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La notte del 24 febbraio, nella colonia Libertad del Municipio Empalme, nello stato settentrionale di Sonora, all’interno di una palestra, si sono sentiti all’improvviso degli spari di arma da fuoco. Subito dopo sul pavimento, viene rinvenuto, in mezzo ad otto bossoli di pistola automatica 9 mm, il corpo - ormai senza vita - del giornalista Jorge Luis Camero Zazueta, di 28 anni, soprannominato tra i colleghi di lavoro come "Il Choche". Il killer si è dato subito alla fuga. Il tutto è avvenuto in pochi secondi, ovviamente per mano di un professionista della morte.
È questa la sesta vittima - della famiglia giornalistica messicana - dall’inizio dell’anno. Scioccante e terribile.  È il sesto giornalista di questo paese che muore sotto gli spari di sicari al soldo di potenti che vedono nel giornalismo uno dei loro principali nemici, perché il lavoro di ogni operatore della stampa diventa un ostacolo per i loro affari. Affari sempre diretti all’accumulo di capitali, influenzati e spesso in connivenza con gli apparati pubblici ed in alcuni casi con i servizi di sicurezza, vale a dire, con l'apparato statale. Ecco quindi che si rende indispensabile "cancellare" dalla mappa uomini e donne che hanno il compito di denunciare pubblicamente corruzioni, vandalismi, saccheggi, crimini o legami stretti principalmente con il narcotraffico.
In questo caso, secondo le informazioni provenienti dal Messico, Jorge Camero era il direttore del portale di notizie "El Informativo", e fino a poco tempo fa era segretario personale del sindaco del Municipio di Empalme. È stato riferito in Messico che giorni prima Camero aveva sollecitato una licenza nel municipio essendo che le autorità avevano aperto un’indagine nei suoi confronti dopo che era circolato nelle reti un video che lo legava a una struttura criminale.
La questione è che i fatti si sono succeduti vertiginosamente. I suoi collaboratori considerano che il video sia altamente contestabile e che, in realtà, sia stato ucciso per farlo tacere, perché sicuramente Camero era in possesso di importanti informazioni, riguardanti proprio quella struttura criminale. Tra le ipotesi ci sarebbe che lui stesso in realtà stava investigando su di essa, e che quindi non ne faceva parte. Ovviamente la sua morte ha chiuso ogni possibilità di indagine da parte di Camero, e il dubbio sul suo legame o meno con la criminalità resta nello stato di Sonora.
Ci saranno ulteriori indagini, ma prende sempre più corpo l'idea che il mortale attentato abbia molto a che vedere con la sua professione, mentre perde credibilità l'idea che Camero fosse legato ad organizzazioni criminali, le stesse che sicuramente hanno elaborato quel video, con la sola intenzione di diffamarlo e di distruggerlo civilmente per poi togliergli la vita giovedì scorso, quando il giornalista stava per uscire dalla palestra che frequentava.
Ci troviamo di nuovo di fronte al triste compito di dare voce ad una di quelle notizie che provocano dolore e rabbia, come abbiamo già detto in altre occasioni. Il terribile flagello della violenza senza limiti contro uomini della stampa sta colpendo sempre di più ogni giorno nella società messicana, trasformandosi in una sfida allo Stato, ed al suo presidente Manuel López Obrador, che ripetutamente fa promesse di investigazioni, negando che ci sia impunità,  anche se la realtà dimostra il contrario.  
Le statistiche ci fanno tremare di impotenza e indignazione. Sotto l'amministrazione López Obrador, dal 2018, sono stati assassinati circa 30 lavoratori - di entrambi i sessi - in differenti zone del Messico.
Dall’inizio del 2022, oltre a Jorge Luis Camero, ci sono cinque caduti nel ruolo di giornalisti: Heber López, Lourdes Maldonado, José Luis Gamboa, Margarito Martínez e Robert Toledo (non sono menzionati secondo l’ordine cronologico degli attentati). In alcuni di questi casi, le investigazioni hanno portato all’arresto di alcune persone ora sotto indagine, senza giungere ancora a condanne o formalizzazioni specifiche a livello di Procura. D'altra parte, dobbiamo aggiungere a questo elenco di sei vittime, un’altra non considerata nella lista di giornalisti. Si tratta della conduttrice e modella Anahí Michelle Pérez Simón, più conosciuta come Michelle Simón, il cui omicidio si ipotizza si tratti più di un femminicidio e non legato alla sua professione. 
Proseguiamo, dolorosamente, nel nostro compito di informare su questi morti violente avvenute nell'ambiente della stampa, che, non perché sono stati commessi in altri territori ci risultino estranei. Al contrario, ci irrita dover dare queste notizie. Ci distrugge.
Nonostante la distanza un grande dolore opprime il nostro cuore e sentiamo forte la sete di denuncia e di giustizia, ed il forte impegno di lottare - seppure lontano dalle terre messicane - affinché tutte queste morti non siano abbracciate dall'impunità.
Di questo ci stiamo occupando.

Foto di copertina: redes sociales/Aristegui Noticias

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