Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

La Gran Bretagna continua ad essere colonizzatrice

Il 14 aprile è stato siglato l’accordo di partenariato di deportazione dei migranti verso il Ruanda: la ministra degli Interni britannica, Priti Patel, e il ministro degli Affari Esteri del Ruanda, Vincent Biruta, hanno ufficializzato un piano in base al quale le persone irregolari che, a partire dal 1° gennaio 2022, sono arrivate nel Regno Unito potranno essere inviate in Ruanda per elaborare la propria richiesta di asilo con il fine di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato.
Nell’eventuale caso a una persona non venga riconosciuto tale status, scatta la procedura di "rimpatrio" verso il Paese di origine o in un altro Paese in cui hanno il diritto di risiedere.
Il governo londinese ha definito il patto come "la prima grande partnership mondiale per contrastare le crisi migratorie globali".
L’espressione usata e in particolare l’aggettivo “mondiale” non è casuale: è ipocrita nell’accordo parlare di logica anti-trafficante e umanitaria. Dal momento in cui sulla pelle di persone che scappano da condizioni di vita misere e disumane, i governi studiano a tavolino delle tattiche per allontanare, marginalizzare e contrastare il fenomeno migratorio.
Le dinamiche prevedono il pagamento di un’ingente somma (120 milioni di sterline) che la Gran Bretagna pagherà al Ruanda con lo scopo di “finanziare opportunità per ruandesi e migranti”, tra cui istruzione e formazione professionale.
Inoltre, il primo ministro Boris Johnson ha evidenziato l’intenzione di affidare alla marina militare britannica (Royal Navy) la totale gestione e il pattugliamento della Border Force nel Canale della Manica per controllare i movimenti, fermare gli sbarchi e perseguire gli immigrati irregolari, aggiungendo che chiunque piloti le barche verrà punito con l’ergastolo.
Ora chi tenta di raggiungere le coste britanniche dalla Francia, attraversando il canale della Manica, rischia di essere deportato a 10 mila chilometri di distanza da Londra.
L’obiettivo del ricatto alla base dell’accordo è di scoraggiare l'attraversamento della Manica per raggiungere le coste britanniche, vista la negazione per i rifugiati di rivendicare il diritto di asilo in conformità con le normative internazionali.
Non si tratta di un semplice “rimpatrio” — retorica scelta ufficialmente dall’Unione europea per rinviare i migranti nei paesi di origine — ma di una logica di deportazione indiscriminata per “risolvere” il problema degli arrivi dalle coste francesi: l’anno scorso, più di 28 mila migranti hanno attraversato la Manica dalla Francia al Regno Unito su piccole imbarcazioni e almeno 44 persone sono morte o scomparse nel corso della traversata.
La logica di fondo messa in atto dal Regno Unito si incastra perfettamente tra l’evidente tradizione neocoloniale che disciplina le relazioni tra Nord e Sud del mondo e la misera intenzione di scaricare su un Paese in difficoltà e vittima delle oppressioni messe in atto dall’Occidente (quindi dal Regno Unito stesso) le responsabilità internazionali sul diritto di asilo.
La strategia adottata prende il nome di "offshore processing" e consiste nell’attuazione di un controverso dislocamento fisico e materiale, in altre parti del mondo, dell'elaborazione delle procedure d'asilo e delle conseguenti responsabilità. Tutto ciò entra in pieno contrasto con le norme stabilite dal diritto internazionale in materia di diritti umani, diritti dei rifugiati e richiedenti asilo e protezione umanitaria.
E’ evidente come la deplorevole decisione, rappresenti la peggiore manifestazione del razzismo sistematico e istituzionalizzato nei confronti di migranti provenienti da parti del mondo che in tutti i modi si cerca di lasciare al di fuori dei confini europei e più in generale occidentali.
Difatti la Gran Bretagna non costituisce il primo caso di questo tipo, anzi ha ripreso il “modello australiano” e lo ha importato, facendo da “esempio” ai paesi Europei.
