Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

riina salvatore c fotogrammadi Jean Georges Almendras
Si chiamava Salvatore "Totò” Riina, ed era il capo di Cosa Nostra. È morto, a 87 anni, venerdì 17 novembre in prigione, dove era stato rinchiuso ritenuto dalla giustizia responsabile di oltre 150 omicidi. Alcune delle sue vittime, Piersanti Mattarella, fratello dell'attuale presidente italiano, ed i giudici del pool antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.   

Doveva pure morire un giorno. Era inevitabile, ma "Toto Riina", il boss catturato nell'anno 1993, più conosciuto come "La Bestia", non ha certamente brillato per la sua fama di buon cittadino, ma per quella di ottimo soldato e capomafia. Salvatore Riina "Il capo di tutti i capi", con la sua morte, lascia alcune porte chiuse della trama mafiosa degli anni ‘90. Con la sua morte, molti segreti rimarranno segreti. E molte domande rimarranno domande. Domande senza risposte. O con risposte a metà. Risposte “pronunciate”, ma che non hanno sapore di verità, dalle file del potere politico dell'Italia, in comunione con le sinistre menti di una Cosa Nostra del terzo millennio, le quali sembrano voler dire qualcosa, ma che in realtà non dicono assolutamente niente. Complicità e ramificazioni, con lo Stato e dentro lo Stato, hanno fatto parte (e ne fanno ancora), dell'esistenza di Cosa Nostra, e Salvatore "Totò” Riina è stato l’attore protagonista, assieme ad un gruppo ristretto di soggetti selezionati per la loro storia criminale. Un attore protagonista che lascia la sua scia. Una scia con aureola di morte, cinismo e corruzione.  

Un curriculum criminale, quello di "Toto" Riina che persino Juan Pablo Escobar figlio, in occasione della presentazione di uno dei suoi libri a Roma quest’anno, ha detto che suo padre “si ispirò a Riina nei suoi metodi violenti e nel desiderio di sostituirsi allo Stato". Un curriculum criminale che ispirò Mario Puzo, per il suo romanzo "Il Padrino" arrivato sui maxi schermi del mondo intero grazie alla mano di Francis Ford Coppola.  Dubito molto che “Totò” Riina riposi in pace. Giace in una bara. E la società commenta il suo decesso, così come lui commentava i suoi crimini; ed il giornalismo commenta la sua morte, con la stessa celerità con la quale lui premeva il grilletto della sua arma o dava ordini di esecuzioni.  

A "U Curtu", è giunta inesorabile l’ora della morte, dopo una intensa carriera criminale che gli ha permesso di accumulare una fortuna di 125 milioni di euro, investita in diversi beni.  

Una morte avvenuta in un momento cruciale della lotta antimafia, non meno intensa, nella sua terra nativa, e nel mondo. Una morte che lo ha colto mentre si trovava detenuto al 41 bis, il duro regime carcerario previsto per i mafiosi. Una morte che lo ha liberato da altre indagini giudiziarie e che lo ha catapultato sul seggio di una celebrità criminale, detestabile da qualsiasi punto lo si guardi, ieri ed oggi.  

Oggi "Toto" Riina non c’è più, e non sarà mai nella nostra memoria né come esempio di vita, né come esempio di cittadino del mondo, al contrario di tutte le sue vittime con la toga che sono e saranno eternamente nei nostri pensieri e nelle nostre preghiere, per averlo affrontato, segnalato e messo tra le sbarre, per fare giustizia. Quella giustizia a rallentatore propria di una società ricoperta di ipocrisie e di molteplici interessi.   

La mafia moderna non lo avrà più tra le proprie file e la sua famiglia ne piange la scomparsa. Ma non noi. Riina resterà “messo a nudo” come uno dei personaggi più dannosi, di un'epoca mafiosa, che non è finita e che continua ad essere una minaccia. Una vera minaccia per la democrazia italiana, come se ci trovassimo a ripercorrere gli orrendi sentieri degli anni del terrore di Palermo; all’altro estremo, ma parecchi anni dopo, ci sono le indagini del magistrato Nino Di Matteo, come in quei giorni c’erano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, lavorando coraggiosamente per far emergere lo sporco della trattativa tra lo Stato e la Mafia.  

Sono giorni di impegno. Un impegno alla portata di tutti noi. Riina, fino all’istante prima di esalare l’ultimo respiro, continuava a tessere le fila di Cosa Nostra. Ma, ora non più.

Foto © Fotogramma

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos