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di Jean Georges Almendras
La veste umanitaria dei militari nella regione del Río de la Plata, Argentina e Uruguay, non ci faccia perdere il proposito di continuare, con ancora più energia e intensità la tenace lotta per abbattere la cultura dell'impunità, per reclamare la condanna dei violatori dei diritti umani e per trovare i resti dei detenuti desaparecidos, che significa continuare gli scavi, soprattutto in Uruguay, per ritrovare i nipoti e i figli che si sono presi gli scagnozzi delle dittature militari.
Il lavoro umanitario dei militari, in questi tempi di "Coronavirus" galoppante, è sulla bocca di tutti su entrambe le sponde del Plata. Non solo se ne parla a fini di divulgazione, ma anche ai fini di strategia strettamente politica. Sicuramente le circostanze lo richiedono, ma fondamentalmente perché le Forze Armate hanno un solo obiettivo: voltare pagina, costi quel che costi, che piaccia o meno.
Vedo le immagini diffuse dai media argentini: militari che distribuiscono generi alimentari nei quartieri disagiati; militari che svolgono mansioni umanitarie: militari dall'altruismo esasperato e forse sincero, ma non per questo, asettico. E questo (mi) irrita. Perché? Perché difficilmente possiamo accettare che le Forze armate siano umanitarie, (dotate di una sensibilità che gli uomini in uniforme hanno perso), perché quasi istantaneamente, ci vengono in mente le immagini delle persone torturate e dei detenuti nei centri clandestini - come l'ESMA – in terra argentina e nei quartieri uruguaiani dove le torture non sono mancate; le immagini dei nascituri dei centri di detenzione inospitali e lugubri, dove le partorienti vivevano la nascita dei loro figli in condizioni indescrivibili, consapevoli che dal momento stesso del parto, i piccoli sarebbero stati letteralmente strappati alle loro famiglie.
Quindi, in questi tempi di "Coronavirus", parlare, diffondere e promuovere l'opera umanitaria delle Forze armate è un lavoro di controintelligence ammirevole, palese e direi anche cinico. Per quanto riguarda l'Argentina e Uruguay, le loro rispettive Forze armate non sono irreprensibili e non hanno ancora l'autorità morale per compiacersi di svolgere opere umanitarie, con la coscienza pulita. E se lo fanno, è solo per mantenere la buona facciata di un'uniforme immacolata che in verità è macchiata di sangue. Di sangue e di crimini, perché l’unica cosa di cui si sono preoccupati dopo le dittature, dall’interno stesso dell'istituzione militare, è stata l’impunità. Quell'impunità che nega loro la possibilità di integrarsi a testa alta con la popolazione civile. Oggi, i militari di Uruguay e Argentina non possono camminare ancora a testa alta. È una questione di etica. È una questione di valori. Valori che dovrebbero essere considerati dalle stesse istituzioni militari, invece di scegliere di rafforzare l'impunità a favore di chi si è macchiato l'uniforme abbracciando l’ipocrisia, con leggerezza quasi antidemocratica.
Dalle sedi del potere che ora si trova a dover sviluppare strategie e interventi per combattere il COVID 19, vengono diffuse belle storie di militari umanitari, tramite i media, che oggi come ieri, li hanno sempre sostenuti nelle loro intenzioni non propriamente nobili. Ciò potrebbe portare, se non abbiamo ferme convinzioni e informazioni corrette sul passato, e sul presente, del ruolo delle forze armate ai tempi del terrorismo di Stato (del Piano Condor), le nuove generazioni e anche alcuni membri delle generazioni passate, corrono il rischio di perdere la strada, abbassando le braccia nella lotta per le libertà democratiche, per il rafforzamento della Memoria e per la giustizia, a proposito di tanti eccessi commessi negli anni della dittatura.
