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Sono 1500 i corpi dei desaparecidos delle dittature sud-americane recuperati nelle fosse comuni e sono 600 quelli che ancora oggi sono rimasti senza un nome. Dopo tanti anni, non c’è giustizia né verità, perché molti dei responsabili di tali crimini si trovano a piede libero, godendosi la propria impunità e le proprie ricchezze. È il caso, per esempio, dei due militari fuggiti in Italia: l’argentino Carlos Malatto e l’uruguaiano José Nestor Troccoli. Uno sputo sul sangue di migliaia di vite e di famiglie distrutte da quegli atroci anni. Di questo e di altro si è parlato nell’incontro via “Zoom” del 30 marzo intitolato “I 600 corpi”, organizzato dall’organizzazione non governativa 24marzo.it che, attraverso numerosi interventi ha ripreso le fila della puntata speciale del programma d’inchiesta “Spotlight”, andata in onda una settimana prima, il 23 marzo su Rai News 24, in occasione del quarantacinquesimo anniversario del colpo di Stato militare in Argentina.

“Pochi giorni fa ricorreva il quarantacinquesimo anniversario dell’ultimo golpe che ha dato origine alla dittatura genocida”, ha detto Roberto Carles, ambasciatore d’Argentina in Italia, aprendo l’incontro, “In occasione di ciò, si è svolto un accordo tra “TELAM” (agenzia nazionale di stampa argentina) e “Rai News” che ha dato i suoi primi frutti con questo “speciale” che si è fatto sul lavoro dell’EAAF (Equipo argentino de antropologia forense) e sul caso Malatto”.
Il 23 marzo è un giorno di memoria per tutto il Sud America, in cui la popolazione civile si stringe ricordando gli oltre trentamila desaparecidos, scomparsi durante la dittatura dal 1976 al 1983. Ma è anche un giorno di lotta, in cui ognuno di noi è chiamato a pretendere giustizia e verità.

Come già accennato prima, sono 1500 i corpi dei desaparecidos identificati. L’ambasciatore ha affermato che l’operato della squadra della scientifica (Eaaf) non si limita solo al suolo argentino, ma è un lavoro esteso in tutto il mondo, in Africa, Asia ed Europa, dove gli agenti sono impegnati sempre su tematiche relative alle violazioni dei diritti umani.

Ha continuato poi, esprimendosi sul caso di Carlos Malatto, ex militare che durante la dittatura argentina fu ai vertici del RIM 22 (reggimento 22 della fanteria di montagna). Si tratta di una squadra di militari che nella provincia di San Juan si rese protagonista di decine di omicidi, sequestri, stupri e torture efferate contro rivoluzionari, oppositori politici, sindacalisti e semplici cittadini, dei quali spesso non si è saputo più nulla.
Nonostante il compimento di tali crimini disumani, Malatto è fuggito dalla giustizia argentina. Infatti, nel 2010 Malatto è scappato in Italia sfruttando la doppia cittadinanza, per evitare la condanna all’ergastolo dello Stato argentino, emessa nel 2013 per i militari del RIM 22. L’Argentina ha chiesto l’estradizione che nel 2014 l’Italia ha negato. “Nonostante sia ancora in libertà, conducendo una vita tranquilla in Sicilia, ora è in corso un processo penale a Roma contro di lui”, ha precisato Carles. L’ambasciatore ha infine concluso speranzoso, ribadendo con queste parole, la fiducia sull’estradizione di Malatto, affinché possa essere data giustizia e verità alle famiglie e alle stesse vittime della dittatura militare.

