Focus di Bruxelles la guerra in Ucraina e la competitività. Eletto alla Commissione sul Clima l’ex consulente petroliere Hoekstra
Affossare le politiche per il contrasto del cambiamento climatico. E’ questa la nuova politica del neo Europarlamento guidato dalla rieletta Ursula Von Der Leyen. Un’intenzione poi non così celata quella della presidente della Commissione Ue. In conferenza stampa, davanti a uno stuolo di giornalisti giunti a seguire la presentazione della squadra che guiderà Bruxelles per i prossimi 5 anni, Von Der Leyen ha riassunto quella che sarà la direttrice che prenderà il Parlamento Europeo. E che vedrà, come detto, una pesante revisione del “GreenDeal” europeo per il quale aveva creato una Commissione ad hoc annunciata in pompa magna. Ora però la musica è cambiata. “La nuova Commissione europea e quella precedente sono state istituite in tempi molto diversi. L’ultima volta - ha detto giustificandosi la leader tedesca - l’argomento del riscaldamento globale era in cima alle priorità e per questo motivo ho lanciato il “Green Deal europeo””. Poi, alle domande incalzanti dei cronisti si è spiegata cercando di non inciampare: “Non fraintendetemi, la dominanza di questo argomento sussiste ed è la spina dorsale di tutto ciò che noi stiamo facendo, però questa volta il tema della sicurezza, spinto dalla guerra della Russia in Ucraina, e quello della competitività hanno avuto un impatto più incisivo sulla progettazione egli orientamenti politici, sulla costituzione della Commissione, sull’organizzazione del collegio”. Sicurezza e competitività (alias politiche monetarie e sfida alla Cina) sono dunque la priorità del nuovo Europarlamento. Tanti saluti emergenza climatica. L’antifona era già chiara durante le ultime battute della scorsa legislatura. Il Partito Popolare Europeo (gruppo guidato da Von der Leyen), primo gruppo parlamentare a Bruxelles tra le righe del nuovo programma, ha smentito, complice anche la frattura dei suoi membri, le sfide lanciate cinque anni fa, ostacolando il regolamento sul Ripristino della natura, contribuendo a disegnare una Pac che non facesse storcere il naso all’agrobusiness e, con lo stesso obiettivo, ha depotenziato la direttiva sulle emissioni industriali e si è spaccato su quella che riguarda la qualità dell’aria. Poi c’è stato il rapporto di MarioDraghi, battezzato “The future of European competitiveness” (il futuro della competitività europea, ndr), contenente 170 proposte per il futuro del Vecchio Continente. Anche qui direttrice molto chiara: accantonare le misure per l’ecosistema. Priorità? La vendita di armi e la competitività con i Brics. L’introduzione del rapporto recita: “I valori fondamentali dell’Europa sono prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile”. La parola ambiente è al fanalino di coda, e non è un caso. L’ex presidente del Consiglio si concentra quasi esclusivamente sul mercato delle armi e sui fondi per difesa e auspica che più fondi europei vengano destinati allo sviluppo di questo settore per allentare la dipendenza da fornitori stranieri, Stati Uniti inclusi (anche perché i budget europei per armi e armamenti sono di gran lunga inferiori, in proporzione al Pil, rispetto a quelli di Usa, Cina o Russia). Per Draghi la Difesa è vista come uno dei settori strategici per l’Europa del domani, o dell’oggi, così come quelli dell’energia e dei semiconduttori. Ursula von der Leyen sposa la sua analisi. Buttando un occhio alla composizione del Parlamento Europeo un commissario al Clima non c’è più come era stato Frans Timmermans, ma l’olandese Wopke Hoekstra. Sarà lui il nuovo commissario per Clima, crescita pulita e obiettivi net-zero, mentre Teresa Ribera guiderà quel che resta del ‘Green Deal Ue’. Prevedibile che tra i due si potrà arrivare a confronti (e scontri) accesi. Hoekstra, esponente dei conservatori liberali del partito Appello Cristiano Democratico (CDA) e membro del Ppe era stato, oltretutto, consulente della compagnia petrolifera Shell. Hoekstra incappato anche nello scandalo dei Pandora Papers sui tesori offshore di centinaia di politici e vip. E sul tema di cui dovrà occuparsi a Bruxelles, il clima, conduce una politica nettamente più permissiva e filo-lobbista del suo predecessore Timmermans. Diverso è il caso di Teresa Ribera Rodriguez che in Spagna, come ministro della Transizione ecologica del governo di Pedro Sanchez, ha fatto chiudere molte miniere di carbone e stanziato 250 milioni di euro per sostenere la riconversione delle mansioni dei lavoratori, e lo ha fatto anche alla Cop 28 di Dubai, definendo “disgustosa”, la lettera con cui l’Opec ha cercato di ostacolare l’accordo finale del Vertice sul clima delle Nazioni Unite. Ha persino criticato la stessa von der Leyen sostenendo che la sua volontà di collaborare con l’estrema destra e di allentare l’impegno nei confronti dell’agenda green rappresentava “un atteggiamento di rassegnazione enormemente pernicioso” ed “enormemente dannoso per gli interessi europei”. Appare sempre più chiaro, dunque, che l’unico argine dentro l’aula del Parlamento Europeo alle politiche permissive e lascive sul climate change sia rappresentato dalla spagnola.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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