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La settimana scorsa Electricite du Liban ha bloccato le centrali di Deir Ammar e Zahrani perché erano senza gasolio, il cui prezzo ormai è schizzato alle stelle. Per il momento le poche cisterne di carburante viaggiano ancora grazie all'esercito guidato dal generale cristiano Joseph Aoun (non è parente del presidente), il quale guida delle Forze Armate composte da un mix di sciiti, sunniti e cristiani ed è sull’orlo della crisi.
Inoltre la poca benzina che ancora si trova è sovvenzionata dalla Banca centrale la quale offre dollari agli importatori a 4000 lire libanesi per acquistare carburante all’estero, mentre il cambio per strada ormai è a 20.000 lire libanesi.
Tra poco quindi anche l'esercito, il quale rappresenta ancora l'unica autorità rispettata in Libano - anche solo di facciata - sta per crollare.
C’erano due petroliere cariche al porto ma gli armatori non hanno potuto scaricarle perché il governo locale non ha i soldi per pagare. Da quel momento il 40 percento dell'elettricità del Paese non c'è più, facendo sprofondare gran parte del Paese nel buio, salvo qualche grattacielo di proprietà di un ricco padrone. Anche alcuni negozi rimangono illuminati, ma solo quelli che hanno dei generatori privati. Ma anch'essi tra poco si spegneranno poiché tra non molto il poco carburante ancora a disposizione finirà. Oltretutto, i generatori talvolta prendono fuoco poiché vengono fatti funzionare ininterrottamente 24 ore al giorno. Le poche luci rimaste ancora accese provengono dalle timide fiamme delle lampade a petrolio che illuminano uno spettacolo spettrale: strade deserte, pochi veicoli in movimento, pochi passanti. La capitale del paese, Beirut, nonostante sia la città principale è completamente avvolta nell'oscurità.
Selim Sakr gestisce una stazione Total a Vardan, nel centro della città dove da giorni ci sono file chilometriche di veicoli e cittadini che chiedono carburante. Ma situazioni analoghe ormai si registrano in tutto il Paese. Selim ha parlato per pochi minuti: "È pericolosissimo quando apriamo, perché la gente è pronta a scontrarsi, a fare a coltellate per superare la fila". Ci si ammazza per la benzina, letteralmente. "Non sappiamo quando ci consegnano il carburante: se conosco il Libano prima o poi le mafie assalteranno le cisterne quando sono in rotta per i distributori, e non so quante scorte potrà garantire ancora l’esercito".
Infatti, le Forze Armate data la loro attuale debolezza lasciano ampio spazio alle mafie le quali rubano molto del carburante - quasi la metà - che arriva in Libano per poi contrabbandarlo in Siria. E il cambio per loro è assai conveniente: in Libano si vende a 4 dollari per 20 litri, mentre in Siria sale a 15 dollari. Il gasolio in Libano vale 3 dollari per 20 litri, e 13 dollari al contrabbando in Siria. In altre parole, la Banca centrale sta spendendo gli ultimi dollari che ha per sovvenzionare il carburante che va a finire in Siria. Le mafie della benzina sono organizzate, al confine ci sono 140 passaggi clandestini che vengono attraversati dalle autobotti, e la polizia chiude un occhio in cambio di bustarelle o di taniche di gasolio. Nel Sud i "caschi blu" Onu di Unifil stanno discretamente rilevando in molti casi i compiti dell’Armee alla "linea blu" di confine con Israele. Molti paesi come Usa, Francia e Italia con discrezione offrono del carburante, cibo, medicine e sostegno non solo ai soldati libanesi, ma anche alle loro famiglie.
Tra gli effetti della mancanza di carburante vi è anche la distruzione delle farmacie, poiché neanche loro riescono a pagare il gasolio per i generatori, spengono i frigoriferi che contengono le medicine più importanti. "Mancano farmaci essenziali, il Plavix per il cuore, il Coversyl per la pressione, mancano antibiotici, famaci per l’asma, farmaci salvavita", dice il dottor Hassan Hamdan alla farmacia "Clemenceau".
La mancanza di dollari blocca gli acquisti all’estero e su questo si è inserita già un’altra speculazione: in attesa che i prezzi schizzino ancora verso l’alto, i rivenditori stanno bloccando le scorte in magazzino in attesa di rivenderle al prezzo più alto.
Ma la situazione sta precipitando anche per gli ospedali, le cliniche private, che sono il 70 per cento della sanità in Libano, stanno per collassare. Il direttore di un ospedale cristiano racconta che è costretto a comprare elettricità al mercato nero. Ma che non si fida della tenuta dei generatori. E allora che cosa fa? "Inizio a rifiutare pazienti in terapia intensiva, non posso rischiare che mi muoiano senza corrente elettrica".
La settimana scorsa l’esercito a Tiro ha controllato a stento la folla che voleva devastare una clinica: un ragazzino era morto in terapia intensiva perché non c’era elettricità. Ma non basta, "stanno licenziando decine di medici e di infermieri", aggiunge il direttore.
Ormai è passato un anno dall’esplosione del porto di Beirut e da allora la politica libanese, che da più di 40anni dissangua la Nazione, non ha dato nessun segnale di reazione, e allora chi può parte per un altro paese qualsiasi del mondo arabo. "Non c’è bisogno di andare nei paesi del Golfo, ormai vanno ovunque, anche nel povero Iraq, che ha una crisi sanitaria incredibile", ha riferito un altro medico, il dottor Ayub.
I 200 morti, i 6000 feriti, i miliardi di danni alla città sono stati digeriti dai dirigenti-serpenti di questo paese come fossero un topolino indigesto. Giovedì scorso il premier incaricato, il sunnita Saad Hariri, ha dato le dimissioni. Era al lavoro da ottobre per fare un governo, ma il presidente cristiano Michel Aoun voleva scegliergli gli 8 ministri cristiani. Hariri ha rifiutato. Il paese affonda e le mafie e il buio prosperano.

Fonte: repubblica.it

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