La relazione annuale di Uama: vendute munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e accessori. Triplicate le importazioni di armamenti, soprattutto a Ryad
Non basta che Israele sia al momento alla sbarra davanti alla corte internazionale di giustizia per genocidio. Non bastano le 32mila vittime palestinesi, o gli allarmi lanciati dalle organizzazioni Onu, sulla catastrofe umanitaria in corso a Gaza dovuto all’offensiva israeliana e al blocco degli aiuti.
E non basta nemmeno l’art.11 della Costituzione italiana nel quale, nel ripudiare la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, si disapprovano gli invii di armamenti in paesi in conflitto, come Israele.
Il governo di Giorgia Meloni non solo ha esportato armi a Israele, che dal 7 ottobre sta conducendo un’aggressione contro 2 milioni di palestinesi della Striscia di Gaza e un’operazione militare sull’orlo dell’escalation a Nord con il Libano, per 9,9 milioni - 2,1 dei quali dall’inizio dell’attacco alla Striscia (dati Istat), come riportato da Il Fatto Quotidiano - ma ha anche incrementato l’importazione di armamenti da Tel Aviv. “Una crescita importante”, scrive l’Unità per le autorizzazioni di materiale di armamento (Uama), nella Relazione annuale visionata da Il Fatto Quotidiano. Nel 2023 Israele ha inviato in Italia 31,5 milioni di euro in armi autorizzate, dei 46,3 milioni comprensivi di intermediazioni e oneri bancari, (settimo posto tra i Paesi di provenienza), dai 9,8 milioni inviati nel 2022.
Secondo l’Uama, l’Italia ha inviato munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e accessori; aeromobili, apparecchiature elettroniche e poi pezzi forgiati, pezzi fusi e semilavorati; apparecchiature e tecnologia per la produzione; software; tecnologia per sviluppo, produzione o utilizzazione. Mentre, per quanto concerne la merce militare importata, non ci sono specifiche né sulle tipologie, né sulle quantità. Sappiamo però che a richiedere più autorizzazioni all’import è la controllata italiana della tedesca Rheinmetall, Rwm Italia spa, con oltre 33 milioni di transazioni totali, seguita da Telespazio Spa che ha acquistato da Tel Aviv armamenti per 3,2 milioni circa, Leonardo Spa con oltre 2,7 milioni di euro di import, Elettronica Spa per poco più di 1 milione e mezzo, e poi a seguire le altre. Anche nel quadro degli ingressi di armi alle dogane, ritroviamo le due maggiori aziende militari riportate nelle tabelle dell’export: l’italiana Leonardo e la tedesca Rheinmetall.
Le armi italiane negli altri paesi
Nella relazione Uama si riporta un momento importante dell’export e import di merce militare da e per l’Italia. “Nel 2023 - si legge - il valore complessivo delle autorizzazioni per movimentazioni di materiali d’armamento è stato di circa 7,563 miliardi, dei quali 6,3 in uscita dall’Italia e 1,2 in entrata, esclusi i trasferimenti intracomunitari. Nello specifico si parla di un incremento del 24,4% del valore delle autorizzazioni individuali di esportazione. Non a caso, si fa notare che a crescere sono anche le licenze globali “strumento di semplificazione” (a proposito di rendere più blande le procedure della legge 185 del 1990 che regola l’attività dell’Uama, come proposto dal governo italiano. In tutto il valore di queste ultime è stato di 1,5 miliardi di euro. “Complessivamente - spiega ancora l’Autorità del ministero degli Esteri - si riscontra un incremento del valore delle autorizzazioni in uscita, che, dai 5,289 miliardi di euro del 2022, passano a 6,311 miliardi”, appunto.
A Riad, a cui l’Italia - causa guerra nello Yemen - aveva interrotto l’export di armi, ripreso da gennaio 2023, sono state vendute armi come non mai, con un exploit da far impallidire quasi la vendita all’Ucraina. L’Uama infatti ha autorizzato operazioni di export per 363,1 milioni. Erano stati 123,4 milioni nel 2022, 47,2 milioni nel 2021, per risalire a prima dell’embargo a 144,4 milioni, comunque un terzo delle vendite registrate l’anno scorso. Anche a Riad sono arrivati dall’Italia materiali come armi automatiche, munizioni; bombe, siluri, razzi, missili e accessori; esplosivi, oltre ad aeromobili, apparecchiature elettroniche ecc… L’Arabia Saudita sale così dal nono al quarto posto dei Paesi a cui arrivano gli armamenti italiani.
Tra i primi dieci paesi a cui vanno le armi italiane c’è l’Egitto, a cui sono state vendute armi per 37,6 milioni di euro dello stesso tipo richieste dall’Arabia Saudita. E Il Cairo è appena ottavo per importazioni, passando da 0 a 5,2 milioni di euro di autorizzazioni approvate nel 2023, scrive l’Uama.
Ad aumentare sono state anche le importazioni “da Turchia e Australia”. In chiusura, si segnalano i 156 milioni dell’export di armi (Aeromobil) all’Azerbaijan nell’anno della seconda guerra del Nagorno-Karabakh.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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