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7Inviati speciali di Antimafia Dos Mil a Bariloche, Argentina
di Jean Georges Almendras e José Guzmán - Foto gallery all'interno!

In pochi minuti la notizia dell’estradizione del Lonko Facundo Jones Huala ha scatenato una protesta generale tra i membri delle comunità mapuche appostati alle porte del tribunale federale di Bariloche. Il Lonko sarà estradato in Cile come ha disposto il Giudice Gustavo Villanueva, che ha emesso la sentenza lo scorso lunedì 5 marzo, nella sede giudiziaria della Avenida San Martian. Circa cinquanta mapuche, tra uomini, donne e bambini si sono radunati di fronte al tribunale. Una manifestazione tenuta rigorosamente sotto controllo dalla polizia, fortemente armata, che ha represso duramente il gruppo, facendo uso di gas lacrimogeni e pallottole di gomma, senza badare alla presenza di donne incinte e di minori. Non ci sono stati feriti tra i manifestanti, ma ancora una volta la risposta dello Stato a una legittima rivendicazione è stata spropositata.
La nota insolita della giornata è stata che il giudice ha impedito l’ingresso della stampa e che il Lonko fosse informato della sentenza in video conferenza (dal penitenziario di Esquel), alla quale hanno partecipato il giudice, il suo segretario, il pm della causa e l’avvocato della difesa Sonia Ivanoff.
Questa l’evoluzione del processo di estradizione iniziato lo scorso 28 febbraio nelle vicinanze di una palestra della città di Bariloche. Un’udienza inedita che non ha rispettato l'iter formale giuridico. Infatti si è svolta fuori sede e sotto strette misure di sicurezza al solo scopo di tenere a distanza i familiari e i membri delle comunità mapuche e i giornalisti.
Conclusa l’udienza in questione, dove le arringhe della difesa del Lonko e la sua stessa sono state un vero esempio di coerenza e buon senso, e mentre tutti erano in attesa della sentenza quella sera stessa (dopo circa 10 ore, con due pause di 15 minuti), il Giudice Villanueva optò per prolungare l’attesa per la sentenza fino al lunedì 5 marzo.
Tanto la difesa dell’accusato come i referenti delle comunità mapuche e i rappresentanti delle organizzazioni di Diritti Umani lì presenti, hanno dichiarato ai giornalisti la loro piena disapprovazione verso la forma in cui si è svolta l’udienza e hanno insistito nel segnalare e sottolineare il carattere politico della stessa.
In quanto ai fatti accaduti questo lunedì, dobbiamo segnalare che i mapuche hanno iniziato a lanciare pietre e pali (non ci sono mai state armi da fuoco o altri elementi di aggressione, ma soltanto rabbia, canti e slogan di protesta) non appena il Lonko stesso, dal penitenziario di Esquel, ha reso noto tramite mezzi stampa alternativi la notizia della sua estradizione.
Ed è a quel punto che è scattata la protesta e la conseguente repressione da parte di un contingente della polizia della Sicurezza Aeronautica e della Gendarmeria. Con mosse strategiche hanno sparato contro i manifestanti proiettili di gomma e lanciato gas lacrimogeni. Quindici, venti minuti di scontro che hanno coinvolto i corrispondenti di Antimafia e componenti di Our Voice.


Gradualmente la violenza si è placcata quando i manifestanti si sono allontanati dalla zona ed è ritornata la calma. Sull'asfalto del Viale circa un centinaio di pietre e di capsule dei proiettili di gomma lanciati dalle forze di sicurezza. Si è anche appreso che la polizia di Rio Negro aveva fermato circa quindici mapuche, tra loro una donna incinta ed una minorenne.
A proposito dell'estradizione, nelle ore precedenti alla lettura della sentenza, l'avvocato del Lonko Facundo Jones Huala, Sonia Ivanoff, ha dichiarato enfaticamente ai giornalisti del quotidiano "La Izquierda", che il giudizio aveva un carattere persecutorio verso il popolo mapuche e che era di taglio nettamente politico.   
Ed ha aggiunto: "Il Potere Giudiziario e gli operatori della giustizia sono funzionali, sono un leva del motore di un piano sistematico che intende  inculcare l'idea del mapuche nemico interno. Già il venerdì mattina ci avevano comunicato che a Facundo era stata negata la scarcerazione ed inoltre non avevano accettato un solo principio costituzionale, né di riconoscimento di trattati di Diritti umani per i popoli indigeni".  
24 ore prima di conoscere la sentenza, l'avvocato Ivanoff, rispondendo ad un giornalista di "La Izquierda" sul significato dell'estradizione in caso si concretizzasse, aveva affermato: “Estradarlo significherebbe indubbiamente criminalizzare il diritto dei popoli indigeni, e di gente a loro vicina. Sarebbe legittimare la repressione, la persecuzione e la criminalizzazione già in atto. Una situazione ampiamente questionata e condannata dalla Corte Interamericana di Diritti Umani”.  
Per concludere, sempre previamente alla sentenza, Sonia Ivanoff ha detto che la lotta continuerà: "La mancanza di politiche pubbliche e di un Stato che garantisca i diritti dei popoli indigeni, previsti dalla Costituzione Nazionale e dai Trattati internazionali, generano un debito. E finché esisterà questo debito la lotta continuerà. Finché si continuerà a negare il paradigma della diversità culturale e continuino ad insinuarsi le radici coloniali, l’ordine del giorno sarà spezzare la stigmatizzazione dell'indio nemico. Criminalizzazione è la risposta alla rivendicazione dei diritti territoriali e diritti culturali. Attaccare chi alza la voce e alle loro autorità politiche e culturali è un piano sistematico. Quindi la lotta continuerà. La resistenza continuerà, così come continuerà il recupero di diritti territoriali. Perché la gente è stanca".
(5 Marzo 2018)

Foto © Antimafia Dos Mil e Our Voice

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