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L’ex Presidente del Perù Alberto Fujimori e i ministri della salute del suo governo (1990 – 2000), Eduardo Yong Motta, Marino Costa Bauer e Alejandro Aguinaga sono stati chiamati a rispondere in tribunale il 1° marzo 2021, delle azioni compiute durante il loro mandato. La tesi avanzata dalla Procura Generale del Perù è che l’esecutivo presieduto da Fujimori ha "commesso crimini contro l’umanità" approvando un programma di sterilizzazione forzata a danno di oltre 300.000 donne indigene, ma anche 24.535 uomini, prevalentemente di etnia quechua, con lo scopo di ridurre la popolazione nelle zone più povere e rurali del paese.
Secondo Amnesty International nella maggior parte dei casi gli interventi chirurgici sono stati realizzati senza consenso e nella grave mancanza di cure e norme igienico sanitarie, con la seguente morte di 18 donne a seguito dell’operazione.
L’ex presidente Alberto Fujimori, ormai ottantenne, non è nuovo a questo tipo di accuse. Era già stato condannato a 25 anni di carcere per crimini contro l’umanità e corruzione, nel dicembre 2017, e aveva in seguito ottenuto l’indulto per "ragioni umanitarie" dall’allora Capo dello Stato Pedro Pablo Kuczynski il quale poi è stato costretto alle dimissioni per le manifestazioni scoppiate in tutto il Paese. A ottobre del 2018, la Suprema Corte aveva accolto il ricorso dei parenti delle vittime rimandando l’ex Presidente a scontare la pena in una struttura ospedaliera all’interno del carcere.
Il Processo che lo vede coinvolto era già stato rinviato lo scorso 11 gennaio a causa della mancanza di interpreti, l’unico presente era specializzato in lingua quechua nella variante della regione Ayacucho ma la presenza di altre vittime provenienti da regioni diverse ha obbligato il giudice al rinvio e alla convocazione di un interprete con la conoscenza di più varianti della lingua.

Foto © A.Davey/Flickr

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