.
Seppur siano irreversibili, questi processi devono essere, però, rallentati. E questo è possibile solo attraverso un drastico cambiamento del sistema produttivo, economico e politico in cui viviamo.
Il riscaldamento globale e il conseguente innalzamento dei mari non sono miti, sono realtà ormai pericolosamente vicine ad ognuno di noi. I cambiamenti climatici in atto da decenni cominciano ora, infine, a mostrare i loro effetti.

Foto © Imagoeconomica

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