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“Le rose della resistenza nascono dall’asfalto. Siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parlano dei nostri luoghi di vita e resistenza contro gli ordini e soprusi che subiamo”, diceva Marielle Francisco da Silva, attivista, politica e sociologa di Rio de Janeiro. Nata con il sangue di una giovane rivoluzionaria, cominciò a interessarsi ai diritti umani nel 2000, quando una sua amica è stata uccisa da un proiettile vagante.
Avendo avuto una figlia, che ha dovuto crescere da sola, a soli 19 anni, da subito si avvicinò alla lotta per il riconoscimento dei diritti delle donne e in particolare delle donne che abitavano nelle favelas.
Entrò in politica attorno al 2006 e nel 2016 è stata eletta consigliera nella Câmara Municipal di Rio de Janeiro con la Mudar Coalition, formata dal Partito Socialismo e Libertà e dal Partito Comunista Brasiliano, ottenendo oltre 46 mila voti. Ha presieduto la Commissione per la difesa delle donne ed è stata membro di una Commissione incaricata di monitorare l'azione della polizia federale a Rio de Janeiro.
Come membro della Commissione statale per i diritti umani di Rio de Janeiro, Marielle ha lavorato instancabilmente per difendere i diritti delle donne nere, dei giovani nelle favelas, delle persone LGBTQ e di altre comunità emarginate.
In un'intervista rilasciata poco tempo dopo essersi insediata come assessora nella città di Rio de Janeiro ha parlato del suo impegno per far riconoscere il diritto all’aborto delle donne in casi di precisa gravità, della necessità di portare avanti la lotta femminista e di riflettere sulle disuguaglianze tra uomini e donne sui posti di lavoro, del problema del razzismo e anche di quello delle donne transessuali.
Si opponeva fermamente all'intervento federale e ha ripetutamente denunciato gli abusi della polizia e le violazioni dei diritti umani. Pochi giorni prima della sua uccisione, in merito all’omicidio di Matheus Melo, aveva scritto su Twitter: “Un altro omicidio di un giovane è entrato nella lista di crimini commessi dalla Polizia Militare. Matheus Melo stava uscendo da una chiesa. Quante persone ancora devono morire prima che questa guerra finisca?”.
Sempre più spesso in Brasile vengono schierate truppe dell’esercito per svolgere funzioni ordinarie di mantenimento dell’ordine pubblico, motivati principalmente dalla cosiddetta “guerra alla droga”.
Le operazioni condotte dalla polizia nelle favelas e nelle aree più disagiate si sono spesso concluse con intensi scontri a fuoco e morti. Secondo dati ufficiali, le persone uccise per mano di poliziotti in servizio attivo sono state 494 nello stato di São Paulo tra gennaio e settembre e, tra gennaio e novembre, 1.035 nello stato di Rio de Janeiro e 148 nello stato di Ceará.
Grazie al suo impegno, era diventata una possibile candidata alle elezioni presidenziali del 2018. E quindi un pericolo.

L’attentato a Marielle
La sera fra il 14 e il 15 marzo 2018 Marielle cadde vittima di un agguato, nel quartiere Estacio di Rio de Janeiro. È stata uccisa come in un esecuzione. Insieme a lei, ha perso la vita anche l’autista Anderson Pedro Gomes, mentre Fernanda Chaves, una addetta stampa, è rimasta ferita.
Poco prima dell’attentato aveva partecipato a un dibattito promosso dal PSOL presso la Casa das Pretas (Casa delle donne nere) per affrontare il problema della violenza contro le donne afroamericane nelle favelas. Alle 21:30, mentre stava per tornare a casa, la sua auto fu affiancata da quella dei sicari che avevano atteso per ore che Marielle uscisse. Malgrado i finestrini oscurati gli assassini la riconobbero e spararono, uccidendola con 13 colpi. I proiettili calibro 9 usati dagli assassini provenivano da una partita destinata alla polizia brasiliana e altre munizioni di quella stessa partita erano state usate in un massacro che fece 23 vittime. Anche in quel caso non mancavano i legami con la polizia.

Arrestati gli esecutori materiali, ma chi sono i veri mandanti?
Le indagini hanno finora portato a Ronnie Lessa, incarcerato come l’autore materiale del duplice omicidio, e a Élcio Queiroz, l’autista che guidava l'auto del commando. Sono entrambi ex agenti della Polizia Militare.
Secondo quanto ha ricostruito e mandato in onda la TV Globo, Élcio Queiroz, alle 17:10 del 14 marzo del 2018, si sarebbe recato nel complesso residenziale di Vivedas, a Barra de Tijuca, nella zona ovest di Rio e avrebbe chiesto di contattare la casa di Jair Bolsonaro per una visita. Alla chiamata del portiere all'interno 58, una persona avrebbe risposto dicendo all'ex poliziotto, che nel frattempo si era fatto passare la cornetta del telefono: "Ciao, sono il tuo Jair". Queiroz a quel punto sarebbe salito al piano dell'interno 58, avrebbe sostato un po' nell’appartamento, per poi spostarsi all'interno 66 dove abitava Ronnie Lessa, il suo complice. Entrambi, poco dopo, sarebbero scesi in garage per uscire da una porta sul retro. In strada sarebbero saliti sull'auto di Lessa e si sarebbero alla fine diretti verso il luogo dell’uccisione.
Lo stesso portiere ha riportato questi fatti, fornendo i registri del condominio dove aveva appuntato il nome, l'ora e il numero di targa dell'auto dell'ospite che aveva chiesto di Bolsonaro. Le immagini delle telecamere di sorveglianza piazzate all'interno del complesso residenziale hanno confermato la sua testimonianza.
Jair Bolsonaro, all'epoca deputato, risultava essere presente a Brasilia. Lo certificano i registri della Camera che riportano il suo nome tra le persone che erano entrate in Parlamento.
Sono passati tre anni dall’omicidio di Marielle Franco. La maggior parte dei quesiti sul caso rimangono senza risposta. C’è stato un depistaggio? Chi ha spento 5 delle 11 telecamere di sicurezza che inquadravano la strada dove Marielle e Gomes sono stati uccisi? In che modo il presidente Bolsonaro è coinvolto nella vicenda? E soprattutto, sono stati arrestati gli esecutori, ma chi è il mandante o i mandanti dell’uccisione?
Marielle era una guerriera, ma la guerra che ha combattuto non era ad armi pari. Ha combattuto contro un intero sistema patriarcale, razzista, omofobo e capitalista.
Era da sola contro tutti. E ha comunque vinto. Ha vinto dal momento in cui noi e tanti altri giovani come noi hanno deciso di continuare la sua lotta e di portare avanti le sue idee.
Ha vinto nel momento in cui la sua uccisione non ha zittito la sua causa, ma l’ha amplificata. Ha vinto nel momento in cui non ci arrendiamo e continuiamo a chiedere verità e giustizia.

Foto © Brasil de Fato is licensed under CC BY-NC-SA 2.0

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