Conte telefona in segreto Al Sisi: "Non c'è più tempo. L'Italia sa e andrà avanti".
Palazzotto: "Richiamo dell'ambasciatore a questo punto sarà solo un atto dovuto"
E’ sul punto di svolta il caso Regeni. A cinque anni dall’omicidio del giovane ricercatore friulano, sequestrato, torturato e ucciso in Egitto tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016, i pm di Roma sono pronti a mandare a processo gli 007 egiziani.
In mano ai magistrati e agli inquirenti, nonostante le reticenze da parte del Cairo, ci sono prove “univoche” e “concordanti” che documenterebbero il coinvolgimento diretto degli apparati della sicurezza egiziana nell’uccisione di Giulio e nella sistematica opera di depistaggio ordita dall’ormai ex ministro dell’Interno egiziano Magdi Abdel Ghaffar per dissimularne le responsabilità. Sono 5 anni che la famiglia Regeni e l'Italia attendono di conoscere la verità sulla sua morte. A indagare sono stati i magistrati della procura di Roma Sergio Colaiocco e Michele Prestipino che ora sono pronti ad andare a processo che si celebrerà in ogni caso, anche se il Cairo non dovesse riconoscere la legittimità del procedimento italiano. Il 4 dicembre si procederà nei confronti dei cinque funzionari della National security agency (il servizio segreto interno egiziano) iscritti due anni fa nel registro degli indagati chiedendo un processo con l’accusa di omicidio. Intanto ieri mattina il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha telefonato il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. Una chiamata di cui pare fossero all’oscuro gli ambienti della Farnesina e lo stesso ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ufficialmente si sarebbe parlato di rapporti bilaterali economici e militari. Ma sul tavolo si sarebbe discusso anche dello status delle indagini sul caso Regeni. "Non c'è più tempo. L'Italia sa e andrà avanti", questo, secondo indiscrezioni, sarebbe il senso della telefonata. Il governo sembra pronto alla rottura di un già delicato equilibrio diplomatico che mette in gioco interessi strategici ed economici. Da Palazzo Chigi prevale ottimismo. In un modo o nell’altro sembra che anche dopo la telefonata di ieri il dittatore egiziano potrebbe alla fine accettare di consegnare alla giustizia italiana gli agenti dell’intelligence responsabili dell’omicidio, perché questo consentirebbe di provare a separare le responsabilità della Presidenza egiziana dall’omicidio, facendo apparire Al Sisi come vittima di una parte dei suoi stessi servizi. "Dopo anni di reticenze e depistaggi è l'ora della verità”, ha commentato su Twitter Erasmo Palazzotto (LeU) presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del giovane friulano. “Senza risposte il Governo dovrà assumere ogni iniziativa per mettere l'Egitto davanti alle sue responsabilità. Il richiamo dell'ambasciatore a questo punto sarà solo un atto dovuto. Verità e giustizia per Giulio Regeni”.
Foto © Imagoeconomica
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