di Irene Soave
Lo studio: distruzione inevitabile. Dal 1979 sparito il 70% della calotta
La notizia ha guastato la festa ecologista per antonomasia, la giornata mondiale della Terra, che cadeva ieri. È in arrivo presto - entro il 2050 - l’estate fatidica in cui il ghiaccio della regione artica sarà sciolto del tutto.
La comunità scientifica è preparata: dal 2013, anno in cui erano state effettuate le ultime rilevazioni complete, si sapeva che il ghiaccio dell’Artide si sarebbe sciolto in una delle prossime estati se le emissioni di anidride carbonica non fossero calate in modo consistente, abbassando quindi la temperatura globale. Un nuovo studio, appena pubblicato sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters, dice però di peggio: molto probabilmente capiterà comunque.
Il ghiaccio artico sparirà d’estate, cioè, anche se ridurremo le emissioni e quindi il riscaldamento globale, costretti magari a farlo da una pandemia che molti indicano come piaga moralizzatrice dei torti fatti al pianeta. Ridurre le emissioni resta comunque «di importanza vitale», chiariscono i curatori dello studio: se il riscaldamento del pianeta non smetterà di galoppare, la prima inevitabile estate senza ghiaccio sarebbe allora probabilmente seguita da un inverno in cui il ghiaccio non si riformerà, con conseguenze che i ricercatori reputano «catastrofiche».
Queste previsioni, che si leggono nell’abstract dell’articolo pubblicato in questi giorni e basato su rilevazioni di 21 centri di ricerca oceanografica di tutto il mondo, sono la traduzione delle proiezioni elaborate da un modello climatologico chiamato Cmip6. Tra i 31 firmatari del paper c’è anche un’italiana, l’oceanografa Dorotea Iovino.
Il Cmip6 è l’ultima generazione di una serie di modelli climatologici (il primo è stato messo a punto nel 1995) che sommando dati rilevati sul campo tentano di simulare gli scenari climatici possibili.
Le precedenti simulazioni, meno sensibili, erano più ottimiste. Questo modello, scrivono gli scienziati, è «particolarmente sensibile nel predire la variazione della superficie di ghiaccio oceanico rispetto a diverse possibili gradazioni di riscaldamento globale e di emissioni di anidride carbonica». Sono stati simulati 40 modelli. E la maggior parte, spiega Iovino, «prevede che l’Artico si ritroverà libero dai ghiacci a settembre prima del 2050, in tutti gli scenari presi in esame». Compreso quello in cui le emissioni globali fossero ridotte «rapidamente e in maniera sostanziale», ha detto alla stampa il coordinatore dello studio, Dirk Notz dell’università di Amburgo, «riuscendo a rimanere al di sotto dei 2 gradi di riscaldamento rispetto ai livelli pre-industriali. E questa notizia ci ha veramente sorpreso». Lo scioglimento dell’Artico in estate sarebbe «occasionale» in queste condizioni, le migliori possibili; irreversibile se le emissioni non rallentano. Resta imprevedibile, comunque, quando: l’unica indicazione su cui per ora si concorda è che il ghiaccio dell’Artico sparirà entro il 2050.
La soglia della «sparizione», per geologi e oceanologi, è fissata al momento in cui la superficie ghiacciata scenderà sotto il milione di km². Oggi è già a un record negativo: le rilevazioni di settembre 2019 hanno misurato 4,15 milioni di km², secondo minimo storico dopo un risultato simile registrato nel 2016. Dal 1979, anno in cui è cominciata la mappatura satellitare della calotta artica, l’estensione del ghiaccio al Polo Nord si è ridotta del 40%, e il suo volume del 70% circa: è il segno più rilevante del global warming.
Ma cosa succederà se scompare il ghiaccio al Polo Nord? Non solo innalzamento del livello degli oceani, e danni all’ecosistema di specie già in pericolo, come gli orsi polari. Ma la superficie scura dell’oceano, priva della barriera di ghiaccio, assorbirà più luce e quindi più calore, e il riscaldamento potrebbe crescere in maniera esponenziale.
Tratto da: Il Corriere della Sera
Foto © Dave Sandford