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Ricordo di un genocidio e di un attentato alla libertà

In un giorno come quello di oggi, ma del 1831 (un 11 aprile), un popolo fu convocato ad un macabro incontro. Madri con i loro figli, uomini, capi guerrieri che avevano difeso la loro terra nativa, furono chiamati a incontrarsi con i loro fratelli di battaglia. Avevano combattuto al fianco di uomini di pelle bianca, discendenti dei conquistatori, per diventare indipendenti da quel dominio schiacciante che proveniva dalla Spagna.
La conquista non fu un incontro di culture, bensì uno scontro di culture in cui i nuovi arrivati volevano appropriarsi di tutto, diventare loro i legittimi padroni, e stabilire il proprio regno.
Ma trovarono in questo pezzetto di terra un popolo coraggioso, indomabile, che non accettava altra forma di vivere, che non fosse la libertà. Libertà di spostarsi in tutto il territorio, condividere con altre tribù, ma senza erigere recinti o frontiere.
I charrúa: sì i Charrúa, che lo storico Maggi con sorpresa scoprì - frutto delle sue stesse ricerche- che erano il popolo protetto da Artigas, e facevano parte della Leggenda Nera di Artigas. Nessuno ne parla spesso del fatto che il nostro eroe della patria, (Artigas), aveva convissuto con i charrúa per 10 anni, un fatto di cui non si parla molto nemmeno nelle scuole. Una parte della storia che forse non conviene molto alla “storia ufficiale” raccontata da chi, quel fatidico 11 aprile, diede appuntamento a questo popolo originario proprio a Salsipuedes, nel dipartimento di Tacuarembó, dove un bivio formato da due fiumi sarebbe diventato una trappola mortale.
I charrúa furono convocati dal presidente dell’Uruguay, Fructuoso Rivera. Dopo averli invitati a deporre le armi e a bere alcool, aspettarono pazientemente che l’alcool facesse il suo effetto per sferrare contro di loro l’attacco più cruento. L’obbiettivo era lo sterminio.  
La domanda che sorge spontanea è: Perché? Perché tanta crudeltà? Perché tanta paura di questo popolo? Perché?
La scusa era che i charrúas erano dei vandali che avevano spaventato la popolazione rurale.
Forse parte della risposta la possiamo trovare andando indietro di alcuni anni, quando i charrùa accompagnarono l'esodo del popolo orientale, inclusa la loro protezione, contro il potere portoghese, e facendo parte della coesione sociale che si sarebbe formata durante lo stesso, tra i neri, i creoli e il popolo charrùa. Diversi popoli si unirono tra loro di fronte all'avversità. Ma i charrùa non avrebbero accettato nuovi dominatori, e questo potrebbe essere il vero motivo per aver auspicato la loro scomparsa.
Nel libro “Il Potere Charrùa”, l'autore J.A. Hunter, racconta di come lo spirito charrùa sia sopravvissuto fino ai nostri giorni, nonostante quel massacro, quel genocidio.
Le donne charrùa, furono quelle che allevarono molti dei figli delle donne bianche, che non si adattavano facilmente a vivere lontano dalle città; ebbero anche figli propri con i discendenti degli spagnoli, trasmettendo loro valori tanto importanti come quello della parola data, liberi da contratti scritti, tipici della diffidenza della cultura conquistatrice. E, sicuramente, trasmisero anche l'amore per la terra, per la libertà, per la difesa di quei valori che a volte vengono definiti come la ‘garra charrúa’ (tenacia charrùa), senza specificarne o definirne il significato che comprendiamo solo interiormente.
Ci furono sopravvissuti: alcuni capi tribù indiani non si fidarono di quell'invito, e alcune donne sopravvissute alla battaglia, racconta lo storico Gonzalo Abella, furono portate a Montevideo, insieme ai loro piccoli, a piedi, senza alcuna pietà, come fossero animali. E i loro pianti, quando venivano separate dai loro figli, erano così strazianti, che spaventarono le donne dell'alta società, che non riuscivano a sopportarlo e sollecitarono Rivera per farle riunire nuovamente con i loro figli. Le grida non si sentirono più e non si sa se le donne furono espulse dalla città o uccise. Quel che è certo, è che era necessario separare i bambini dalle loro madri, affinché si perdesse quella cosmovisione così diversa; in modo che la lingua andasse perduta, e persino i nomi.
Quello era il suo spirito, pieno di amore per la vita, indomito di fronte all'evangelizzazione armata, nonostante vi fossero charrúa cristiani.
Nonostante quel massacro, la sua impronta culturale, morale e spirituale persiste. È presente.

Foto di copertina: elmuertoquehabla.blogspot.com

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