Al dibattito si aggiunge anche Paolo Garsel, oggi cittadino comune, ma che nel 2004 venne nominato segretario dei diritti umani nella provincia di Corrientes, una regione confinante con Uruguay, Paraguay e Brasile. Proprio in quel territorio ci fu un elevato numero di desaparecidos e lui si occupava della ricerca di quest’ultimi. “Iniziammo così sotto la guida della scientifica”, ha raccontato, “la ricerca dei desaparecidos in Corrientes. Fin da subito ci rendemmo conto che ci ritrovavamo con numerose storie di paraguaiani che erano passati per la nostra provincia (corrientes) e anche di “corrientinos” che si erano persi in Paraguay”.
Ciò, spinse Garsel a muoversi verso il Paraguay per stabilire una rete di contatti: in poco tempo arrivò alla “Commissione per la Verità e Giustizia” del Paraguay che iniziò a sostenere il suo lavoro. È proprio in quel primo viaggio che Paolo iniziò ad entrare in relazione con il caso della famiglia Potenza. Fece prima di tutto la conoscenza di Beatriz Garcia, una vecchia abitante di Corrientes, che gli chiese aiuto per rintracciare sua madre, desaparecida in Paraguay. “Prendemmo il caso in mano, e uno dei primi traguardi fu arrivare ad alcune persone incarcerate durante la dittatura di Stroessner, come la mamma di Beatriz, la cittadina Italo-Argentina Rafaela Giuliana Filipazzi”. Quest’ultima, giunta in Argentina insieme ai genitori in fuga dalla Seconda guerra mondiale quando aveva poco più di un anno, visse inizialmente a Buenos Aires per poi trasferirsi nella città di Corrientes, dove si sposò con José Augustin Potenza, anch’esso desaparecido, perché oppositore politico del regime. In effetti Potenza era militante peronista all’epoca della “Revolución Libertadora”, fu perseguitato e trovò accoglienza presso l’ambasciata del Nicaragua, da cui riuscì ad uscire, travestito da donna, grazie all’aiuto di un cognato. Pare che Potenza, insieme a Giuliana, fossero diretti in Paraguay quando vennero sequestrati e arrestati a Montevideo da un grupo de tarea inviato a Montevideo da Alfredo Stroessner, presidente sanguinario della più lunga dittatura militare latino-americana, protrattasi dal 1954 al 1989. Potenza fu fatto prigioniero e condotto al centro di detenzione clandestino di Asunción “La Emboscada”, mentre Giuliana venne rinchiusa nel carcere “El Buen Pastor” della capitale paraguaiana, dove morì a seguito delle torture a cui fu sottoposta. I resti di Rafaela, rinvenuti il 19 marzo 2016, furono esaminati in Argentina dall’Equipo Argentino de Antropologia Forense (Eaaf) che, sulla base delle analisi, rilasciò l’ipotesi secondo la quale Rafaela sarebbe deceduta quando aveva un’età tra i trentaquattro e i quarantasei anni a seguito delle torture inflitte.
Potenza non fu l’unico oppositore politico eliminato dalla dittatura, come lui infatti, moltissimi altri subirono torture fisiche e psicologiche e persero la propria identità e il proprio nome tra i migliaia di desaparecidos: un esempio è stato Miguel Angel Soler Canale, segretario del Partito Comunista Paraguayo.

Invitata dallo Stato paraguaiano (ancora oggi fortemente repressivo) a partecipare all’identificazione della madre, la figlia Beatriz non ha potuto recarsi ad Asunción dall’Argentina, ma in una lunga lettera ha sottolineato come “la battaglia politica per la giustizia dei desaparecidos non finisce certo con il riconoscimento delle vittime”.
Tuttavia, il ritrovamento dei resti di Giuliana, che la figlia aveva cercato tra Argentina, Uruguay e Paraguay, rappresenta una buona notizia in un paese dove i desaparecidos sono stati almeno cinquecento e gli esiliati intorno ai ventimila, senza contare tutti gli oppositori sottoposti a torture.
Le loro storie, secondo la Dirección de Memoria Histórica Paraguaya, costituiscono la prova evidente della presenza del Plan Condor anche in Paraguay e non è un caso che le organizzazioni per i diritti umani del piccolo paese latino-americano abbiano accolto con soddisfazione la notizia del ritrovamento dei resti di quei militanti. Anche perché, come ha scritto sul Venerdì di Repubblica Gabriella Saba, a proposito della storia di Rafaela Filipazzi, “dei condannati del regime nessuno si è pentito. Uno di loro ha ribadito che se tornasse indietro farebbe le stesse cose. Si tratta del torturatore Lucio Benitez, noto come Kururu Pire. Un personaggio oscuro e mediocre a cui la dittatura ha regalato un posto al sole, come a molti”.
Sulla base di tali parole, è impossibile restare in silenzio di fronte alla lista dei nomi degli impuniti, a cui la dittatura ha regalato “un posto al sole”, tra cui ci sono appunto, il sopracitato Carlos Malatto, e l’uruguaiano Jorge Nestor Troccoli. Quest’ultimo, ex militare e membro dei servizi segreti a capo dell’intelligence del FUSMA, artefice di sequestri e torture durante gli anni Settanta e condannato all’ergastolo, attualmente vive a Battipaglia (in provincia di Salerno, Campania). È sconvolgente come entrambi questi personaggi stiano continuando a godere dell’impunità data dal nostro Paese. L’Italia, “civile e democratica”, si rivela complice di fronte a centinaia di vittime della dittatura, fatti sparire nel nulla e ai loro familiari, che ancora oggi aspettano giustizia e, in alcuni casi, un corpo su cui piangere.

Foto © "Desaparecidos de la Dictadura Militar Argentina" by Emmanuel Frezzotti  is licensed under CC BY-NC-SA 2.0

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