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La donna peruLa donna coraggio del Perù
di Jean Georges Almendras
Il suo nome è Máxima Acuña. È un’indigena “cajamarquina”, che vive in Perù. È una contadina. È nonna. Con fermezza difende la sua terra contro un consorzio minerario denominato Yanacocha, al quale era stata accordata la concessione per lo sfruttamento del giacimento aurifero più importante del Perù e dell’America Latina. A metà aprile di quest’anno 2016 le è stato assegnato il Premio Goldman per l’Ambiente 2016, il più pregiato riconoscimento per l’ambiente del mondo.
Il video che ritrae il momento della consegna ha fatto subito il giro della rete. L’immagine di questa donna contadina, vestita con il costume della sua cultura, che sale sul palco tra gli applausi di quel pubblico mi ha irritato un po' perché mi ha dato l’impressione che –nonostante i calorosi applausi- quella gente in parte fosse avvolta nell’ipocrisia. Allo stesso tempo, però ho provato soddisfazione di fronte alla cerimonia.
Mi sono chiesto: “Riuscirà questo pubblico così assorbito dalla società materialista a comprendere veramente il senso della lotta di questa piccola donna, che è un gigante nella sua battaglia?
Osservando questa donna circondata da un’atmosfera festosa, sono quasi certo che lei ha vissuto quei momenti con altri occhi. Forse con la sensibilità del contadino, la cui lotta non è temporale, ma quotidiana. Quella sensibilità che la preserva dalle ipocrisie e dalle false modestie. Poichè la sua lotta non è un atteggiamento, non è una strategia né tanto meno una speculazione. La sua lotta scaturisce dalla sua anima. Una lotta ereditata dai suoi antenati, che nasce dalla coscienza dei popoli oppressi e violentati. Fa sempre rabbrividire il coraggio di queste donne, compagne fedeli della Madre Terra. Compagne sempre pronte a difenderla dai colonizzatori di ieri, dai depredatori di oggi. Depredatori al servizio di un capitalismo perverso. Al servizio di un consumismo crudele. Al servizio di un dispotismo mascherato da progresso.

donna peru 2

Máxima Acuña è salita sul palco non per vantarsi della sua cultura, tanto meno per ostentarla. È salita per parlare con consapevolezza come se stesse parlando in una piazza pubblica o in una montagna, sotto il sole splendente e circondata da coloro che ama. È salita per denunciare 

un'ingiustizia.
Anche se abbiamo visto Máxima Acuña sul palco da sola, lei non era sola. Era molto ben accompagnata. Era accompagnata dai molti anni di lotte contadine. Dalle anime e dalle energie dei suoi compagni che hanno perso la vita per mano dell’invasore e del potente. Era accompagnata dall’anima –e dallo spirito- dell’attivista e indigena lenca Berta Cáceres, uccisa in Honduras il 3 marzo del 2016.
Al momento della consegna del premio nel Teatro dell’Opera, a San Francisco, Stati Uniti, ha intonato una canzone: un ‘huayno’ che racconta l’esperienza da lei vissuta nell’affrontare il colosso Newmont Minig Corporation, che pretendeva di ottenere la sua proprietà per realizzare il progetto minerario Conga.
“Io sono una ‘jalqueñita’, che vive nelle cordigliere. Portando a pascolo le mie pecore nella nebbia e nella pioggia. Quando il mio cane abbaiava, la polizia arrivava. Le mie casupole le hanno bruciate, le mie piccole cose se le sono portate via. Non avevo nulla da mangiare, bevevo solo acqua. Non avevo un lettino, con della paglia mi coprivo. Per difendere le mie lagune, la vita hanno voluto togliermi. Ingegneri, di sicuro, mi hanno rubato le mie pecore (…). E con questo, ciao, ciao, bellissimo alloro, tu rimani a casa tua e io me ne vado a  soffrire”.
E poi ha aggiunto: “Per questa ragione io difendo la terra, difendo l’acqua, perché è vita. Io non temo il potere, né le aziende, continuerò a lottare per i compagni che sono morti a Celendín e Bambamarca e per tutti coloro che sono al fronte della lotta a Cajamarca”.
Máxima Acuña, in mezzo agli applausi, ha ricevuto il suo premio, con le lacrime agli occhi. Ci ha dato un insegnamento, con la stessa umiltà con la quale difende le sue lagune, la sua terra e la vita stessa.

donna peru 3

Máxima Acuña, quel giorno, proprio al Teatro dell’Opera, ha sgretolato il progetto Conga, della società Newmont. Un progetto che contava un investimento da 4.800 milioni di dollari. Un progetto contrassegnato sin dal nascere da atti violenti ; Acuña e sua figlia furono percosse per la prima volta da funzionari della sicurezza dell’azienda nel 2011 perché si rifiutavano a lasciare la loro proprietà. Ma la violenza non cessò. Al contrario si intensificò, perché nel 2012, una mobilitazione regionale contro la miniera lasciò cinque morti vittime degli scontri tra civili, polizia e militari. La triste morte di queste persone, tanto sentita da tutti, non è stata in vano, perché riuscì a fermare l’avanzamento dei lavori. La reazione dei potenti non si fece attendere, la compagnia portò a giudizio Acuña per usurpazione, nel tentativo di farla piegare e abbandonare il luogo. Tre anni dopo, nel 2015, la compagnia perse la causa in seconda istanza. Máxima Acuña vinse quella battaglia e non abbassò la testa. La sua lotta è continuata e continua ancora oggi. 

Foto (1): www.youtube.com
Foto (2): www.noticiasser.pe
Foto (3): www.grufides.lamula.pe

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