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Julian Assange "è nel carcere più duro del Regno Unito: la prigione di Belmarsh. Il suo caso è particolarmente pericoloso, perché è la trasformazione in caso giudiziario di un conflitto politico, ma è rinviato a giudizio per avere pubblicato documenti e aver comunicato con fonti giornalistiche. Julian è stato incriminato per aver ricevuto e pubblicato dal suolo europeo documenti segreti che il governo degli Stati Uniti non vuole vedere pubblicati. Se riconosciuto colpevole, rischia 175 anni di prigione". A dirlo al Corriere della Sera è la compagna di Assange, Stella Moris, che sarà in Italia al Salone del Libro di Torino in occasione dell’uscita del libro di Stefania Maurizi 'Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e WikiLeaks'. "I documenti hanno permesso di rivelare, tra le altre cose, l’uccisione di due giornalisti della Reuters e di altri civili innocenti a Baghdad, la detenzione illegale dei detenuti di Guantanamo, le carneficine causate dalle guerre in Afghanistan e in Iraq, e documenti come i cablo della diplomazia americana. Questi documenti hanno un grande valore dal punto di vista politico, storico e legale e contengono, per esempio, prove di crimini di guerra. Gli Stati Uniti hanno ammesso sotto giuramento di non avere prove che una qualsiasi persona sia stata danneggiata da queste pubblicazioni", prosegue Moris.
Secondo lei, Assange è in prigione oggi "perché le nazioni (implicate nel suo caso, ndr) hanno tradito i loro valori fondanti. WikiLeaks ha preso quei valori e li ha messi in pratica, testandoli. Nils Melzer ha detto che il suo caso è, per molti versi, più grande dell’affaire Dreyfus. La persecuzione di Julian è anche la persecuzione di ciò che rappresenta la democrazia nella sua forma più autentica". E cosa dovrebbe accadere perché possa tornare libero? "Il Paese che sta cercando di estradarlo (gli Stati Uniti, ndr) ha pianificato di ucciderlo in modo stragiudiziale. La chiave per arrivare alla liberazione di Julian è piuttosto semplice: le leggi che esistono dovrebbero essere rispettate, invece che sovvertite. Seconda cosa: il governo americano dovrebbe difendere la libertà di stampa a livello globale, invece che approvare la persecuzione e l’incarcerazione di giornalisti, dissidenti e intellettuali pubblici. Ma non basta liberare Julian. Bisogna incriminare i responsabili delle azioni illegali della Cia contro Julian, contro lo staff di WikiLeaks e lo staff legale, condotte anche sul suolo europeo. Deve essere aperta un’inchiesta per andare a fondo della questione di quanto il tentativo di ammazzare Julian si è spinto lontano".

Foto © John Englart

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