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Mantenimento e adattamento dei patti: ecco il piano volto a fermare gli sbarchi

Sono nuovi accordi quelli che, vista l’emergenza migranti, stanno cercando di realizzare in Libia il commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di vicinato, l’ungherese Oliver Varhelyi, insieme al ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, e a quello maltese, Carmelo Abela. La missione vedrebbe come obiettivo il mantenimento o l’adattamento di alcuni patti, che potrebbero prendere spunto dal trattato che fu messo in piedi nel 2008 con Muammar Gheddafi. Uno scenario che tutti ci aspettavamo, viste le dichiarazioni che rilasciò il premier Draghi durante la sua visita a Tripoli: «La questione più importante è la riattivazione dell’accordo del 2008». Non si sa ancora con chiarezza però se per “riattivazione dell’accordo”, il premier intendesse una riattivazione totale oppure un mantenimento di alcuni punti, o addirittura un riadattamento.
Come ha sottolineato la giornalista d’inchiesta Angela Caponnetto: “Il negoziato si sta concentrando proprio sulla sicurezza della frontiera sud della Libia. È da lì, infatti, che passa la rotta principale dei migranti: Niger e Ciad. E questo sarebbe anche l’obiettivo con cui sarà messo sul tavolo un pacchetto di risorse economiche: soldi per proteggere i confini meridionali. Il terzo punto concerne ancora la Guardia Costiera. Questa operazione va dunque inserita in un quadro di interventi in cui l’Unione europea dovrà farsi carico anche dell’allarme sul brevissimo periodo. Perché gli sbarchi molto probabilmente accompagneranno tutta la stagione estiva. Esattamente come sta capitando nella Penisola Iberica. Per questo il governo italiano ha chiesto di inserire la questione migranti nell’ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo. Il vertice si terrà lunedì e martedì a Bruxelles e il premier italiano tornerà a chiedere la solidarietà dei partner. Nel breve periodo ma anche per soluzioni più strutturali”.

La tragedia di Ceuta
È proprio ciò che è successo recentemente nelle coste di Ceuta, città situata al confine tra Marocco e Spagna, ad aver scosso di nuovo le coscienze dell’opinione pubblica rispetto all’emergenza migranti e ad aver sollecitato esponenti europei a concludere accordi con la Libia, una delle nazioni africane nella quale si registrano le partenze più numerose. Le immagini e le notizie sono state, in effetti, agghiaccianti. «Abbiamo preso il bambino, era freddo, gelato, si muoveva appena», è stato descritto così il salvataggio di un neonato in mare avvenuto lunedì 17 maggio, mentre aveva luogo l’arrivo di migliaia di esseri umani nella città.
L’immagine di Juan Francisco con il neonato in braccio ha fatto il giro del mondo attraverso i social. "La madre lo portava sulla schiena e si è buttata in acqua, quando l’abbiamo vista siamo andati subito a prenderla” ha dichiarato l’agente della Guardia Civil. Le autorità spagnole sono state travolte dall’arrivo di 8.000 persone che hanno raggiunto Ceuta tra lunedì e martedì scorso, un numero che però, come in ogni catastrofe che avviene nel Mediterraneo, è approssimativo. Potrebbero essere molte di più, infatti, gli uomini, le donne e i bambini coinvolti in questa ennesima disgrazia. Tra queste persone, secondo il Ministro dell’Interno, 5.600 sono state rimpatriate, non si sa quanti di questi abbiano fatto ritorno volontariamente nel proprio paese. La situazione peggiora se si guarda al numero di minori non ancora identificati, inoltre sono molti i bambini che sono arrivati da soli, alcuni forse obbligati a partire, altri invece scappati da casa.
Si sono riaccesi dunque nuovamente i riflettori sul “problema immigrazione” che da tempo veniva trascurato e l’Europa sta provando, questa volta si spera seriamente, a scendere in campo. Dopo ciò che è accaduto a Ceuta, e dopo gli ingenti sbarchi a Lampedusa, già da questa settimana ci potrebbe essere un primo passo.

La commissaria Johansson: “Sui migranti in estate l’Europa sarà al fianco dell’Italia”
«Stiamo già parlando con le autorità libiche e con il governo ad interim di Abdel Hamid Dbeibah ci sono riscontri e opportunità positive, sono pronta a impegnarmi per esplorare la possibilità di chiudere un nuovo accordo con la Libia senza aspettare le elezioni di dicembre», ha affermato uno dei membri del gruppo dei responsabili europei della gestione dei flussi migratori, Ylva Johannson. Quest’ultima ha poi spiegato: «Sto contattando i governi dell’Unione per mettere in piedi un sistema di ridistribuzione volontario e provvisorio per aiutare l’Italia ad affrontare l’estate», in quanto le tempistiche di questi accordi non sono immediate.
Sarà davvero questo il momento per un cambio effettivo e concreto nella gestione del fenomeno migratorio o quelle della commissaria resteranno solo parole vuote? Ci sarà la volontà da parte dei partner europei di risolvere la questione alla radice, analizzando e mettendo tutta l’opinione pubblica a conoscenza dei reali motivi per cui migliaia di esseri umani decidono di sfidare la sorte rischiando la propria vita e mettendo a rischio le vite dei propri figli?
È ormai da decenni che paesi Europei, tra cui anche e soprattutto l’Italia, continuano governo dopo governo, a stipulare accordi che non sradicano il problema alla radice, in quanto non tengono in considerazione le situazioni di violenza e detenzione arbitraria che vengono quotidianamente perpetuate in Libia. Speriamo di non ritrovarci ancora una volta di fronte ad un’Unione Europea che cerca di circumnavigare il problema senza considerare la vera causa, e cioè la presenza nei territori africani di multinazionali e aziende occidentali che sfruttano le popolazioni civili e l’esistenza di guerre, genocidi e persecuzioni, finanziate dalle nostre stesse nazioni, che schiacciano intere città e inducono alla fuga. Non è forse il caso, invece, una volta per tutte di smettere di depredare il continente africano, dissimulando soccorsi umanitari ed esportazioni di democrazia in situazioni che in realtà portano soldi, benessere e benefici soltanto ai governi europei, e non solo?

In foto: un relitto di un gommone naufragato a Nord-Est di Tripoli © Imagoeconomica

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