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Quella malattia che non potevi più allontanare dalla tua preziosa vita, preziosa per l'umanità, soprattutto per l'America Latina e per i suoi popoli - che oggi vorticano su di loro, travolgenti, potenti di colore, forma e capelli diversi -; oggi penso a te con profonda nostalgia, perché tu hai segnato diverse generazioni con le tue idee, le tue azioni, i tuoi scritti, le tue parole, la tua poesia, i tuoi disegni, la tua simpatia, la tua energia e il tuo grande dono della narrativa, che ha fatto il giro del mondo e di cui adesso sentiamo la mancanza, perché - egoisticamente parlando - ci sarebbe molto utile, in un’America Latina che continua ad avere le vene aperte.
La barca di Caronte non ha più aspettato e ti ha portato via da noi, ma, anche così - con le tue ceneri sparse nell'aria, spinte dal vento per compiere viaggi eterni, seminando vita, speranze e rivoluzioni – ai confini del pianeta, ogni tuo pensiero è e sarà trascendentale, carico sempre di sensibilità, perché sei stato e sarai sempre, un senti-pensante, un altro di quelli che sono già tra noi. 
La tua dipartita fisica, avvenuta sette anni fa, non è stata affatto una partenza definitiva, tanto meno l'assenza del tuo essere interiore, ma semplicemente, un “ci vediamo presto” perché la tua militanza è presente, e viva, come prova tangibile che i tuoi pensieri e la tua lotta, come uomo di questo tempo, sono stati e sono piena azione, sostenuti da valori universali, che non hanno mai conosciuto barriere e restrizioni, nonostante i potenti di turno abbiano seminato odio e vibrazioni negative verso di te e le tue idee, per loro in totale disarmonia con la libertà, la giustizia e l'amore per la vita, poiché appartengono alla casta della morte e dell'impero.  
Non hai bisogno né di riconoscimenti né di lodi per la tua persona, né per tutto ciò che hai sempre trasmesso, denunciando l'oppressore e il dittatore, perché le tue parole e le tue riflessioni saranno sempre presenti, nell'anima di questi popoli che ti hanno compreso e che hanno seminato in te, già dall'infanzia, nell’adolescenza e in gioventù, idee che oggi devono fortificarsi ancora di più, seguendo i tuoi passi e la tua linea.
La linea di uno scrittore e giornalista di gran talento, che mai, (né sotto la dittatura militare nella tua terra nativa Uruguay, né con le minacce di morte della Triple A, in Argentina, quando scrivevi per la rivista Crisis, per fare solo qualche esempio dei tuoi momenti di solitudine per amore della Verità), si è lasciato sottomettere dagli autoritarismi, o dalle ipocrisie del circolo degli intellettuali d’élite, che non hanno mai simpatizzato con te, nemmeno lontanamente, perché tu eri sempre una cosa sola con i popoli del mondo, ancora di più con i sudamericani, e mai ai margini delle comunità umane.
Tu in persona eri un esempio vivente di creatività e della scarsa autenticità di oggi, per essere liberi. Sei stato l'instancabile artefice di una combattiva opera giornalistica e umana e ideatore di utopie “che sono all’orizzonte” e che ci servono per continuare a camminare, come dicevi tu con insistenza che: “Dopo tutto, siamo ciò che facciamo per cambiare ciò che siamo” e che “la violenza genera violenza, si sa bene. Tuttavia, genera anche guadagni per l’industria della violenza, che la vende come spettacolo e la trasforma in oggetto di consumo”.
Tanto ricca è stata la tua opera letteraria quanto la tua opera umanizzante in un mondo in cui, secondo le tue stesse parole, “L’automobile, la TV, il videoregistratore, il personal computer, il telefono cellulare e tutte le altre password della felicità, macchine nate per ‘guadagnare tempo’ o per ‘passare il tempo’, si appropriano del tempo”.
