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Rimasto ucciso un soldato israeliano negli scontri con la resistenza palestinese. Ora gli abitanti dovranno ricostruire il campo come 20 anni fa

Dopo due giorni di combattimenti e bombardamenti nel campo profughi di Jenin, l’esercito israeliano si è ufficialmente ritirato perdendo anche un soldato finito ucciso da un ordigno palestinese. Centocinquanta i feriti. Il costo principale di questa operazione avviata da Israele, che avrebbe dovuto eliminare completamente le sacche di resistenza nella città, l’ha pagato la popolazione civile che era già uscita devastata per oltre la metà nel 2002 quando Israele aveva avviato un’altra operazione militare all’interno dei campi profughi palestinesi. In quell’occasione il campo profughi di Jenin ne uscì completamente distrutto. Ora gli abitanti dovranno nuovamente ricostruire tutto, dalle strade, alle case, alle infrastrutture finanche le tubature dell’acqua distrutti dalle ruspe israeliane. Dopo l’annuncio ufficiale arrivato questa mattina dal portavoce dell’Idf, Daniel Hagari, della fine dell’assedio parte della popolazione sfollata è ritornata alle proprie case.
Israele sostiene di aver raggiunto i suoi obiettivi: eliminare le sacche di resistenza nel campo e le loro infrastrutture. Ma le telecamere e le immagini che arrivano dal campo profughi testimoniano un attacco sistemico alle infrastrutture civili. Il ministro della Sanità palestinese, Mai Al-Kaila, ha confermato che il numero di vittime palestinesi è al momento pari a 13, sottolineando che 150 persone sono invece rimaste ferite di cui 30 in maniera molto grave. Questa mattina cinque razzi del gruppo palestinese Hamas sono stati lanciati dalla striscia di Gaza verso la zona sud di Israele, che in risposta ha colpito vari siti militari palestinesi. Il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha poi condannato l’operazione di Israele a Jenin affermando: “Israele ha fallito ed è stato sconfitto a Jenin”.

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