Non possiamo permetterci il lusso di lasciarci ingannare dalla maschera umanitaria dei repressori e dei politici che condividono le stesse idee e i deliri di quelli che, usando gli stivali militari, hanno eroso democrazie, seminato di morte le nostre terre e infangato criminalmente l'intelligenza umana, sottovalutando le classi popolari, che alla fine li hanno affrontato attraverso la lotta armata o la lotta pacifica.
Non possiamo permetterci il lusso, invocando la solidarietà in questi tempi di "Coronavirus", di mettere da parte il vergognoso passato delle forze armate, permettendo loro di presentarsi alla società come militari che non hanno mai attentato contro i popoli in lotta, durante ribellioni e insurrezioni.
In Argentina in questi giorni, abusando della "benefici" di questo pandemia virale, la casta militare e la cultura dell'impunità ha agito: il 24 marzo Plaza de Mayo era vuota, proprio il giorno in cui rinnovare la Memoria e rafforzare la rivendicazione di giustizia era l'attività più emblematica di un paese che ha desiderio di libertà, in un mondo dove la libertà viene calpestata giorno dopo giorno. Quarantene sanitarie obbligatore su tutto il territorio con coprifuoco, legittimano la repressione e la criminalizzazione delle proteste sociali, favoriscono e incoraggiano gli abusi della polizia nei confronti di persone che vivono in strada o che fanno parte di quella società priva dei profumi e delle comodità dei quartieri dove l’ottima qualità di vita e il consumismo sono i protagonisti del vivere quotidiano.
In questi giorni, l'Uruguay, che vede il governo di Luis Lacalle Pou combattuto tra l'applicazione della quarantena o mantenere viva l'economia del suo paese, si sente il peso di alcune forze armate e di polizia che hanno conosciuto ben poche pene detentive e processi giudiziari tra i loro ranghi, ma molte azioni di prepotenza sociale. Forze armate e di polizia uruguaiane che non possono integrarsi a testa alta con la popolazione civile perché nel paese vicino ci furono 30 mila desaparecidos, mentre da noi furono 200 i detenuti desaparecidos le cui madri e famigliari sono ancora in esasperante attesa e reclamano giustizia nei casi di violazioni dei Diritti Umani e che si proseguano gli scavi nei presidi militari per il recupero dei resti umani dei loro cari.
Un'attesa che sembra doversi prolungare nel futuro, nel senso che la cultura dell'impunità si è insediata nel nuovo governo, aggrappata con tutte le sue forze al nuovo DNA conservatore e fascista del governo uruguaiano, potenziando ancora di più l'omertà dei repressori che sono in prigione, la maggior parte agli arresti domiciliari o ancora latitanti. In questo quadro vediamo i militari sotto la veste umanitaria, un travestimento umanitario che mira a “voltare pagina” e ritiene le richieste di giustizia una "sete di vendetta". Una realtà per niente incoraggiante, alla quale si aggiunge inoltre, l'alto costo sociale causato dalla pandemia, un costo sociale che aumenta a passi da gigante: ad oggi ad esempio, sono già oltre 52 mila, le richieste di previdenza sociale, con pesanti conseguenze economiche a tutti i livelli.
Per tutto questo e molto altro, perché crediamo nella libertà, nella democrazia, e perché non siamo demagoghi o ipocriti, lo dobbiamo ai nostri compagni morti ed ai nostri compagni torturati prima, durante e dopo la dittatura. Perché lo dobbiamo a loro, abbiamo l'obbligo di preservare la Memoria, come fanno in Italia verso le vittime della mafia, noi, che siamo stati, e lo siamo ancora, vittime del terrorismo di Stato non possiamo lasciarci raggirare dal travestimento umanitario della casta militare e di polizia.
È giusto che i militari facciano parte dell'aiuto umanitario, ma non dimentichiamo il significato dell'uniforme che indossano. È anche una questione di profonda etica e di profonda morale, anche sotto il flagello del "Coronavirus".
Ci piaccia o no.

Foto di copertina: www.argentina.gob.ar

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