Dai conflitti nel RD Congo alle multinazionali occidentali: il rapporto degli avvocati che ‘inchioda’ le multinazionali 

Ad aprile di quest'anno, un gruppo di avvocati internazionali ha sollevato gravi preoccupazioni riguardo alla filiera di approvvigionamento di Apple, la rinomata multinazionale con sede in California, Stati Uniti, che produce sistemi operativi, smartphone e computer. Gli avvocati hanno suggerito che i minerali utilizzati da Apple per la produzione dei suoi dispositivi elettronici, sempre più sofisticati, potrebbero includere materiali provenienti da “minerali insanguinati”, così denominati a causa dei conflitti e dei saccheggi che da tempo affliggono il luogo da cui provengono: la Repubblica Democratica del Congo. Il gruppo legale, guidato da Robert Amsterdam di Amsterdam & Partners LLP (Washington D.C.) e William Bourdon di Bourdon & Associés (Parigi), non solo ha informato il CEO di Apple, Tim Cook, ma ha anche pubblicato un rapporto intitolato “Minerali insanguinati: riciclaggio di minerali 3T della RDC da parte del Ruanda e di enti privati”. La copertina scelta per il rapporto si presenta con una dichiarazione forte, che non lascia spazio a dubbi e fraintendimenti: “Tutti vedono i massacri nel Congo orientale. Ma tutti tacciono”, frase resa celebre grazie alle recenti proteste portate avanti dai calciatori congolesi. Robert Amsterdam, socio fondatore di Amsterdam & Partners LLP, ha affermato: “Anno dopo anno, Apple ha venduto tecnologia realizzata con minerali provenienti da una regione devastata da gravi violazioni dei diritti umani”. Ha inoltre sottolineato che le dichiarazioni di Apple riguardanti la verifica dell'origine dei minerali utilizzati non sembrano basarsi su prove concrete e verificabili. “Gli occhi del mondo sono ben chiusi: la produzione del Ruanda di minerali chiave 3T è vicina allo zero, eppure le grandi aziende tecnologiche affermano che i loro minerali provengono dal Ruanda”, ha dichiarato Amsterdam. 

Amsterdam & Partners LLP è stata incaricata di gestire contenziosi e negoziazioni internazionali per conto della RDC contro individui e società coinvolti nell'estrazione, fornitura e vendita di risorse naturali e minerali saccheggiati all’interno del paese. Le operazioni di estrazione illegale hanno causato gravi danni e sofferenze alla popolazione civile che vive nelle aree minerarie. Le numerose operazioni illegali, nel tempo, non solo hanno alimentato un tragico ciclo di violenza e conflitti, ma hanno favorito e finanziato anche le milizie e i diversi gruppi terroristici presenti in quelle aree, contribuendo al lavoro minorile forzato e alla devastazione ambientale. Nel settembre 2023, infatti, il Presidente della RDC, Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo, ha incontrato a Kinshasa gli avvocati di Amsterdam & Partners LLP, incaricati dal governo congolese di condurre indagini sulla catena di approvvigionamento dei minerali 3T (stagno, tungsteno e tantalio) esportati illegalmente dal territorio congolese. Osservatori internazionali - ha fatto sapere il gruppo di avvocati - hanno documentato numerosi schemi che provano l’esistenza di un vasto giro di riciclaggio di denaro attraverso il commercio illegale di minerali provenienti da zone di conflitto presenti nel Congo. È stato dimostrato come alcuni dei maggiori produttori di elettronica di consumo e aziende nei settori automobilistico, aeronautico e delle energie rinnovabili siano dipendenti da questi minerali.

Il rapporto “Minerali insanguinati”

Negli ultimi tre decenni, il Ruanda ha mantenuto una presenza militare nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), combattendo una guerra spietata che ha causato la morte di milioni di congolesi. Questo conflitto, noto come “Genocost”, è guidato da interessi economici legati allo sfruttamento dei minerali di sangue del Congo. “Negli ultimi tre anni - si legge nel rapporto scritto dai legali - i comandanti dell'esercito ruandese hanno diretto una guerra di aggressione condotta dall'M23, i cui membri hanno ucciso centinaia di civili e costretto più di 1 milione di persone ad abbandonare le proprie case nella provincia mineraria di Nord Kivu, ricca di minerali. In un rapporto di esperti presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel giugno 2023, gli investigatori hanno notato che l'M23 e i rinforzi delle Forze di Difesa del Ruanda (RDF) controllavano le principali strade di trasporto, comprese quelle che portano in Ruanda e Uganda. In questo contesto di guerra e di aggressione condotta per guadagni economici, il Ruanda è riuscito a riciclare grandi quantità di stagno, tungsteno, tantalio e oro dalla RDC. Nel marzo 2024, l'M23 e i suoi alleati RDF erano riusciti a circondare Goma, bloccando così una rotta commerciale essenziale che la RDC utilizza per spedire i suoi minerali all'estero, e stavano contrabbandando minerali in Ruanda, probabilmente attraverso il Parco Nazionale dei Virunga”. E ancora: “Nel 2021, i dati ufficiali degli Stati Uniti hanno mostrato che il Ruanda forniva il 15% dell'offerta globale di tantalio, un derivato del minerale di coltan, nonostante il Ruanda producesse solo modeste quantità di tantalio dalle proprie miniere, come dimostra questo rapporto. Inoltre, gli Stati Uniti acquistavano più tantalio dal Ruanda, il 36% delle sue importazioni totali rispetto al 7% dalla RDC. Il Ruanda - hanno sottolineato gli avvocati - ha utilizzato una rete internazionale di élite per aiutare a contrabbandare, vendere e trarre profitto dai minerali della RDC che vengono trasportati lungo rotte commerciali militarizzate. I team di grandi aziende tecnologiche come Apple, Intel, Sony, Motorola e Lockheed Martin sono stati informati che i minerali acquistati dal Ruanda sono stati contrabbandati dalla RDC, in un contesto di sfruttamento violento. Questi minerali non sono quindi né “conflitto-free” né legalmente acquisiti, eppure le aziende tecnologiche li utilizzano comunque per fabbricare i loro prodotti, dai laptop agli aerei”. 

