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di Jean Georges Almendras
Appena qualche settimana fa tutto sembrava indicare che l’estradizione di Rocco Morabito in Italia non sarebbe stata concessa dalla Giustizia uruguaiana, ma martedì 6 marzo la situazione si è capovolta poiché il giudice specializzato in Crimine Organizzato, Dolores Sánchez, ha accolto la richiesta di estradizione del cittadino italiano, contraddicendo il parere del giudice Luis Pâcheco e dell’avvocato difensore di Morabito, Victor della Valle.
Stando alla sentenza, il giudice Sánchez ha inteso che l’estradizione non doveva essere condizionata da un eventuale nuovo processo in Italia a carico dell’accusato, considerando che Morabito era già stato processato nel suo paese nativo in contumacia per traffico di droga e associazione con il crimine organizzato.
Rocco Morabito fa infatti parte di uno dei clan più antichi e potenti della 'ndrangheta. I mezzi stampa stranieri e italiani riferiscono che il vertice più importante del clan era Giuseppe Morabito, che avrebbe ereditato la sua posizione dal padre negli anni cinquanta.
Rocco Morabito, attualmente rinchiuso in uno dei piani del Carcere Centrale di Montevideo, nell’edificio di San José e Carlos Quijano, era arrivato a Milano all’età di 25 anni, dove frequentava bar e night della città. Fu cosí che iniziò ad entrare nel mondo del traffico di droga e del crimine, come riporta il Corriere della Sera.
Morabito era stato arrestato, ma era riuscito a sottrarsi alla giustizia, senza trascurare i suoi affari e i vincoli con la mafia calabrese. Latitante ricercato dalla Giustizia italiana, fu processato in contumacia e anni dopo rintracciato in Uruguay. Personale dell’Interpol aveva un ordine di cattura internazionale nei suoi confronti, eseguito da funzionari dell’Uruguay che lo identificarono in un hotel di Montevideo, sotto falso nome. È così che un 2 settembre gli fu comunicato che era in stato d'arresto per essere estradato in Italia.

morabito rocco materiale sequestrato

Morabito era noto in Uruguay come uomo d'affari riconducibili ad attività commerciali, sotto il falso nome di Francisco Antonio Capeleto Souza. Risiedeva nella regione di Punta del Este, insieme alla moglie ed alla figlia adolescente. Conduceva una vita tranquilla, e mai suscitò sospetti tra conoscenti o residenti nella zona. Una vita agiata, circondato da automobili e lusso, ma con una vita sociale di basso profilo.
L’avvocato Víctor della Valle, appresa la notizia della sentenza di estradizione del suo assistito, starà ora studiando la strategia per ricorrere in appello. Il legale ha dichiarato ai giornalisti del quotidiano El País di Uruguay che in appello farà notare come il trattato vigente tra l’Uruguay e l’Italia non contempli il processo in contumacia di un soggetto.
“Tutto il resto sono interpretazioni forzate” ha dichiarato il difensore di Morabito. In una delle udienze, il 24 novembre dello scorso anno, Morabito si era negato ad essere estradato. Da parte loro i difensori, Víctor della Valle e Alejandro Balbi hanno puntualizzato che non si poteva accogliere la richiesta di estradizione, giacché la condanna era stata emessa a seguito di un processo in contumacia e Morabito è richiesto dalle autorità del suo paese non per essere giudicato, ma per scontare la condanna a lui inflitta. L’avvocato ha aggiunto: “La condanna in contumacia inflitta in Italia viola l’ordinamento interno dell’Uruguay”. Il giudice Pacheco, si legge su El País, coincorda con i difensori, sottolineando che “non è possibile accogliere la richiesta di estradizione presentata, questa è condizionata alla realizzazione di un nuovo processo o all’impegno dello Stato richiedente (Italia) a dare delle garanzie sufficienti alla difesa dell’accusato”.
Riguardo la polemica sentenza, il giudice Dolores Sánchez ha considerato che l'Italia ha adempiuto ad ogni procedura formale per richiedere l'estradizione e che il Trattato firmato con  questo paese non prevede che l’estradizione sia condizionata ad un nuovo processo. Questo il motivo della sua firma alla sentenza.
Il 3 settembre, il giorno dopo la sua cattura, Morabito fu rinchiuso nel Carcere Centrale accusato di falsificazione del documento di identità e passaporto, e di reato continuato di falso ideologico. La Giustizia dispose la detenzione amministrativa ai fini di estradizione appena avesse scontato il suo debito con la giustizia uruguaiana.
Il giudice Sánchez aveva comunicato all'Italia l’arresto così da inviare formale richiesta di estradizione. Lo scorso 14 febbraio Morabito, scontato il suo debito con la Giustizia dell’Uruguay, è rimasto agli arresti in funzione della detenzione amministrativa. Circa 120 giorni prima, il 18 novembre 2017, il giudice aveva ricevuto la richiesta formale di estradizione da parte dell'Italia, confermando le sentenze contro Morabito.
La difesa dell'italiano poche settimane fa sosteneva che tutto stava procedendo positivamente, ma non era così. La firma della sentenza di estradizione al momento risulta determinante, e quei timori palesati dalla stampa uruguaiana recentemente - che Morabito potesse girare da uomo libero nuovamente per le strade di Punta del Este e del dipartimento di Maldonado, - si stanno diluendo gradualmente.
Questa volta, sembra che Morabito sia più vicino all'aereo che lo riporterebbe nella sua terra natale. In Italia comparirà davanti alla Giustizia, dopo quasi due decenni di latitanza. Residente in Uruguay da circa 15 anni, era arrivato nel 2002 da imprenditore che si occupava di piantagioni di soia.
Che fosse un mafioso nemmeno un minimo segno. Gli amici del quartiere e persone a lui legate lo ritenevano un uomo gentile e cordiale, con una moglie ed una figlia di un buon livello sociale. Una famiglia unita che conduceva una vita normale. Il giorno che il caso è uscito alla luce del sole, non è mancato lo stupore dei vicini. Al contrario, in Italia lo stupore si focalizzava nell’apprezzare e riconoscere il successo della cattura di un uomo di mafia, da tanti anni latitante.

Foto di Copertina:
www.skynews.com

Foto 2: www.sardegnareporter.com/UNICOM

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