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Secondo il rapporto rilasciato dalla Odni la guerra in Ucraina è un "evento tettonico"

Il rapporto annuale della intelligence ha destato le sfide strategiche che gli Stati Uniti dovranno affrontare nel corso dell’anno, prima tra tutte la Cina, che con la sua costante crescita nel campo della tecnologia militare, spionistica e cibernetica rappresenta sempre di più una minaccia alle basi statunitensi nella regione del Pacifico.
Secondo il rapporto rilasciato dalla Odni, l’ufficio della direttrice dell’intelligence nazionale, gli Stati Uniti dovranno affrontare 2 sfide strategiche quest’anno: una lotta in varie regioni del mondo contro potenze statali al fine di mantenere l’ordine globale, e dall’altro affrontare le future crisi climatiche, umane e sanitarie.
I competitors degli Stati Uniti presi in esame sono quattro: Cina, Russia, Iran e Corea del Nord.
Nel documento sono presenti anche approfondimenti su altre questioni transnazionali, ma il focus è dato principalmente sulla Cina perché si è riconfermata la potenza mondiale che più di tutte intacca gli interessi Usa, infatti seguendo le previsioni della intelligence, la Cina non fermerà i suoi sforzi per spingere Taiwan all’unificazione, cosa che per gli Stati Uniti “avrebbe effetti di vasta portata, tra cui l’interruzione delle catene di approvvigionamento globali per i chip semiconduttori”.
L’espansionismo Cinese, come specificato nel rapporto, è dettato dalla capacità di fondere sempre di più la potenza militare con quella economica, tecnologica e diplomatica, inoltre è dalla Cina che partono importanti catene di rifornimento globali, comprendenti materiali atti alla realizzazione di microchip, minerali, batterie, pannelli solari e prodotti farmaceutici.
I missili cinesi a corto e medio raggio, congiuntamente ad altri sistemi d’arma convenzionali rappresentano, per le basi Usa nella regione, un rischio sempre maggiore, perché le capacità tecnologiche cinesi stanno aumentando sempre di più, a tal punto che entro il 2030 la Cina potrebbe essere la capofila in quasi tutti gli ambiti tecnologici, incluso quello spaziale.
Il rapporto sottolinea quindi come la Cina rappresenti oggigiorno “la più ampia, attiva e persistente minaccia di spionaggio informatico per gli Stati Uniti” e che sta espandendo la sua intelligence globale e la sua azione di “influenza occulta”, anche per influenzare il dibattito pubblico statunitense.

Questione Russia
Il capitolo dedicato alla Russia si sofferma, invece, sull’invasione dell’Ucraina avvenuta l’anno scorso, e la paragona ad un “evento tettonico” perché, dopo lo scoppio delle ostilità, gli equilibri mondiali tra Russia, occidente e Cina si sono rimodellati, portando il rischio di un'escalation a livelli molto più alti, specialmente se la Russia non dovesse raggiungere gli obiettivi che si è posta in Ucraina ed i “fallimenti militari” dovessero “colpire la posizione interna del presidente Vladimir Putin”.
L’intelligence USA ha motivo di credere che la guerra in Ucraina non abbia prodotto gli effetti sperati da Putin, e che il logoramento militare, conseguenza del conflitto, richiede da parte della Russia uno sforzo enorme per ricostruire una forza militare “capace di rappresentare una minaccia militare convenzionale alla sicurezza europea e di operare in modo assertivo in Eurasia e sulla scena globale”.
Quindi, secondo il rapporto, la Russia avrebbe tutte le intenzioni di non entrare in un conflitto militare  diretto con le forze USA e NATO, ma questo non esclude che ciò non possa accadere per via delle sopra citate ragioni.
Mosca dipenderà sempre di più su attacchi informatici e minacce nucleari per l’ottenimento dei suoi obiettivi, ma resterà comunque un competitor di pari grado nell’ambito spaziale.

Iran e Corea
Le altre 2 nazioni prese in esame sono l’Iran e la Corea del Nord: la prima minaccia gli interessi statunitensi in medio oriente e rappresenta un vero e proprio avversario per Israele, oltre che una fonte di instabilità in tutta la regione, mentre la seconda continua ad intraprendere la strada dello sviluppo di testate atomiche per reclamare lo status di potenza nucleare.
Il programma nucleare iraniano, sebbene sia accelerato sempre di più da parte di Teheran, secondo l’intelligence “non sta attualmente intraprendendo le attività chiave per lo sviluppo di armi nucleari che sarebbero necessarie per produrre un ordigno nucleare testabile”; cosa che potrebbe cambiare dopo una eventuale revoca alle sanzioni all’Iran, dando a Teheran la capacità di arricchire l'Uranio al 90%.
Situazione ben diversa per la Corea del Nord, dove un test nucleare è ritenuto probabile a seguito degli sviluppi nordcoreani nell’ambito dei vettori balistici e dell’aumentare della tensione tra Pyongyang, Seul e Washington.
Secondo il rapporto Kim Jong-un starebbe sviluppando missili con testate nucleari per “stabilire un dominio strategico sulle forze della Corea del Sud e degli Stati Uniti nella regione”, confidando sulla ipotesi che tali armi possano rappresentare una garanzia per mantenere il suo potere e quindi far sì che la comunità internazionale riconosca il suo paese come una potenza nucleare, ragion per cui l'intelligence statunitense afferma che il Nord Corea non ha alcuna intenzione di abbandonare questo tipo di programmi di sviluppo nucleare.

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