Un sistema criminale ben oleato

Secondo il gruppo di avvocati internazionali, il commercio illegale di minerali 3T dalla RDC sarebbe strutturato come un vero e proprio crimine organizzato di tipo transnazionale. All’interno del rapporto, il gruppo di legali ha sottolineato che spesso le istituzioni internazionali chiudono un occhio su queste attività a causa dei legami stretti con diverse industrie tecnologiche, aerospaziali e automobilistiche. Secondo gli avvocati, i minerali 3T vengono trasportati dalle case commerciali locali ai porti di Mombasa e Dar es Salaam, per poi essere inviati ai raffinatori in Asia. Successivamente, numerose aziende occidentali e asiatiche utilizzerebbero questi minerali per produrre componenti per l'elettronica, per il settore aerospaziale e dell'automotive. Il settore che si occupa della conformità, nel tempo, è cresciuto in maniera considerevole, con organizzazioni come l'International Tin Supply Chain Initiative (ITSCI) che hanno il compito di garantire la tracciabilità dei minerali. Tuttavia, per il gruppo di avvocati internazionali, queste iniziative spesso falliscono, permettendo la certificazione di minerali contaminati da conflitti. 

“Il commercio illecito di minerali 3T della RDC lungo la catena di approvvigionamento globale è strutturato come un crimine organizzato che coinvolge gruppi di individui che operano a livello transnazionale con lo scopo di ottenere potere, influenza e guadagni commerciali. Questi gruppi spesso difendono e proteggono le loro attività attraverso la violenza e la corruzione. Nella regione dei Grandi Laghi in Africa, questo commercio illecito è continuato su vasta scala per molti anni nonostante la pretesa di misure di conformità internazionali sostenute dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), dai regolatori di mercato come la US Securities and Exchange Commission (SEC) e la sua controparte europea, l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). In gran parte - hanno ribadito i legali del gruppo guidato da Robert Amsterdam e William Bourdon - il Ruanda è stato sfacciatamente in grado di vendere minerali riciclati dal vicino RDC per anni perché le istituzioni e i regolatori internazionali sono stati catturati dall'industria. Le strette relazioni operative tra regolatori e le entità presenti nella catena di approvvigionamento globale dei minerali artigianali sono ora integrate e normalizzate, e quindi istituzionalizzate. Ciò significa che il commercio illegale di minerali è considerato legittimo, anche se la natura criminale persistente di questo commercio non è pubblicamente riconosciuta e adeguatamente affrontata”. - prosegue - “Un attore dell'industria che ha lavorato nel commercio di minerali artigianali nei Grandi Laghi per decenni, e che ha richiesto l'anonimato, ha detto che l'industria mineraria dipende da un ‘modello di interessi in conflitto che coinvolge grandi aziende dell'elettronica, dei settori aerospaziale, delle turbine terrestri, automobilistico e dei dispositivi medici, attraverso l'industria della conformità internazionale - dalla Responsible Minerals Initiative fino all'International Tin Supply Chain Initiative (ITSCI), che chiudono entrambi un occhio per avanzare e mantenere i propri interessi in conflitto’”.

Illeciti e complicità nel Sud Kivu

La ONG internazionale Global Witness ha scoperto che ITSCI e altre organizzazioni non monitorano adeguatamente i siti minerari, permettendo il commercio illegale di minerali. In molti casi, i minerali non provenienti da miniere validate vengono certificati come legittimi. In particolare, secondo Global Witness, diverse miniere presenti nel Sud Kivu, che contengono minerali 3T sono state validate come “verdi”, ovvero, estranee alla presenza di gruppi armati, minori e donne incinte. Tuttavia, le indagini condotte da Global Witness hanno rivelato che una grande quantità di minerali etichettati come provenienti da queste miniere, in realtà, proveniva da aree non validate. I dati raccolti mostrano una discrepanza significativa tra la produzione dichiarata dalle miniere validate e la quantità di minerali etichettati. Le miniere validate producevano meno di 5.400 kg al mese, mentre le statistiche governative mostravano oltre 27.600 kg al mese, suggerendo che la maggior parte dei minerali provenisse da miniere non validate. Inoltre, il gruppo di avvocati internazionali ha ribadito che le indagini condotte da Global Witness hanno rilevato anche “la presenza di bambini in diverse miniere nella catena di approvvigionamento ITSCI, inclusi Nyabibwe (miniera di Kalimbi), Bitale (miniera di Chigubi) e Numbi (miniera di Filon II). Global Witness ha inoltre ottenuto materiale video che mostra bambini nelle miniere nelle aree di Nyabibwe (miniera di Kalimbi) e Rubaya (miniera di Gakombe), così come nella miniera di Kamatale”.

Realizzazione grafica by Paolo Bassani

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