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Rinviata la deposizione di Oscar Camps: “Speriamo che la prossima volta si potrà introdurre il fattore umano che sembra non esistere”

Lo scorso venerdì 24 marzo si è tenuta la tanto attesa udienza del processo Open Arms che vedeva la deposizione del fondatore della Ong Oscar Camps. All'aula bunker Falcone e Borsellino di Palermo, che vede imputato Matteo Salvini con l'accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per i fatti accaduti nell'agosto del 2019, si sono scontrate in una battaglia senza fine gli squadroni di consulenti assunti da ambo i lati. Da una parte la difesa, che con i propri teste ha tentato di incentrare la propria strategia sulla legittimazione dei decreti in questione, utilizzati nell’agosto del 2019 per impedire ad Open Arms in un primo istante di entrare in acque Italiane ed in un secondo di attraccare ai porti Italiani per effettuare lo sbarco degli oltre 100 migranti a bordo. Dalla parte opposta parti civili e procura con tesi assolutamente contrastanti a quelle del team di Salvini.
Ad aprire l’udienza è stato il perito Giacomo Ludovico Bellomare che durante la sua testimonianza ha esposto le conversazioni che secondo la sua personale ricostruzione dei fatti sarebbero avvenute durante il primo salvataggio effettuato dalla Open Arms il 1° Agosto del 2019 nelle acque libiche, “ho una barchetta di legno” avrebbe sentito nelle telefonate oggetto delle sue perizie che rientrano all’interno delle prove del processo.
A seguire invece Stefano Oliva, la cui testimonianza, secondo alcuni, potrebbe ribaltare l’intero processo mentre secondo altri invece è incentrata nell’ambito sbagliato della vicenda. A detta dell’ufficiale della Marina Militare Italiana, che all’epoca dei fatti vestiva il ruolo di Comandante del sottomarino Venuti - che nella data dei salvataggi era a largo per l’operazione ‘Mare Sicuro’ e aveva “casualmente” incontrato l’imbarcazione di Open Arms - il salvataggio non fu casuale ma un’operazione d’appoggio alle strategie dei trafficanti di esseri umani.
Scenario che troverebbe riscontro nelle parole di Andrea Pellegrino, ufficiale della Marina Militare che nello spiegare il motivo per cui il sottomarino ‘Venuti’ osservò e registrò le operazioni di salvataggio senza intervenire ha dichiarato che “dalle informazioni ricevute non emergeva alcun segnale di pericolo”.


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Il ministro Matteo Salvini e il suo legale, Giulia Bongiorno © Imagoeconomica


Successivamente alla ricostruzione degli ufficiali è iniziata invece la battaglia tra i consulenti delle parti.
Dal lato della difesa Massimo Finelli e Maurizio Palmese secondo cui la ong era tenuta ad intervenire, ma limitandosi a prestare aiuto ai migranti, senza effettuare il trasbordo sulla loro imbarcazione. Secondo quanto ricostruito dai periti della difesa inoltre la nave di Open Arms avrebbe anche comunicato con i trafficanti, venendo così a conoscenza dell'imbarcazione in pericolo.
Ipotesi totalmente contrapposta a quella dei periti della procura Renato Magazzù e Dario Megna, secondo i quali, invece, il natante di 8/10 metri che si trovava a circa 80 miglia dalle coste italiane con a bordo 55 persone che avevano a disposizione meno di un metro quadro per persona non era in sicurezza e il salvataggio effettuato era necessario.
Testimonianze, quelle dei periti della procura, che combaciano pienamente con le dichiarazioni di Vittorio Alessandro - ammiraglio in congedo della guardia costiera, ex responsabile delle comunicazioni intervenuto a testimoniare come consulente di parte civile - che ha sottolineato: "Una barca di 10 metri con 55 persone a bordo già alla partenza è una barca in stato di pericolo conclamato”. L’ammiraglio ha espresso anche la sua opinione professionale secondo cui “nessun naufrago salvato doveva essere trattenuto per 20 giorni su una nave. Un naufrago deve essere riconosciuto e visitato. Open Arms nei giorni successivi ha chiesto più volte l’intervento per assistere naufraghi in precarie condizioni fisiche”.


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Oscar Camps, fondatore di Open Arms © ACFB


La deposizione di Oscar Camps
Un’udienza lunga e complicata, che però, come dichiarato da Oscar Camps - fondatore di Open Arms - si concentra sui tecnicismi tralasciando completamente il "fattore umano".
Se le parole di Pellegrino fanno presumere che l'imbarcazione con a bordo i migranti non necessitasse di essere soccorsa, quelle del collega Oliva invece fanno emergere un dato non noto a tutti, cioè che per l'operazione 'Mare Sicuro' a largo delle acque Libiche Open Arms non era sola, ma erano presenti anche altre imbarcazioni battenti bandiera Italiana, - una rifornitrice e altre due imbarcazioni che a differenza del sottomarino erano attrezzate per effettuare soccorsi - nessuna delle quali è però intervenuta nei salvataggi effettuati da Open Arms.
Un fatto non noto a tutti di non poca rilevanza, per cui il legale di Open Arms Arturo Salerni ha presentato un esposto alla Procura di Roma e alla Procura militare, per omissione di atti d'ufficio e per omissione di soccorso nei confronti dell'intero equipaggio (35 militari) del sommergibile 'Venuti'.
Una circostanza che pone nuovamente i riflettori sulle domande iniziali a cui questo processo non è ancora riuscito a dare una risposta, la disumanità a cui le persone deboli come i migranti vengono costretti dalla nostra classe costituisce reato per le corti Italiane o è un mero fatto a cui nessuna punizione consegue?
Il valore della vita di un migrante e del suo salvataggio è contemplato e richiesto dal nostro diritto o è tollerato?
Domande a cui non è stata lontanamente data una risposta nemmeno in questa udienza, ma che dovrebbero essere il filo conduttore dell'intero processo, che fino ad ora, con la ricostruzione dei fatti, non sta tenendo conto della dignità e dell'importanza delle vite salvate dalle imbarcazioni della ong Open Arms.
Abbiamo perso ancora una giornata, speriamo che la prossima volta si potrà introdurre il fattore umano che sembra non esistere. Perché si parla di imbarcazioni, se galleggiano o meno e non si parla della situazione di queste persone”, ha detto Oscar Camps che avrebbe dovuto essere sentito come testimone per introdurre quel fattore umano che fino a questo punto del processo è mancato. “Non si dice che molti di questi avevano bisogno di assistenza medica e tutti di assistenza psicologica: donne incinte, violentate, minori violentate, persone con ferite d’armi da fuoco, c’era qualsiasi tipo di trauma”, ha aggiunto. “Vediamo se la prossima volta potremo parlare della realtà e non dell’ingegneria”. La prossima udienza è stata rinviata al 21 aprile e sarà sentito il fondatore della Ong.

Foto di copertina © Imagoeconomica

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