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Juan Antonio Neme: il testimonio di un sopravvissuto ai centri di detenzione clandestina

Juan Antonio Neme, sopravvissuto ai centri di detenzione clandestina della dittatura argentina, ha reso la sua testimonianza nel processo sui crimini di lesa umanità nei centri di Banfield, Quilmes e Lanús. Le sue dichiarazioni sono state pubblicate dai media argentini, tra cui Página/12 di cui riportiamo alcuni paragrafi per i nostri lettori.
"Lì ho visto per la prima volta che portavano dei compagni in elicotteri e li buttavano giù con una corda legata al collo ed un peso nella punta". E ha aggiunto: "Quell'immagine è sempre presente nella mia vita. Sentivo le grida dei compagni perché sapevano che andavano a morire, avevano piedi e mani legati, una corda al collo, annegavano direttamente". Lo sconvolgente relato di Neme è fondamentale per ampliare l’indagine sui voli della morte.
Neme fu sequestrato all'alba del 26 marzo 1976, pochi giorni dopo il colpo di stato. Militava nella Gioventù Peronista e faceva parte dell’"Unità Basica di Vicente López". Era stato impiegato nella compagnia automotrice Ford, da dove era stato licenziato senza indennità, qualche tempo prima, per la sua attività sindacale. Da ricordare che i vertici Direttivi della Ford di quegli anni furono condannati per crimini di lesa umanità nella "causa FORD". Sotto i loro ordini furono redatte le liste nere contro i propri impiegati e, inoltre, all’interno della struttura della fabbrica furono eseguite detenzioni illegali e torture. Fino ad oggi, la compagnia di origine statunitense non ha ancora fatto una dichiarazione pubblica.
Quella mattina, una "patota" di circa 10 agenti fece irruzione nella sua abitazione, dove fu interrogato e torturato, i calci gli strapparono due denti: "Entrarono facendo domande e minacciando, mi legarono le mani, mi pestarono un po' e dopo mi misero un cappuccio. Mi chiedevano dove erano le macchine", ha raccontato il sopravvissuto.
Dopo l’arresto fu portato al commissariato di Escobar, dove si incontrò con Marta Velazco, una compagna di militanza. Lì c’era anche Tilo Wenner che lavorava nel giornale locale, "El Actual". Lui ricorda che Marta, nel riconoscere la sua voce, gli disse: "‘Flaco’ ci hanno venduto".
Da lì fu trasferito alla Nave dell'Armata ARA Murature vicino al porto di Zárate, dove sarebbe rimasto per tutta la durata del suo sequestro, con uscite transitorie ad un altro posto dove era torturato, e riportato nuovamente. Neme ha raccontato nel dettaglio molteplici torture durante le quali gli furono "estratti" il resto dei denti. Inoltre, ricordò la tortura con acido alla quale era stata sottoposta Marta. Rimase 47 giorni in condizione di detenuto desaparecido.
Nell’ambito del processo "Di Napoli", conclusosi lo scorso 7 settembre riguardante i crimini commessi nell'Arsenal Naval di Zárate, nella Zona di Zarate-Campana (Provincia di Buenos Aires), si riuscì ad identificare la nave in questione, dove rimasi detenuto Juan Antonio Neme. Si trattava in realtà di una nave "gemella" adibita a tale fine, come ebbe a testimoniare Raúl Alberto Marciano durante il citato processo.
“La cosa più difficile era la tortura psicologica", diceva Juan Antonio. Vedere, sentire i tuoi compagni e compagne soffrire la tortura, vederli ammanettati momenti prima di essere lanciati vivi nelle acque del fiume. Questa testimonianza sarà vitale nella causa che porta avanti la Procura di Concepción, in Uruguay, insieme alla Segreteria di Diritti umani della Nazione sui voli della morte nel Delta del Paraná.
Un altro dato rivelatore che emerge dalla dichiarazione di Neme riguarda il destino di Jorge "Nono" Lizaso, che fino oggi si ritiene sia stato assassinato durante un operativo nel bar “Los Angelitos” insieme ad altri compagni. Ma Neme asserisce di avere presenziato un interrogatorio a Lizaso nell'ESMA, dove fu portato un giorno. Questa versione apre un nuovo filone di indagine.
Dopo essere stato liberato, Neme andò in esilio in Europa dove ha vissuto in clandestinità fino al 1978, quando fu accettato come esiliato politico dall'Olanda. La sua testimonianza è stata raccolta in videoconferenza dalla Spagna, dove risiede attualmente.

Foto: www.provinciaradio.com

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