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intervista isak thierno our voice
Our Voice intervista l'attivista senegalese Isak Muslim

“Ci hanno fatto credere che siamo impotenti, ci hanno fatto vedere la forza delle armi, ma non ci fanno vedere la potenza del nostro cuore”. Sono state queste le parole pronunciate da Isak Muslim giovane attivista Senegalese nel corso dell’intervista andata in onda sul canale Instagram di Our Voice, movimento internazionale di giovani attivisti che hanno deciso di fare dell’arte e della denuncia la loro vita. 
“La lotta parte dal cuore”, ha continuato l’attivista, “se qualcosa fa male al tuo cuore, allora non puoi accettarlo. Quindi se puoi parlare fallo, se puoi urlare fallo! Un attivista non deve avere paura della morte o della galera perchè sono gli strumenti che il sistema usa per farci zittire. Non dobbiamo avere paura. La paura è una gabbia nella quale l’uomo decide di entrare e dice da solo ‘io non riesco a farlo’.” 
A condurre l’intervista è stato Thierno Mbengue anche lui attivista Senegalese, integrante del movimento, che ha deciso di dare voce ad uno dei tanti ragazzi che in questo momento si trovano in piazza, per le strade a Dakar in Senegal prendendo parte alle proteste civili. Parole che toccano l’anima, parole figlie di un fuoco ed una forza che alimenta le nuove generazioni, stanche di obbedire, stanche di “stare sedute a guardare mentre ci rubano il futuro”. 

Le proteste in Senegal
Al centro del mirino della discussione ci sono state proprio le proteste che da giorni vanno avanti in Senegal, e che coinvolgono tantissimi giovani e cittadini del posto che hanno deciso di gridare per un cambiamento. “Il procedimento penale contro Ousmane Sonko è solo la scintilla che ha fatto scoppiare tutto questo”, ha detto l’intervistato. Ousmane Sonko, leader del partito d’opposizione, è stato arrestato e portato via per ‘disturbo dell’ordine pubblico e partecipazione ad una marcia non autorizzata” mentre si recava in tribunale per rispondere a delle ‘accuse di stupro’ mosse contro di lui. Accuse che poi sono state strumentalizzate e politicizzate, andando a distogliere il vero centro dell’attenzione che smuove i protestanti. L’ennesimo atto di ingiustizia, che ha spinto la popolazione a reagire, ma è solo ‘la goccia che ha fatto traboccare il vaso’: un vaso carico di anni, di speranze, di silenzio, di accettazione e sottomissione ad una politica colonizzatrice che consuma il continente Africano dalla sua nascita. “Non siamo scesi per un politico, ma siamo scesi perché il Senegal vive una situazione di dittatura!”.
Alla domanda di Thierno, “Secondo te qual’è il ruolo che hanno i media? Tu che sei stato in piazza in prima persona e hai vissuto questa situazione”, Isak Muslim ha risposto “che la verità fa fatica ad andare avanti nella vita”, spiegando il suo disprezzo nei confronti dei mass media e della stampa. Parlando dei giornali che non dicono la verità ma “che vogliono solo vendere”, ha raccontato come le informazioni siano manipolate, cambiate, modificate, e come due televisioni in Senegal (come WalfTV e SENTV), Youtube Senegal e altre piattaforme siano state fatte chiudere; quando invece la TvNazionale non passa le notizie ma preferisce dare spazio ad altro, senza accennare neanche minimamente alle morti di quei ragazzi che si stanno sacrificando in nome della libertà. Isak ha parlato inoltre di rivoluzione e di sacrifici del suo popolo, un popolo che non si riconosce più nel suo stato, nel suo governo. 

Uno stesso sistema criminale che opera in tutto il mondo
"Oggi nel mondo viviamo una mafia unica. Se la mafia al sud è arrivata fino al nord, a Milano, chiediamoci perché, chiediamoci come". Le multinazionali, l'UE, l’ONU, la carta dei diritti umani che oramai è diventata carta straccia, non fanno nulla di fronte a tutto questo. L’occidente gioca una pedina fondamentale nelle rivoluzioni Africane. Il Senegal ancora oggi non può essere considerato uno stato indipendente economicamente in quanto schiavo attraverso l’obbligo di utilizzo della moneta FCFA: “La Francia sotto forma di privati - ha spiegato l’attivista - compra l’oro ed il petrolio dal territorio Africano e lo vende all’Italia”. È una mafia che coinvolge tutta l’Europa, non solo i Francesi. Il messaggio che danno gli Africani oggi è rivoluzionario: “Non vogliamo più morire in mare, io voglio restare a casa mia, ma dovete lasciarmi controllare la mia economia ed il mio futuro”. L’attivista ha parlato inoltre di una gioventù stanca in un continente composto dal 75% di giovani con meno di 25 anni. Giovani che fanno paura, paura al sistema. "Per anni ci hanno lasciato con la fame, ma ora vogliamo sacrificare quella fame, quel poco cibo che ci danno per la nuova generazione, affinché la nuova generazione possa piantare qualcosa che vada avanti".

La speranza di una rivoluzione giovanile
Il giovane Senegalese come attivista non porta solo la voce del suo popolo, ma sono tantissime le attività che conduce, raccontando come la sua lotta sia iniziata dall’amore che ha provato nei confronti della Palestina, che da anni soffre e combatte per andare avanti. Isak, infatti, ha una sua filosofia e una sua visione dell’attivismo: secondo il giovane, l’attivista non deve solo guardare al suo paese, lottando sotto una sola bandiera, ma contro il mondo, il capitalismo, il sistema. Con lui altri centinaia, migliaia di militanti sparsi per tutto il pianeta credono nell’utopia (utopia da l’idea di qualcosa che non si può realizzare, forse meglio usare la parola “sogno”) di un mondo davvero governato dal popolo. Tutti quanti accomunati da una sola cosa, dal fuoco della rivoluzione: “La rabbia è dentro ogni ragazzo, bisogna solo imparare a canalizzarla”. 
Proprio come Sankara, Martin Luther King, Malcom X e tanti altri che hanno dato la propria vita in nome della rivoluzione, “I rivoluzionari non sono persone ma sono generazioni che devono ancora arrivare”. Con queste parole Isak ha lanciato un appello ad ogni ragazzo e ragazza, presente e futuro, un inno alla lotta eterna, che mai deve spegnersi e mai si spegnerà.

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