Conflitti, sfollamenti e cambiamenti climatici principali cause dell’emergenza internazionale
Nel 2024, oltre 295 milioni di persone in 53 Paesi e territori stanno affrontando livelli acuti di fame, con un preoccupante aumento di quasi 14 milioni rispetto all’anno precedente, è il sesto anno consecutivo in cui la situazione peggiora, con un’incidenza che raggiunge il 22,6% della popolazione presa in esame. A rivelare questo tragico quadro è il Rapporto Globale sulle Crisi Alimentari (Grfc) 2025, redatto dal Food Security Information Network (Fsin) e promosso dalla Rete Globale contro le Crisi Alimentari, una coalizione che riunisce ONU, Unione Europea, Stati Uniti e diverse agenzie non governative. Ci si concentra in particolare su un dato, il più allarmante riguardante i bambini: 38 milioni di minori sotto i cinque anni risultano gravemente malnutriti, a rischio immediato per la loro salute e sopravvivenza.
Ad esprimersi è il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres: “Questa non è solo una crisi dei sistemi, è un fallimento dell’umanità”, denunciando soprattutto il drastico calo dei finanziamenti umanitari, ritenuti fondamentali per salvare vite umane in situazioni di emergenza,“non possiamo rispondere a stomaci vuoti con le mani vuote e le spalle voltate”, ha aggiunto definendo indifendibile la fame nel XXI secolo. In alcune aree del mondo, come la Striscia di Gaza, il Mali, il Sudan e lo Yemen, stanno raggiungendo livelli estremamente critici di malnutrizione, ma secondo il rapporto, la causa principale dell’insicurezza alimentare acuta sono i conflitti armati, che colpiscono circa 140 milioni di persone in 20 Paesi. Tra i più colpiti ci sono Sudan, Sud Sudan, Gaza, Haiti e Mali, dove in alcune zone si registrano veri e propri livelli catastrofici: ci si avvicina alla carestia conclamata.
Altro elemento preoccupante è l’aumento della fame legata agli sfollamenti forzati: 95 milioni di persone che vivono in Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, la Colombia, la Siria e nuovamente il Sudan, sono vittime di crisi alimentari dovute alla perdita della casa, dei mezzi di sostentamento e all’instabilità politica, anche l’impatto degli shock economici colpisce quasi 60 milioni di persone in 15 Paesi, un numero quasi doppio rispetto ai livelli pre-pandemia da Covid-19: le crisi economiche, infatti, ostacolano l’accesso al cibo aumentando i prezzi dei beni di prima necessità. A tutto questo si aggiungono infine gli effetti degli eventi climatici estremi, come siccità e inondazioni, che colpiscono circa 96 milioni di persone in 18 Paesi, tra cui l’Africa meridionale, il Corno d’Africa e l’Asia meridionale, compromettendo gravemente le colture e l’approvvigionamento alimentare.
Il direttore generale della Fao, QU Dongyu, per uscire da questa spirale, suggerisce una possibile via d’uscita, ricordando come “gli investimenti nell’agricoltura di emergenza siano fondamentali, non solo come risposta temporanea, ma come soluzione sostenibile e conveniente”, il sostenimento della produzione alimentare locale durante le crisi può garantire una maggiore resilienza delle comunità colpite. In conclusione il rapporto lancia un appello urgente alla comunità internazionale: “I finanziamenti globali stanno diminuendo rapidamente e lo slancio politico si sta affievolendo, quindi per spezzare il ciclo della fame serve un reset coraggioso”. Senza un impegno concreto e duraturo da parte dei governi, delle istituzioni e del settore privato, milioni di persone continueranno a soffrire una crisi che oggi appare più che mai inaccettabile.