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di Karim El Sadi
Pubblicato il rapporto di Cpj: l’Eritrea lo Stato peggiore per la stampa indipendente, seguono Corea del Nord, Turkmenistan e Arabia Saudita

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”. Così si trova scritto nell’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, approvata il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un diritto inalienabile, quello della libertà di parola, ma ancora oggi ignorato, vilipeso e calpestato in alcuni paesi del mondo, come dimostrano gli ultimi dati riportati dalle organizzazioni non governative che ne tutelano l’applicazione. Il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) con sede a New York ha recentemente diffuso un rapporto contenente l’elenco di 10 paesi dove il diritto di stampa e libera espressione non è osservato come prevede la carta delle Nazioni Unite. Andando per ordine il primo dell’elenco è l’Eritrea, che l’ONG ha definito come il paese più censurato del mondo, seguita da Corea del Nord, Turkmenistan, Arabia Saudita, Cina, Vietnam, Iran, Guinea Equatoriale, Bielorussia e Cuba. I primi tre (Eritrea, Corea del Nord e Turkmenistan) secondo il Cpj usano i media “come megafono dello Stato, il giornalismo indipendente è condotto all’esilio e i pochi giornalisti stranieri autorizzati ad entrare sono attentamente monitorati”. Stati come l’Arabia Saudita, la Cina, il Vietnam e l’Iran, invece, sono responsabili di aver “incarcerato e molestato i giornalisti e le loro famiglie” oltre ad aver condotto una campagna di “sorveglianza digitale e censura di Internet e dei social network”. Le classifiche, si apprende, sono basate su un ampio raggio di violazioni a cominciare dalle restrizioni sui media privati ​​o indipendenti, passando per leggi penali sulla diffamazione fino al blocco di siti Web e la sorveglianza dei giornalisti da parte delle autorità o l’ostacolamento della diffusione delle notizie tramite hacking o trolling mirati. "Molti dei paesi più censurati del mondo sono altamente cablati, con comunità online attive. - ha detto il direttore esecutivo del Cpj Joel Simon commentando il rapporto - Questi governi combinano brutalità vecchio stile con nuove tecnologie, spesso acquistate da società occidentali, per reprimere il dissenso e controllare i media”. “Internet avrebbe dovuto rendere obsoleta la censura - ha concluso Simon - ma ciò non è accaduto”.

L’imbavagliamento della stampa in Eritrea
Lo Stato eritreo, riporta il Cpj, mantiene un monopolio legale dei media di trasmissione a tal punto che i giornalisti dei media statali seguono la linea editoriale dettata dal governo per paura di rappresaglie. Fonti di informazione alternative come Internet e le trasmissioni satellitari di stazioni radio situate in esilio hanno un campo di applicazione molto limitato, a causa delle occasionali interferenze dei loro segnali e della scarsa qualità del servizio Internet, che è controllato dal governo, secondo DW Akademie. Un controllo ferreo e assoluto degli organi di stampa tale che nel 2001 il governo ha fatto chiudere tutti i media indipendenti. Durante quell’ondata repressiva diversi giornalisti sono stati incarcerati e a tutti loro è stato negato il diritto ad un processo. Attualmente, come si evince dal rapporto, ci sono almeno 16 giornalisti dietro le sbarre nel Paese, l’Eritrea è infatti considerato "il peggior carceriere di giornalisti nell'Africa sub-sahariana”.

Fonte: cpj.org/reports/2019

Foto © Trevor Analo

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