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Tra Congo e Onu rapporti sempre più tesi. Al portavoce della missione “Monusco” la richiesta di lasciare il territorio

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, UNHCR, ha chiesto che alla Repubblica Democratica del Congo sia destinata la stessa attenzione e la stessa compassione riservata per l’Ucraina. D’altronde, con oltre mezzo milione di rifugiati e un milione di persone che negli ultimi sei mesi hanno lasciato le loro case per fuggire alle violenze perpetrate dai gruppi armati nell’est del paese, quella del Congo, rimane una delle crisi umanitarie più delicate e nefaste con la quale soprattutto i paesi occidentali dovrebbero fare i conti. “Mentre gli aiuti internazionali – ha precisato l’Agenzia dell’Onu - si concentrano su alcune crisi mondiali come quelle in Siria, Afghanistan e, ora l’Ucraina, altre emergenze, molte in Africa, non sono riuscite ad attirare gli stessi livelli di attenzione, supporto e risorse”.

Purtroppo, l'82% degli sfollati sul territorio congolese non potrà ricevere alcuna forma di assistenza adeguata. “Le donne – sottolinea l’Onu - saranno costrette a dormire nelle chiese, nelle scuole e negli stadi, sotto le stelle, o torneranno nelle loro case nonostante il rischio di essere rapite dai gruppi armati”. Per questo motivo l'UNHCR ha rivolto un appello alla comunità internazionale per “agire ora a sostegno di chi ha un disperato bisogno di aiuto”.

Infatti, se da un lato continuano le violenze e gli omicidi attraverso l’uso di maceti e armi da fuoco nei vari territori di Djougou nella provincia di Ituri, di Fizi e Mwenga nella provincia del Sud Kivu, e nei territori di Masisi e Rutshuru nella provincia del Nord Kivu; dall'altro, l’aumento inarrestabile dei prezzi su cibo e carburante sta peggiorando ulteriormente una crisi umanitaria evidentemente considerata di “serie b”.

Intanto, i rapporti tra la Repubblica Democratica del Congo e l’Onu, presente sul territorio congolese da oltre vent'anni con la missione Monusco, sono sempre più tesi. Il ministro degli Esteri Christophe Lutundula ha chiesto che “il portavoce della Monusco Mathias Gillmann lasci il territorio congolese il prima possibile - prosegue -. La presenza di questo funzionario sul territorio nazionale non favorisce un clima di reciproca fiducia e di serenità così indispensabile tra le istituzioni congolesi e la Monusco”.

Tra i fattori che più di altri hanno favorito le dissonanze tra il Congo e le Nazioni Unite, le dichiarazioni dello stesso Gillmann che, riferendosi alle incursioni del gruppo ribelle Movimento 23 Marzo (M23), tramite Radio France Internationale ha dichiarato: “Monusco non dispone di mezzi militari adeguati a far fronte al gruppo armato M23”.

L’incapacità di Monusco, prima che da Gillmann, è stata notata anche dalle popolazioni locali che più volte hanno espresso riluttanza verso i caschi blu, da anni presenti sui loro territori. Difatti, spesso, l’inettitudine della Monusco ha favorito indirettamente la nascita di ulteriori violenze ai danni di popolazioni già tristemente segnate da fame e povertà. Dal 25 luglio diversi manifestanti hanno assaltato le strutture della missione Onu attraverso episodi di violenza in cui, purtroppo, hanno perso la vita quattro caschi blu a Butembo e 32 manifestanti tra Goma, Butembo, Kanyabaonga (Nord Kivu) e Uvira (Sud Kivu).

Inevitabilmente, pensando al Congo, - ha sottolineato Silvia Rocchi di RaiNews24 - va ricordato anche l'impegno profuso dall’ambasciatore italiano Luca Attanasio, ucciso il 22 febbraio del 2021 insieme al Carabiniere Vittorio Iacovacci, mentre si impegnava attivamente contro le varie crisi sociali e umanitarie che ogni giorno mettono in ginocchio il popolo africano; un impegno, quello di Attanasio, sfociato nel 2020 nel Premio Internazionale Nassiriya per la Pace.

Foto: it.depositphotos.com

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