Una volta hai detto: “Chi non è prigioniero della necessità, è prigioniero della paura: alcuni non dormono per l’ansia delle cose che non hanno, altri non dormono per il panico di perdere le cose che hanno”, e in un’altra occasione, parlando del sole e del crepuscolo, hai detto che “sarebbe un'ingiustizia morire e non vederlo più”, ma, inoltre hai aggiunto, chissà in quale luogo e a che ora: “quando lo Stato si appropria della principale ricchezza di un paese viene da chiedersi chi è il padrone dello Stato” oppure “Se sono caduto è perché stavo camminando. E vale la pena camminare, anche se cadi”. 
Abbiamo parlato spesso nei corridoi del canale televisivo dove io lavoravo, quando tu eri presente, per parlare al mondo insieme all’altrettanto ineguagliabile (come te), Omar Gutiérrez. La nostra “amicizia” si limitava a quei fugaci momenti, per me splendidi (ed indimenticabili), che non ho mai voluto condizionare né limitare per adempiere ai miei compiti di lavoratore della stampa, ammiratore quale ero delle tue idee e delle tue coraggiose espressioni e visioni dell'uomo, del pianeta e della lotta per trovare l’“uomo nuovo”.
Non di rado ricordo con nostalgia quegli incontri e spesso ti evoco, ti nomino, ti menziono, e ti ammiro ancora, spezzando, con i tuoi aneddoti e le  innumerevoli citazioni presenti nei tuoi scritti, disponibili per tutti e nella mia biblioteca, la routine dei miei colleghi, delle redazioni di Antimafia sudamericana e italiana o la routine dei giovani di Our Voice che continuano a ispirarsi al tuo libro “Le vene aperte dell'America Latina”, ancora oggi un manuale giornalistico per comprendere, mediante ogni capitolo, che la lotta per una America Latina libera continua ancora oggi, più forte di ieri. Più accentuata e più forte perché il fascismo, il nazismo, il capitalismo, il neoliberalismo, le false democrazie, le giustizie che sono legalmente ingiustizie, il maschilismo recalcitrante, il razzismo, i sistemi politici distruttori di speranze e che rendono omaggio alle corruzioni, le ingiustizie sociali, le condanne ancora in sospeso per coloro che hanno torturato e falciato vite durante le dittature militari, le impunità, in ogni loro più inimmaginabile espressione nei governi democratici e le criminalità più detestabile, funzionali ai sistemi politici assopiti e sedotti dalle culture mafiose transnazionali più sottili dilagano sempre più, moltiplicandosi come funghi, per fare dell'uomo un essere spregevole che oggi non esita un istante nel mangiarsi il prossimo, glorificandosi in un individualismo e in un egoismo estremi che insieme sono condizione essenziale per sopravvivere, consumandosi tutto, ingozzandosi, letteralmente in onore del denaro, il valore assoluto più agognato dei nostri giorni.
“Siamo nella piena cultura del contenitore. Il contratto di matrimonio conta più dell’amore, il funerale più del morto, gli abiti più del corpo e la messa più di Dio”, hai detto tante volte.
Quindi, Eduardo, visto che siamo in piena cultura del contenitore, per tutte le volte che ci hai parlato attraverso i tuoi libri, nelle radio e nelle  televisioni di tutto il mondo, portavoce come eri dei dimenticati, dei calpestati e dei desaparecidos, i cui resti cercano ancora le madri dell' Uruguay, dell'Argentina e d'altrove, e anche di noi, che ci crediamo esperti di tutto quando in realtà non sappiamo niente, ti dico, sette anni dopo, come sicuramente ti direbbero molti altri: "Quanto avremmo bisogno delle tue forti parole sulla libertà e la giustizia, dirette, come solo tu sapevi dire, al potente, al mafioso, al seduttore di uomini, all'imbroglione di anime, al superbo, al fascista, al maschilista, al violentatore di vite e all'uomo senza sensibilità per il prossimo!
Eduardo! Quanto faresti tremare oggi agli assassini della vita!".

Foto di copertina: flickr.com

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