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di Karim El Sadi
Sullo sfondo dell'intesa le annessioni dei territori occupati palestinesi
Abu Mazen avverte: "Se Israele ingloba nostre terre annulleremo tutti gli accordi"

Dopo 18 mesi di stallo politico, tre tornate elettorali, intese, smentite e dissidi, gli israeliani hanno un nuovo governo. Il leader del partito Blue e Bianco, Benny Gantz e il premier uscente del partito Likud, Benjamin Netanyahu, hanno trovato un accordo lunedì scorso. Quello che verrà sarà un governo di unità d'emergenza a rotazione, dalla durata di tre anni: i primi 18 mesi guidato da Netanyahu e i restanti da Gantz.
Il duello, durato 11 mesi tra i due capi politici, alla fine è stato vinto da Netanyahu che è riuscito a consolidare il sottile vantaggio delle ultime elezioni facendo leva sull'emergenza sanitaria. Il leader del partito Likud, infatti, in queste ultime settimane di crisi (nel Paese si contano 14mila contagiati e quasi 200 decessi) si è elevato astutamente a "padre della patria" facendo sentire la vicinanza del suo esecutivo alla popolazione, mettendo in campo tutta una serie di interventi per affrontare l'epidemia, e riuscendo, in tal modo, a ottenere una grande fetta di consensi.
"Ho promesso un governo di emergenza nazionale che operi per salvare le vite umane e il lavoro dei cittadini. Continuerò a fare tutto il possibile per voi, cittadini di Israele", è stato il commento pronunciato con tono solenne dal premier.
Benny Gantz, che fino alla scorsa settimana aveva assicurato di non allearsi mai con il presidente di estrema destra, da lui ritenuto una "minaccia alla democrazia", è dovuto pertanto venir meno alla parola data. In questo modo l'ex capo di stato maggiore israeliano, non solo ha perso una fetta del suo elettorato e dei suoi uomini di partito, ma ha dovuto cedere su alcuni punti chiave degli ultimi mesi di trattative col suo rivale: tra questi il diritto di veto sulla nomina del futuro avvocato dello Stato e del procuratore generale. Ed è stato quindi costretto ad abbandonare quel progetto di legge che avrebbe impedito a Netanyahu di governare nuovamente per la quinta volta (è il presidente più longevo di Israele) sulla base delle pesanti accuse di corruzione, abuso d'ufficio e frode, per le quali il primo ministro è stato incriminato a novembre.
Nonostante l'intesa raggiunta, però, non è detto che il nuovo governo resti in piedi per l'intera durata del mandato. Questo perché, qualora ottenesse la fiducia della Knesset (il Parlamento israeliano) che dovrà pronunciarsi nei prossimi giorni, da fine maggio Netanyahu dovrà comparire in tribunale. Inoltre è molto probabile che tra qualche mese il leader del Likud decida di "rompere il giocattolo", come sostiene il direttore di Nena News Michele Giorgio, tornando quindi alle urne dove si troverebbe in vantaggio sul partito Blue e Bianco di Gantz, che da questa intesa ne è uscito nettamente indebolito.

Il pericolo delle annessioni
Il nuovo governo, anche se sulla carta sarà di emergenza nazionale, con alla Difesa Gantz e agli Esteri il numero due del suo partito, Gaby Ashkenazi, in realtà sarà soprattutto di carattere politico. E tra i primi punti del programma ci sarà quello dell'annessione di parti consistenti della Cisgiordania occupata, tanto volute da Netanyahu, previste dal piano criminale di Donald Trump.
Sul punto Gantz aveva già dato il via libera nei giorni scorsi, ma ora si passa all’azione. Il primo luglio Netanyahu sottoporrà al governo e Knesset l’approvazione dell’estensione della sovranità israeliana sulla Valle del Giordano e gli insediamenti ebraici nella Cisgiordania palestinese occupata da Israele nel 1967. Le restanti porzioni, i centri abitati palestinesi o poco più, resteranno sotto legge militare israeliana. Una condizione, questa, che alimenta le preoccupazioni dei palestinesi e di alcune potenze mondiali, nonché le stesse Nazioni Unite. Perché minerebbe in maniera cruciale gli sforzi diplomatici sin qui intrapresi sull'annosa questione dei territori occupati. Dai quali, ricordiamo, come dichiara la risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, le forze di occupazione israeliane devono ritirarsi entro i confini del '67.
In queste ore, infatti, il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen ha avvertito che prenderà tutte le misure e decisioni necessarie per salvaguardare i diritti nazionali palestinesi a fronte dei piani israeliani di annessione di parti della Valle del Giordano e degli insediamenti ebraici in Cisgiordania. "Nessuno - ha detto in un discorso in tv - dovrebbe illudersi di poter sfruttare la situazione globale attuale causata dall'epidemia di coronavirus per violare i nostri diritti nazionali". "Abbiamo informato la comunità internazionale, inclusi i governi di Usa e Israele, che non staremo con le mani legate se Israele annuncerà l'annessione di qualsiasi parte della nostra terra. Considereremo nulli - ha ammonito Abu Mazen - tutti gli accordi e le intese con questi due governi in base alle risoluzioni del Consiglio nazionale palestinese". "Siamo in guardia rispetto a chiunque possa pensare di attenuare o aggirare - ha continuato Abu Mazen - la nostra decisione nazionale di stabilire un libero e indipendente Stato nel nostro territorio con Gerusalemme est capitale, in linea con le legittime risoluzioni internazionali. Prenderemo ogni decisione e misura per salvaguardare i nostri diritti nazionali e principi fondamentali".
Posizioni forti prese anche dall'Unione Europea che condivide le preoccupazioni di Abu Mazen. "La posizione dell'Ue sullo status dei territori occupati da Israele nel 1967 rimane invariata. - ha affermato l'Alto rappresentante Ue Josep Borrell - In linea con il diritto internazionale e le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu, comprese le risoluzioni 242 (1967) e 338 (1973), l'Ue non riconosce la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata". Inoltre, ha aggiunto Borrell, "l'Unione europea ribadisce che qualsiasi annessione costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale." Pertanto, ha concluso, "l'Ue continuerà a monitorare attentamente la situazione e le sue implicazioni più ampie e agirà di conseguenza".

Foto © US Department of State / ראובן קפוצ'ינסקי

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