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Viceministro degli Esteri russo Alexander Grushko: “La Russia adotterà tutte le misure necessarie per respingere la minaccia con mezzi militari se non funzionasse con mezzi politici”

“Il comportamento degli Stati Uniti e della NATO durante i colloqui sulle garanzie di sicurezza con la Russia a Ginevra e a Bruxelles ha portato il mondo più vicino all'orlo della guerra nucleare e ulteriori consultazioni possono essere utili solo nel caso in cui l'Occidente cambi i suoi approcci".
Sono queste le amare considerazioni rilasciate da Richard Black, rappresentante dello Schiller Institute di New York, all’agenzia di stampa russa TASS.
L’ultima trattativa per prevenire una potenziale imminente guerra in Europa è deflagrata rovinosamente in queste ore: l'incontro a Ginevra tra il vicesegretario di Stato americano Wendy Sherman e il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov lunedì ed il Consiglio Nato-Russia di mercoledì hanno sancito la fine delle possibili soluzioni diplomatiche alla furiosa escalation che sta per colpire il vecchio continente e il mondo intero.
Alla riunione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OCSE) che si è tenuta a Vienna giovedì, il clima si è fatto fin da subito funereo. “Ci troviamo davanti al più grande rischio di guerra in Europa degli ultimi 30 anni”, ha dichiarato per introdurre l’incontro, il ministro degli affari esteri polacco Zbigniew Rau.
Al termine del vertice, il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov ha affermato che non ci sono i presupposti per continuare il dialogo, perché gli americani hanno rifiutato le richieste fondamentali poste dal suo governo.
Richieste che sono state messe per iscritto in un trattato proposto alla Nato lo scorso mese per allentare le tensioni in Europa. In particolare si chiedeva alla controparte statunitense il ritiro delle sue infrastrutture militari alle posizioni del 1997, vale a dire prima dell'adesione dei Paesi dell'Europa orientale; di escludere un'ulteriore espansione della Nato (dunque escludere l’Ucraina e la Georgia dall’Alleanza); di non schierare truppe e armi aggiuntive al di fuori dei Paesi in cui si trovavano nel maggio 1997, salvo casi eccezionali; di abbandonare qualsiasi attività militare della Nato in Ucraina, Europa orientale, Caucaso e Asia centrale; non schierare missili a medio e corto raggio in zone da cui possono raggiungere il territorio della controparte.
Per quanto riguarda le armi atomiche trattato richiedeva di "astenersi dal dispiegare” tali armi “al di fuori dei rispettivi territori nazionali”, “eliminando tutte le infrastrutture esistenti per il dispiegamento di armi nucleari a non addestreranno personale militare e civile di Paesi non nucleari all'uso di armi nucleari".
Nessuna di queste richieste è stata presa in considerazione; il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg lo ha esplicato a margine del vertice Russia-Nato di mercoledi all’emittente radiofonica polacca “Polske Radio”.
“La Nato non scenderà a compromessi in merito all'allargamento dell'alleanza e al dispiegamento delle sue forze sul fronte orientale", ha affermato, aggiungendo che quello attuale "è un momento critico per la sicurezza europea", ed “il messaggio da trasmettere a Mosca è quello di coesione e posizione unanime degli alleati, che non intendono scendere a compromessi”.


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Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg © Imagoeconomica


Con il crollo dell’Unione Sovietica, dopo che dal 1991 14 paesi dell’Europa orientale, tra cui Polonia e i paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) sono entrati a far parte dell’Alleanza Atlantica, verrebbe da chiedersi quali siano questi compromessi insindacabili.
Intervistato sul quotidiano La Repubblica, Stoltenberg ha affermato che impedire l’allargamento della Nato “sarebbe una violazione dei nostri principi sull'autodeterminazione dei popoli. Ucraini, finlandesi o svedesi devono avere il diritto di decidere da soli se e quando aderire. I russi non possono interferire”.
Un’autodeterminazione che inspiegabilmente richiede la necessità di dispiegare sistemi antimissile Aegis Ashore in Romania e Polonia, i cui lanciatori MK-41, prodotti dalla Lockheed Martin, potrebbero essere armati anche con missili a medio raggio Tomahawk a testata nucleare. Una scacchiera che ha già rotto l’equilibrio strategico tra le due superpotenze e che con l’Ucraina rischia di scatenare lo scacco definitivo per accerchiare Mosca, in una modalità tale che gli eventuali missili americani, potrebbero raggiungere la capitale in 7-10 minuti.
Lapidarie in questo senso le parole del viceministro degli Esteri russo Alexander Grushko, che ha guidato la delegazione russa ai colloqui della NATO: “Se la NATO passa a una politica di contenimento, allora ci sarà una politica di contro-contenimento da parte nostra. Se c'è deterrenza, ci sarà contro-deterrenza. Se c'è una ricerca di vulnerabilità nel sistema di difesa russo, allora ci sarà anche una ricerca di vulnerabilità nella NATO. Questa non è una nostra scelta, ma non ci sarà altra strada se non riusciremo a invertire l'attuale corso molto pericoloso degli eventi".
Per essere più chiaro, Grushko ha proseguito asserendo che la Russia avrebbe "adottato tutte le misure necessarie per respingere la minaccia con mezzi militari se non funzionasse con mezzi politici”.
Toni funerei che la Russia non aveva mai esternato fin ora; Sergey Ryabkov ha addirittura paventato la possibilità di dispiegare sistemi militari a Cuba e in Venezuela se continueranno a salire le tensioni con gli Stati Uniti. Una mossa che per bocca del consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan richiederebbe una risposta "decisiva" se la minaccia fosse reale e non è un caso che Dmitrij Suslov, consigliere di Putin, ha evocato “possibile una crisi paragonabile a quella dei missili a Cuba nel 1962”.