L’ONG Human Rights Watch ha denunciato il noto caso di gestione della migrazione australiano da cui l’UK prende esempio perchè “Il regime di detenzione offshore dell’Australia a Nauru e Manus Island, in Papua Nuova Guinea, ha causato più di otto anni di immense sofferenze umane. Dodici persone sono morte dall’inizio della politica nel 2013. Uomini, donne e bambini hanno subito trattamenti disumani e negligenza medica, e anni di detenzione a tempo indeterminato che hanno portato a suicidi e un’epidemia di autolesionismo. Anche i costi erano esorbitanti. La detenzione di un solo richiedente asilo in Papua Nuova Guinea o Nauru è costata circa 3,4 milioni di dollari australiani”.
In tutto ciò Boris Johnson ha definito il Ruanda come “uno dei paesi più sicuri del mondo.” E ha aggiunto che i migranti in arrivo nel Regno Unito saranno ospitati in centri di accoglienza.
Ma sulla base delle denunce mosse dal Parlamento europeo e da organizzazioni come Amnesty international e Human Rights Watch il Ruanda è un Paese noto per la costante mancanza di rispetto dei diritti umani.
È così che la maschera indossata da uno Stato del Commonwealth definito come “campione dei diritti umani” crolla rivelando l’ipocrisia e la falsità di un Paese. Nel momento in cui la ministra Priti Patel, che ha istituito un accordo estremamente discriminatorio, ha tra le mani anche la responsabilità di prendere l’importantissima decisione sul caso di estradizione del giornalista Julian Assange, portavoce ed esempio della libertà di stampa, rivelatore dei numerosi crimini di guerra degli Stati Uniti d’America.
In Italia invece le reazioni di alcuni politici di destra, che hanno applaudito al progetto e hanno mostrato come parte della politica sia pronta ad aumentare la sua chiusura nei confonti dei migranti. E allo stesso tempo queste dichiarazioni hanno smascherato la falsità dei rappresentanti di uno Stato xenofobo, che altro non ha fatto se non cogliere l’occasione per rilanciare l’aberrante iniziativa. Su un post Facebook Giorgia Meloni ha espresso: «L'annuncio del premier conservatore Boris Johnson smentisce ancora una volta la bugia della sinistra secondo la quale l'immigrazione illegale sarebbe impossibile da fermare. Come sempre sostenuto da Fratelli d'Italia, bloccare le partenze e l'immigrazione clandestina è possibile: basta solo volerlo. Lo capiranno mai Lamorgese e company?». E al tema non si è sottratto il leader della Lega, Matteo Salvini che subito ha ripreso la notizia esclamando: «Chi lo spiega alla dormiente Lamorgese?».
Dichiarazioni che mostrano in primo piano la ferma volontà della destra di continuare la battaglia all’immigrazione, affrontandola però dal lato errato.
Alle prevedibili dichiarazioni propagandistiche della destra Italiana si aggiunge la classica farsa dell’indignazione di alcune fazioni della “sinistra” politica del nostro Paese che si sono limitate a condannare la scelta politica di Boris Johnson, scordandosi però che l’Italia continua imperterrita a finanziare territori in cui la morte e le torture dilagano come la Libia e ad addestrare l’illegale guardia costiera libica per bloccare i migranti tenendoli lontano dalle nostre coste, nonostante la conseguenza di tutto ciò sia il chiaro aumento di morti e di violenze in Libia e in mare, tutto ciò non assumendosi le responsabilità per tali crimini.
È nota ormai l’ipocrisia europea, che di fatto si auto-promuove paladina dei diritti umani e attuatrice dei principi universali di accoglienza e protezione ma che nei momenti di reale azione, manifesta il proprio razzismo di fondo.
Le azioni continuano infatti a mostrare che si tratta di ennesime mosse crudeli, immorali e impraticabili, messe in atto solamente per rendere inaccessibili ai migranti, provenienti dal continente africano, i programmi di asilo politico e protezione umanitaria. 

Foto: it.depositphotos.com

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos