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Protagonista della polemica con Papa Francesco per il suo ruolo nell'ultima dittatura militare Argentina

Lo scorso sabato è deceduto a Budapest per un problema cardiaco, a 93 anni, il sacerdote gesuita Francisco Jalics, che acquisì notorietà in Argentina quando fu sequestrato dalle forze militari durante la dittatura del 1976. Scomparve per cinque mesi, insieme al suo compagno Orlando Yorio, anche lui sacerdote della stessa congregazione, in un tempo in cui padre Jorge Bergoglio era il superiore provinciale dell'ordine religioso nella regione.
Nato il 16 novembre del 1927, a Budapest, Jalics si stabilì in Germania, dove fu ordinato sacerdote nella Compagnia di Gesù. Completò i suoi studi di filosofia in Belgio ed alla fine del 1950 insegnava teologia in Argentina, scrisse diversi libri sulla preghiera e la spiritualità cristiana. A seguito del traumatico periodo vissuto in Argentina, nel 1978 Jalics si stabilì nuovamente in Germania. Diresse in Baviera un centro di esercizi spirituali.
"Questi sono i fatti: Orlando Yorio ed io non fummo denunciati da Bergoglio", disse Jalics in un comunicato pubblicato nella pagina web dei gesuiti in Germania, a marzo del 2013. Disse che furono sequestrati per il loro legame con una catechista che lavorò per un tempo vicino a loro e "dopo entrò nella guerriglia". E segnalò: "Per nove mesi non la vedemmo più, ma due o tre giorni dopo la sua detenzione fummo fermati anche noi".
In quel momento, Jalics ammise che per un tempo ebbe dubbi sulla presunta responsabilità delle autorità gesuita, ma affermò che dopo diverse conversazioni, era giunto alla conclusione che le denunce contro Bergoglio erano "infondate". Il suo compagno Yorio, invece, mantenne fino alla sua morte, nell'anno 2000, le sue critiche verso Bergoglio.
Secondo le testimonianze ricostruite dalla Giustizia, Jalics e Yorio sarebbero stati rapiti a Bajo Flores, domenica 23 maggio 1976, in un’operazione a cui presero parte circa 50 militari (marines), mentre a pochi metri di distanza si celebrava una messa.
Ambedue furono ritrovati nell’ottobre successivo in uno spiazzo a Cañuelas.
Bergoglio rese testimonianza l’8 novembre del 2010 davanti alla Corte, prestando dichiarazioni per quasi quattro ore in un processo che vide condannati repressori dell'ESMA. Dichiarò davanti ai giudici del Tribunale Federale N° 5 che si riunì due volte separatamente con Jorge Rafael Videla ed Emilio Eduardo Massera per avere informazioni riguardo ai sacerdoti Jalics e Yorio. Una di queste riunioni fu "molto brutta" e non arrivò a 10 minuti. La prima, secondo quanto assicurò, fu più piacevole, ma la seconda no. Fu lì quando disse: "Guardi Massera, io voglio che vengano ritrovati”.
E disse che, una volta liberati entrambi i sacerdoti, cercò di assicurare la loro incolumità e si accordò con loro per abbandonare il paese.
Tra chi lo interrogò quella mattina c’erano Myriam Bregman e Luis Bonomi, rappresentanti della denuncia avanzata da Patricia Walsh, figlia dello scrittore assassinato il 25 marzo del 1977 Rodolfo Walsh, il cui caso venne affrontato nello stesso processo.
Il dibattito per il sequestro dei sacerdoti gesuiti ravvivò la polemica sul ruolo della Chiesa durante l'ultima dittatura civico-militare che si caratterizzò per la complicità delle sue autorità. Si presume che oltre 120 dirigenti cattolici, seminaristi, sacerdoti e vescovi, furono vittime della repressione.
Dopo la sua elezione come Papa, si seppe che Bergoglio protesse ed aiutò nel Colegio Maximo de San Miguel oltre un centinaio di persone perseguitate durante la dittatura militare, questo è raccontato dal giornalista italiano Nello Scavo su diversi casi nel suo libro "La lista di Bergoglio."
Anche Adolfo Pérez Esquivel, nobel della pace per la sua denuncia sugli abusi della dittatura militare, chiarì il ruolo di Jorge Mario Bergoglio.
"Il Papa non ebbe niente a che vedere con la dittatura, cioè, non fu complice della dittatura. No, fu tra i vescovi più all’avanguardia nella difesa dei Diritti umani perché optò per una diplomazia silenziosa”.
Secondo lo scrittore Aldo Duzdevich, autore di "Salvados por Francisco" (Salvati da Francesco), "quando egli fu eletto nel 2013, un diario Argentino, pubblicò una calunnia su di lui, dicendo che Jorge Mario Bergoglio era stato collaboratore della dittatura militare. Ed il libro dimostra assolutamente il contrario”.
Per molti a poco sono servite le seguenti parole di Bergoglio nella sua autobiografia 'Il gesuita' (2010): "Alla mia età e con le poche conoscenze che avevo, feci quello che potevo per intercedere per i sequestrati".
Rimarrà in sospeso l'interrogativo del giornalista Horacio Verbitzky nel sito "El Cohete a la Luna”, dove dichiara che l’Ordine Gesuita tedesco obbligò a Jalics a ritrattare la sua dichiarazione incolpando Francisco attraverso un comunicato, chiudendo in questo modo la polemica generata. In conseguenza l'ultima parola spetta al sommo pontefice, aggiungendo inoltre che Francisco cerco di ‘lavare’ la propria immagine mediante il finanziamento di due film e tre libri.
Dopo il conclave che elesse Bergoglio Papa, Jalics pubblicò il famoso comunicato in cui disse: Non posso giudicare il ruolo di Bergoglio in questi eventi". "Abbiamo celebrato messa insieme e ci siamo abbracciati solennemente. Io mi sono riconciliato con quanto accaduto e considero, almeno da parte mia, il tema chiuso”.

Foto di copertina: www.pagina12.com

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