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Il viceministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov © Mohammad Hassanzadeh


Siamo arrivati a questo punto senza nemmeno rendercene conto, l’escalation continua a correre come un treno impazzito senza pilota e nessuno sembra intenzionato a fermarlo: aumentano le provocazioni dell’esercito ucraino nel Donbass contro la popolazione russa: nella giornata di ieri un combattente dell’autoproclamata repubblica di Luhansk è morto in seguito a bombardamenti delle forze di sicurezza ucraine, che avrebbero aperto il fuoco dal centro abitato di Novotoshkovskoye, verso il villaggio di Donetskij, nella regione di Luhansk, mediante mortai calibro 82 mm.
Continua inoltre il trasferimento di forze armate nella zona di contatto in completa violazione degli accordi di Minsk: il report giornaliero dell’Ocse in data 4 gennaio segnalava 23 carri armati ucraini T-72 oltre la linea di ritiro degli armamenti, mentre in data 10 gennaio sono stati rivelati 10 carri 2S3 Akatsiya, la presenza del sistema missilistico terra-aria S-300, e lanciamissili BM-21 Grad.
L’Ucraina è il pugnale designato dall’occidente per provocare Mosca, i massimi esperti militari russi stanno presentando al presidente russo Vladimir Putin possibili piani d'azione nel caso in cui le tensioni intorno a Kiev si trasformino in conflitto; negli Stati Uniti, menti perverse come quella Evelyn Farkas, ex vice segretario alla Difesa per Russia, Ucraina ed Eurasia, incitano a prepararsi per una guerra con la Russia, affermando che Washington potrebbe essere obbligata a intervenire militarmente se Mosca decidesse di organizzare un'invasione dell'Ucraina nel prossimo futuro.
Nella giornata di ieri Kiev ha subito un attacco informatico su larga scala che ha coinvolto numerosi siti governativi; Mosca ha avviato esercitazioni non programmate di unità militari nel distretto militare orientale per compiti di addestramento al combattimento nell'ambito di un improvviso controllo della prontezza al combattimento.
La modalità delle interazioni diplomatiche è cambiata per sempre, la Russia non è più il debole colosso dai piedi d’argilla di 15 anni fa che poteva essere accerchiato senza colpo ferire; oggi quel paese è tornato ad essere una grande potenza che ha superato gli Stati Uniti dal punto di vista della tecnica militare e ora rivendica il ritorno all’equilibrio strategico da una posizione di forza. L’occidente sembra non rendersene conto e continua con la vecchia retorica del bastone e la carota: “Con Mosca intesa lontana. Putin vuole dominare i vicini, ma reagiremo” ha ribadito Jens Stoltenberg a margine dei colloqui con Mosca.
Dal lato della controparte, il ministro degli esteri Sergey Lavrov ha chiarito per l’ennesima volta la posizione della Russia: "La nostra pazienza è giunta al termine. Siamo molto pazienti; sapete che da molto tempo stiamo agendo con moderazione. Abbiamo mostrato moderazione per molto tempo, ora è tempo per noi di muoverci. Ora stiamo aspettando che il capotreno di quel convoglio ci risponda nello specifico sulle nostre proposte".
Il tempo dei giochi è dunque finito, come passeggeri su quel treno impazzito ci siamo anche noi. È arrivato il momento di alzare il nostro sguardo intorpidito e comprendere dove ci stanno portando i nostri rappresentanti all’interno dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea; solo una forte reazione popolare può fermare la prossima guerra in Europa.

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